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Per capire che cosa intendesse Gesù con "questa generazione non passerà, finché tutte queste cose non siano avvenute” è il contesto; In questa circostanza Gesù sta chiaramente parlando di eventi futuri, quindi le persone che saranno in vita quando avverranno gli eventi predetti e decritti in Matteo 24-25. Si deve tenere presente che in alcune circostanze "questa generazione" sono le persone alle quali stava parlando Gesù in quel momento; alcune delle cose da Lui predette dovevano accadere durante il periodo della loro vita. Così, quando i romani distrussero Gerusalemme nel 70 d.C, la profezia di Gesù si compì in parte; la caduta di Gerusalemme fu un’anticipazione delle cose ancora peggiori che devono venire.

Ormai da anni, migliaia di persone sostengono con entusiasmo le ipotesi del Sig. Mauro Biglino, che nei suoi libri, a partire da (lui afferma) accurate traduzioni dall’ebraico, ci assicura che la Bibbia non parlerebbe né di Dio né di questioni religiose, ma sarebbe il resoconto di antiche visite di “extraterrestri”. Ma cosa ne pensano gli Ebrei di madrelingua delle sue traduzioni e, soprattutto, delle sue interpretazioni di termini come Elohim, Kavod, Ruach? Molto ragionevolmente, gli autori del forum invitano “le persone che ascoltano e leggono Biglino di non ragionare con la sua testa, ma di ragionare con la loro testa e di porgli delle domande. La Bibbia non dice quello che lui vuol far credere. Noi siamo a disposizione in questo forum per ogni genere di consulenza”. Uno dei chiodi fissi dell’ipotesi di Biglino è il termine biblico Elohim (che è un plurale), spesso utilizzato per indicare la Divinità. La sua ipotesi è che nella Bibbia non vi sia alcun “monoteismo” e che gli “elohim” null’altro sarebbero che una popolazione di colonizzatori alieni . Vediamo cosa ne pensano gli Ebrei di madrelingua: – Il prof può far dire quello che gli piace al primo verso di Genesi se estrapolato dal suo contesto, ma poi… della grammatica che se ne fa? Il primo termine “בראשית” significa “nel principio di” e non semplicemente “nel principio”, questo termine si attacca sempre al successivo. Quindi abbiamo ” nel principio di creare” con “ברא” vocalizzato all’infinito. Il professore ha poi detto che il testo parli di Elohim al plurale. Una cosa che desta non poca meraviglia che un professore di ebraico non sappia distinguere un semplice plurale da un plurale di astrazione, che è un singolare a tutti gli effetti. I verbi ad esso collegati sono infatti singolari ed “Elohim” non ha l’articolo determinativo ed è quindi un nome proprio essendo i nomi propri autodeterminati. Il singolare è “Eloha” di radice “alah”=comporre norme giuridiche. Quindi significa “Legislatore” che con il plurale di astrazione (“Elohim) diviene: Legislatore Supremo. Il termine “shemim” di cui parla il prof. non esiste, il termine rimane “shammaim” anch’esso plurale di astrazione, che significa “Cielo”. Il termine “רקיע” è di radice “רקע” da cui deriva anche il termine “קרקע” che significa “suolo”. Il professore dice che le sue deduzioni provengono dalla Bibbia, ma a me pare che sono solo frutto della sua fantasia o qualcos’altro. (…) Ma questo professore ha davvero tradotto la Bibbia delle edizioni paoline come egli stesso dichiara? Se tutti i traduttori sono come lui… Nei suoi libri, il Sig. Biglino sostiene che l’abitudine di bruciare i sacrifici, nella Bibbia, rimanderebbe all’esigenza di “compiacere” gli alieni elohim con un “profumo riposante” che farebbe ricordare loro la patria. Vediamo cosa ne pensano gli Ebrei di tale interpretazione: – L’annusare l’odore “riposante” (nichoach è intraducibile in italiano, più precisamente “l’odore del riposo”) nell’ebraico biblico è l’accettazione del riscatto per le trasgressioni involontarie; quando le trasgressioni divenivano volontarie o premeditate vi era il rifiuto totale di annusare quell’odore . Vedasi per esempio Levitico 26:31 (velo ‘ariach bereach nicoichakhem). Nichoach non è un aggettivo, è un sostantivo che indica il riposare della cenere, ovvero il ritorno alla polvere in un simbolismo che serve per ricordare la natura umana fatta di corpo materiale e composto di microelementi. La riduzione in cenere è una simulazione del ritorno in polvere ossia lo stato primordiale degli esseri viventi e quello post-morte. – L’atto dell’annusare toglie a D-o ogni materialità. Egli infatti non mangia le offerte, ma semplicemente li annusa, dato che bruciandoli viene loro tolta ogni materialità. Dato che vi sono passi biblici ove si mostra il rifiuto di annusare si tratta chiaramente di una metafora che vuole esprimere l’accettazione od il rifiuto dell’offerta. L’offerta viene accettata se la trasgressione è involontaria perché le trasgressioni involontarie sono la causa della degradazione del corpo umano materiale privo della sufficiente attenzione e adeguata saggezza. Il sacrificio animale aveva lo scopo di ricordare che il corpo umano e quello animale sono fatti dagli stessi elementi ed hanno le medesime attitudini, gli stessi istinti che però si distinguono da una vera volontà rappresentata dalla ragione, che è una caratteristica esclusiva dell’uomo. Il divenire spirito dopo la morte deriva proprio da questa concezione antica del ritorno alla polvere assimilata al vento che la porta via. In ebraico infatti vento e spirito sono espressi con il medesimo termine ruach da cui deriva reach. Il reach nichoach è il vento che sale con la cenere che successivamente si riposa, ossia torna allo stato di non vita e provoca soddisfazione nella divinità perché così facendo gli umani mostrano la buona volontà di intraprendere un cammino verso la perfezione ove si predilige la ragione agli istinti animali. Un altro “pezzo forte” dell’ipotesi bigliniana è l’interpretazione dell’ebraico Ruach (spirito) come “rombo” o “soffio” dei motori dellastronave aliena che porterebbe gli “elohim” sulla terra. Stiamo a vedere cosa ne pensano persone che l’ebraico lo parlano: – Nel libro “Il dio alieno della bibbia” a pag.37 abbiamo l’inizio del capitolo 2 intitolato in ebraico רוח (ruach) e in italiano: Lo “spirito”? Sono rimasto molto sorpreso nel leggere certe affermazioni di Biglino considerando che egli si identifica come un traduttore della Bibbia e dunque come chi la Bibbia dovrebbe conoscerla bene. Egli afferma che il termine ruach oltre ai normali significati di vento, respiro e aria in movimento indichi anche, in senso estensivo, “ciò che viaggia rapidamente nello spazio aereo”. Non c’è alcuna espressione biblica in cui è usato il termine ruach per designare un oggetto che viaggia rapidamente. Ma la cosa che più sorprende è che egli afferma che il termine ruach avrebbe acquistato il senso di “spirito” solo dopo il III secolo a.C. con la versione della LXX. Un senso, egli afferma, che probabilmente in origine non gli apparteneva. Nella Bibbia sono presenti tante espressioni in cui è usato il termine ruach per designare gli stati d’animo dell’uomo ed in modo figurativo questo termine è usato per indicare la forza vitale che fa vivere in particolare gli esseri umani. Sono tutti usi in cui questo temine acquista significati astratti perfettamente riconducibili al senso di “spirito” inteso nel mondo occidentale. (…) Riportiamo alcuni versi biblici ove il termine ruach è chiaramente usato in tal senso nel testo ebraico della Bibbia: In Esodo 28:3 abbiamo:”רוח חכמה” (ruach chokhmà=spirito di saggezza) In Gen 41:38 הנמצא כזה–איש, אשר רוח אלהים בו (hanimzà kazhe–ish asher ruac elohim bo=c’è qualcuno come questo che abbia ruach Elohim in lui) Num 27:18 איש, אשר-רוח בו (ish asher ruach bo= Individuo nel quale lo spirito è in lui) In Ecl 12:7 è usata una forma figurativa per designare la morte, lo spirito, inteso qui come forza vitale (o il respiro della vita) torna a D’o che l’ha dato: והרוח תשוב, אל-האלהים אשר נתנה (weha ruach tashuv el haElohim) בידך, אפקיד רוחי (beyadechà afkid ruchì=nelle tue mani affido il mio spirito) salmo 31.6 Prov 16:32 טוב ארך אפים, מגבור; ומשל ברוחו, מלכד עיר. Trad. Nuova Diodati: Chi è lento all’ira val più di un forte guerriero, e chi domina il suo spirito val più di chi espugna una città. Trad. Riveduta: Chi è lento all’ira val più del prode guerriero; chi padroneggia se stesso val più di chi espugna città. Salmo 34:19 karov h lenishberè lev weet dakè-ruach yoshi’a trad. Riveduta: 34:18 L’Eterno è vicino a quelli che hanno il cuor rotto, e salva quelli che hanno lo spirito contrito. Gioele 3:1 אשפוך את-רוחי על-כל-בשר (eshpokh et ruchì ‘al col basar) Trad. CEI: io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo 1 re 21.5 מה-זה רוחך סרה (ma zhe ruchacha sarah=che è, il tuo spirito se ne andato? ) Ancora sul significato di Elohim: – Afferma Biglino quanto segue: “Ma tutte le parole che circondano elohim sono al plurale”. Caro Biglino, qui è il caso di precisare numericamente che: Su 2600 ricorrenze del termine elohim, solo circa un centinaio ha parole al plurale. Finora ho sperato che Biglino potesse essere in buonafede, ma a questo punto riesce davvero difficile credere che non sia in Malafede. Biglino nel suo Il libro che cambierà per sempre le vostre idee sulla Bibbia, ed. 2012, riporta addirittura un’immagine, a suo dire ritrovata in Sudan, che rappresenterebbe un’astronave aliena (la riportiamo a lato come presente sul libro di Biglino n.d.a.): A tal proposito, scrive un commentatore del forum: – Biglino scrive: «2150 a.C. Nel Medio Regno egizio (2160-1785 a.C.) viene edificato in Nubia (Sudan) il tempio minerario di Kush, che contiene una raffigurazione di una probabile navicella in volo e quella di un missile a terra con due individui rappresentati di fronte e non vestiti come gli Egizi (paiono avere un abito composto da un solo elemento che ricopre tutto il corpo). Si tratta di una immagine molto discussa che è stata comunque riprodotta nel lavoro precedente». – pp 227-228 Avevo chiesto a Biglino come mai avesso deciso di pubblicare quell’immagine visto che è evidente che era una bufala, egli mi ha risposto: «L’illustrazione da lei citata è riportata in varie pubblicazione e da molti ritenuta vera: in ogni caso nel libro non la accredito, la pubblico citando una delle fonti.» Ma perché citare una fonte per poi non accreditarla? E’ ovvio che a Biglino non interessa l’affidabilità delle fonti l’importante è che esse tiranno acqua al suo mulino. Secondo Biglino, il termine “Kavod” (la gloria di Dio), rimanderebbe al concetto di “pesantezza” e quindi, concretamente, al “peso dell’ingombrante astronave aliena che avrebbe portato gli alieni sulla terra; ma Kavod, secondo gli Ebrei del forum, significherebbe tutt’altro: – Kavod : onore, gloria: “Col Hakavod” espressione usata per complimentarsi con qualcuno per il buon effetto e riuscita di una azione. Kaved: , pesante, non ha la “vav”, come non hanno la vav: Koved peso kaved: fegato sempre stessa radice di Kaved E’ chiaro che da una radice KVD si sviluppino differenti vocalizzazioni e quindi diversi significati. Questo è un fenomeno costante dell’ebraico. (…) Biglino fa disquisizioni erudite sull’acqua calda. Se già dice K’vod (kevod) e non kavod vuol dire che non si rende conto della forma costrutta che è la modifica vocalica che il sostantivo subisce quando precede un altro sostantivo di cui precisa qualcosa. “Kevod ****” la gloria di D-O, mentre il sostantivo in assoluto è “Kavod”. Troppo comodo parlare a platee digiune e scrivere solo in blog dove non lo si può contestare. Vedremo che qualità ha e come parla e risponde alle domande di ebraico e in ebraico. Noi non contestiamo le sue teorie su alieni, marziani, veicoli spaziali ecc. Tutte le idee sono legittime. Ma dica che sono sue idee e basta. Non pretenda di dire che Ruah è un veicolo e Elohim è una moltitudine di divinità. Questo o è in malafede e quindi strumentale e finalizzato all’editoria o è ignoranza crassa in lingua ebraica. http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=63894022 Chi volesse leggere le discussioni nella loro interezza, può cliccare su i link che abbiamo riportato nel testo. Chi volesse approfondire o chiedere delucidazioni maggiori può sempre utilizzare i contatti del forum.

Il 31 ottobre come ogni anno ritorna la festa di Halloween; i negozi e le case si riempiono di zucche, maschere spaventose, streghe e quanto altro di spaventoso. La fantasia popolare ha dato forma a leggende e racconti oscuri, di cui streghe e folletti, diavoli e santi sono i protagonisti. Una narrazione fantastica sul mistero di ogni cosa, o dal timore verso ciò che è ignoto e sconosciuto, di certo vi è solo una tradizione popolare densa di enigmi e leggende tenebrose, tramandate di generazione in generazione che non è compatibile con il cristianesimo. Per capire se Halloween va considerata una festa cristiana o qualcosa di pericoloso, si deve considerare le sue origini. “La sua storia e le sue origini sono europee, più precisamente celtiche. Halloween viene tradizionalmente collegata alla festa celtica di Samhain, una parola che deriva dall'antico irlandese e significa “fine dell'estate”: i Celti, infatti, come molti altri popoli antichi, misuravano il tempo in base alle stagioni e ai cicli del raccolto, e Samhain era la festa che segnava il passaggio dalla fine dell'estate all'inizio dell'inverno e il momento per l’ultimo raccolto prima dell’arrivo della stagione fredda. Per questo motivo Samhain era la festa più importante per loro, e veniva considerata alla stregua del nostro capodanno. Oltre a rappresentare un importantissimo momento di passaggio, secondo la tradizione celtica durante la notte di Samhain il velo che separa il mondo dei morti da quello dei vivi diveniva talmente sottile da poter essere “attraversato”: i morti potevano così tornare nel mondo dei vivi ed entrare in contatto con essi. La festa di Samhain era quindi anche un momento in cui celebrare ed onorare i propri cari defunti. Infine, la tradizione fu importata in America grazie alle intense migrazioni irlandesi dell’800 verso gli attuali Stati Uniti, diventando nel tempo l’Halloween che oggi molti cristiani festeggiano. Che cosa impedisce ai cristiani di festeggiare Halloween, nemmeno per scherzo? Il messaggio che questa festa porta non è cristiano in quanto sostiene un contatto extrasensoriale con il mondo dei morti che la Parola di Dio proibisce e dichiara illusoria e pericolosa almeno per tre motivi: Il primo motivo; la festa di Halloween è in conflitto on l’insegnamento della Sacra Scrittura sulla condizione dei morti, l’eloquenza della narrazione è chiarissima: Isaia 38:18 Poiché non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella tomba non possono più sperare nella tua fedeltà. Ecclesiaste 9:5 Infatti, i viventi sanno che moriranno; ma i morti non sanno nulla, e per essi non c'è più salario; poiché la loro memoria è dimenticata. Ecclesiaste 9:10 Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non c' è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né saggezza. Isaia 38:19 Il vivente, il vivente è quello che ti loda, come faccio io quest' oggi; Salmi 6:5 Poiché nella morte non c' è memoria di te; chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti? Salmi 115:17 Non sono i morti che lodano il SIGNORE, né alcuno di quelli che scendono nella tomba. Isaia 38:18 Poiché non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella tomba non possono più sperare nella tua fedeltà. La morte segna la fine della vita fisica e con essa ogni attività intellettuale cessa. L’idea che l’anima del defunto possa comunicare con i viventi si basa su una credenza del paganesimo. L’uomo non ha un’anima ma è un’anima vivente. Genesi 2:7 Dio il SIGNORE formò l' uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l' uomo divenne un' anima vivente. . Il verbo non è AVERE ma ESSERE. Se un uomo è qualcosa vuol dire che è questo qualcosa. Questa idea dell’aldi là di cui Halloween è portatore proviene dal mondo greco. L’ha sviluppata Platone asserendo che l’anima è immortale e dopo la morte passa a una esistenza extra sensoriale da cui partecipa alla vita degli uomini. Questa conecezione ha dato la stura alla creazione di dei ed eroi del paganesimo; una narrazione dei miti del mondo greco-romano che è stata introdotta nel cristianesimo ad opera di Sant’Agostino, il quale ha inserito nella fede cristiana questa idea non cristiana dell’anima immortale; così santi e madonne, statue, dipinti e oggetti della devozione sono stati inseriti nell’adorazione dei fedeli benché la Parola di Dio lo proibisca severamente: . Esodo 20:4 Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Levitico 19:4 Non vi rivolgete agli idoli, e non vi fate degli dèi di metallo fuso. Io sono il SIGNORE vostro Dio. Levitico 26:1 «"Non vi farete e non metterete in piedi né idoli, né sculture, né monumenti. Nel vostro paese non rizzerete pietre scolpite per prostrarvi davanti a loro, poiché io sono il SIGNORE vostro Dio. . La condizione umana non possiede l’immortalità naturale. La Parola di Dio dichiara che solo Dio possiede la vita e l’immortalità: 1Timoteo 1:17 Al Re eterno, immortale, invisibile, all' unico Dio, siano onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen. 1Timoteo 2:16 il quale solo possiede l’immortalità ed abita una luce inaccessibile; il quale nessun uomo ha veduto né può vedere. . Il secondo motivo; Halloween suggerisce un messaggio illusorio perché dà credito alla menzogna diabolica suggerita da Satana che ha provocato l’ingresso della morte nella condizione umana: Genesi 3:4-5 Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».

ll nome di Yahweh lo si trova nell’Antico Testamento 6823 volte. È il nome proprio del Dio d’Israele. Questo nome non poteva essere pronunciato dagli ebrei e veniva sostituito nella pronuncia con Elohim o Adonai. Il tetragramma YHWH per essere pronunciato è stato arricchito di due vocali "a" e "e", e così è diventato Yahweh. Nell’Antico Testamento per indicare Dio spesso viene usato anche il nome Elohim, che è plurale e lo si trova 2550 volte. . Adonai, nome con cui si sostituiva Yahweh nella pronuncia, significa Signore. Quando l’Antico Testamento dai LXX fu tradotto in greco Yahweh e Adonai divennero Kyrios, che significa Signore, in latino Dominus. . Nel Nuovo Testamento, scritto in greco, il nome Yahweh non compare mai. Vi troviamo la parola greca Theòs, che significa Dio. Nei Vangeli Gesù chiama Dio sempre con il nome Padre. E spesso Theòs e Padre si identificano. . Quando Pietro dice a Gesù: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”, il greco riporta Theòs, che evidentemente s’identifica con il Padre. Quando Tommaso apostolo loda Gesù dicendo “Mio Signore e mio Dio” gli tributa due nomi che sono di Dio Padre. Del resto Gesù aveva parlato chiaramente della sua perfetta uguaglianza con il Padre quando aveva detto: “Io e il Padre (Dio) siamo una cosa sola” (Gv 10,30). . Ecco dunque i motivi per cui nel Nuovo Testamento – scritto in greco – non compare mai il nome di Yahweh. Ma vi si trova l’equivalente greco Kyrios, nella traduzione latina Dominus, e in quella italiana l’italiano Signore.

La pratica di farsi il segno della croce è quantomai importante nella Chiesa Cattolica Romana, ma è praticata anche fra i greco-ortodossi e gli episcopaliani. La storia del segno della croce risale almeno a Tertulliano, il padre della Chiesa antica che visse fra il 160 e il 220 d.C. Egli scrisse: "Se ci mettiamo in cammino, se usciamo od entriamo, se ci vestiamo, se ci laviamo o andiamo a mensa, a letto, se ci poniamo a sedere, in queste e in tutte le nostre azioni ci segniamo la fronte col segno di croce". . In origine, ci si tracciava sulla fronte una piccola croce con il pollice o con un altro dito. Sebbene sia difficile indicare esattamente quando si passò dal tracciarsi una piccola croce sulla fronte alla pratica moderna di tracciarsi una grossa croce dalla fronte al petto e da spalla a spalla, sappiamo per certo che il cambiamento era già avvenuto entro l’XI sec. d.C., quando il Libro delle Preghiere di re Enrico fornisce l’istruzione di "segnare con la santa croce i quattro lati del corpo". . I cattolici trovano sostegno alla pratica del segno della croce anzitutto nei molti anni della loro tradizione ecclesiastica e, in secondo luogo, in Esodo 17:9-14 e Apocalisse 7:3; 9:4; 14:1. Sebbene questi passi parlino effettivamente di un segno sulla fronte come protezione dal giudizio di Dio, essi devono essere interpretati alla luce del loro contesto, in base al quale non c’è alcun motivo di credere che vi si prescriva il segno ritualistico della croce. . Nel XVI sec., uno dei princìpi centrali della Riforma protestante fu il sola Scriptura, secondo cui ci si doveva disfare di qualunque pratica che non si allineasse con la Scrittura. I Riformatori inglesi credevano che l’usanza del segno della croce dovesse essere lasciata alla libertà di coscienza dell’individuo, com’era stato scritto nel Libro delle Preghiere di re Eduardo VI: "...inginocchiarsi, farsi il segno della croce, alzare le mani, battersi il petto e altri gesti possono essere usati o abbandonati nella misura in cui giovano alla devozione di ciascuno, senza biasimo". In genere i protestanti hanno considerato il segno della croce come una tradizione che non aveva alcun sostegno nella Scrittura, o che era perfino idolatrica, e pertanto fu abbandonata dai più. . Benché la Bibbia non c’insegni a farci il segno della croce, esso non è privo di simbolismo biblico. La sua forma serve a ricordare la croce di Cristo. Storicamente, il segno è stato considerato anche la rappresentazione della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Mediante la fede nel Signore Gesù Cristo e nella Sua morte sostitutiva sulla croce, la salvezza è estesa in dono gratuito a tutta l’umanità. La Trinità è la dottrina della Deità: un unico Dio che esiste in tre distinte persone. Entrambe le dottrine costituiscono il fondamento sia dei cattolici che dei protestanti e sono certamente biblicamente fondate. Il segno della croce è stato associate in certi momenti a poteri soprannaturali come quello respingere il male, i demòni, ecc. Questo aspetto mistico del segno della croce è completamente falso e non può essere in alcun modo sostenuto biblicamente. . Mettendo da parte l’aspetto mistico, farsi il segno della croce non è né giusto né sbagliato e può essere positivo, se serve a ricordare a una persona la croce di Cristo e/o la Trinità. Purtroppo, non è sempre così, e molte persone eseguono semplicemente i movimenti del rito di segnarsi senza capire perché lo fanno. In ultima analisi, il segno della croce non è assolutamente richiesto ai cristiani perché non è insegnato dalla Parola di Dio.

L’espressione “sulla fronte e sulla mano” indica la completa ubbidienza nel pensiero e nelle azioni. La visione di Giovanni svela che il piano della bestia è usurpare l’autorità di Dio obbligando tutti a ubbidire ai propri decreti. Il “marchio della bestia”, significa che gli uomini assumono lo stesso pensiero di questo potere e agiscono in sintonia con i suoi dettami. Non si tratta solo di un giorno, di un calcolo o di un personaggio, ma di un modo di pensare e di agire nell’esistenza che incide profondamente nella coscienza dell’individuo. . In sintesi il marchio è il segno dell’usurpazione dell’autorità di Dio da parte di un sistema religioso che non ha nulla da condividere con Dio. Il 666 rivela la natura della sua vocazione. Nella tradizione biblica il 6 rappresenta l’umanità; il primo uomo fu creato il sesto giorno; del resto lo afferma la visione “è numero d’uomo” (apoc 13:18). . Ripetuto per tre volte indica l’orgoglio di elevarsi al livello di Dio “tre volte santo” Apoc 4:8 Questo indizio ci riporta alla torre di Babele e alla sfida arrogante lanciata verso Dio con quella costruzione. Il 666 rivela così che si tratta di un’istituzione umana apostata con la volontà di rimpiazzare la divinità e assumere per se l’adorazione che spetta solo a Dio. “… s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio.” 2 Tess2:4

Al Calvario, quasi tutti respinsero Gesù. Solo pochi riconobbero chi era realmente; tra questi, uno dei due ladroni lo riconobbe come Re e Signore (Luca. 23: 42), e il soldato romano che disse: "Quest' uomo era davvero Figlio di Dio" (Marco. 15: 39). Scrive l'Apostolo Giovanni: "E' venuto nel mondo che è suo ma i suoi non l'hanno accolto". (Giov 1: 11) Egli si riferiva non solo alla moltitudine incredula raccolta ai piedi della croce, e neppure al solo popolo di Israele, bensì ad ogni generazione che abbia vissuto. Ad eccezione di un pugno di individui, tutta l'umanità, a somiglianza della chiassosa moltitudine riunita sul Calvario, ha rifiutato di riconoscere in Gesù di Nazareth il suo Dio e Salvatore. - Questo fallimento, il più tragico e profondo dell'umanità, dimostra che la conoscenza di Dio che possiedono gli esseri umani è radicalmente insufficiente. Le molte teorie che cercano di spiegare Dio, ed i numerosi argomenti a favore o contro la sua esistenza, mostrano che la sapienza umana non può comprendere il divino. Dipendere esclusivamente dalla sapienza umana per comprendere Dio, equivale ad usare una lente d'ingrandimento nello stuDio delle costellazioni. Per questo, per molti la sapienza di Dio è una sapienza impenetrabile, e Dio resta un mistero (1 Cor. 2: 7). Scrive l'Apostolo Paolo:"... Nessuna delle potenze che governano questo mondo ha conosciuto questa sapienza. Se l'avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (1 Cor. 2: 8). Uno dei comandamenti raccomandato dalla Scrittura è: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, e con tutta la tua anima, e con tutta la tua mente" (Mat. 22: 37); Non possiamo amare qualcuno del quale non sappiamo niente; d'altra parte, non possiamo scoprire le cose profonde di Dio cercandole ognuno per conto proprio (Giobbe 11: 7). - Dunque, come possiamo conoscere ed amare il Creatore? Dio conosce il dilemma che affrontano gli esseri umani; per questo motivo nel suo grande amore e compassione, ha parlato a noi per mezzo della Bibbia. Nelle sue pagine ci rivela che il cristianesimo non è il prodotto della conoscenza che gli uomini hanno di Dio; ma la rivelazione che Dio fa di se stesso e dei suoi propositi verso l'uomo. Questa rivelazione è data per colmare l'abisso esistente tra questo mondo ribelle ed il nostro Dio d'amore. La maggiore manifestazione dell'amore di Dio è giunta all'uomo per mezzo della sua suprema rivelazione, cioè di Gesù Cristo, suo Figlio. Per mezzo suo possiamo conoscere il Padre. Come dichiara Giovanni: "Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha insegnato a conoscere il vero Dio" (1 Giov 5: 20). Queste sono buone notizie! Sebbene è impossibile conoscere completamente Dio, le Sacre Scritture ci permettono di ottenere un conoscenza pratica sufficiente per permetterci di entrare in una relazione salvifica con Dio. - A differenza di altri metodi di investigazione, la conoscenza di Dio a che vedere col cuore e con la mente. Abbraccia tutto l'essere, non solo l'intelletto. Inoltre è necessario aprirsi all'influsso dello Spirito Santo, ed essere disposti a compiere la volontà di Dio (Giov 7: 17). Gesù disse: "Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio" (Mat. 5: 8). È chiaro dunque che gli increduli non possono comprendere Dio. Paolo esclamò: "Gli uomini con tutto il loro sapere, non sono stati capaci di conoscere Dio e la sua sapienza. Perciò Dio ha deciso di salvare quelli che credono mediante questo annunzio di salvezza che sembra pazzia" (1 Cor. 1: 21). La maniera in cui impariamo a conoscere Dio per mezzo della Bibbia, differisce da tutti gli altri metodi di ricerca. Non possiamo elevarci al di sopra di Dio e trattarlo come un oggetto che deve essere analizzato e quantificato. Nel nostro tentativo di conoscere Dio, dobbiamo sottometterci all'autorità della sua rivelazione: la Bibbia. La Bibbia è l'interprete di se stessa; dobbiamo sottometterci ai principi e metodi di ricerca che essa prevede. Solo rispettando questa regola biblica noi possiamo conoscere Dio.

In contrasto con i pagani delle nazioni circostanti, il popolo d'Israele credeva nell'esistenza di un solo Dio (Deut. 4: 35; 6: 4; Isa. 45: 5; Zac. 14: 9). Il Nuovo Testamento colloca la stessa enfasi nell'unità di Dio (Marco 12: 29-32; Giov 17: 3; 1 Cor. 8: 4-6; Efe. 4: 4-6; 1 Tim. 2: 5). Questa enfasi monoteistica non contraddice il concetto cristiano del Dio trino o Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo; La pluralità dentro la Divinità non indica che esiste un pantheon di diverse divinità. Sebbene l'Antico Testamento non insegna esplicitamente che Dio è trino, non è meno certo che si riferisce ad una pluralità dentro la Divinità. In certi occasioni Dio usa plurali, tali come: Facciamo l'uomo a nostra immagine (Gen. 1: 26); Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi (Gen. 3: 22); Scendiamo dunque, e confondiamo il loro linguaggio (Gen. 11: 7). A volte, l'espressione Angelo della Signore si identifica con Dio. Quando apparve a Mosè, l'Angelo del Signore disse: Io sono il Dio di tuo padre, Dio di Abrahamo, Dio di Isacco, e Dio di Giacobbe (Esodo 3: 6). - In diversi riferimenti si fa una distinzione tra Dio ed il suo Spirito. Nel racconto della creazione, lo Spirito di Dio si muoveva sulla superficie delle acque (Gen. 1: 2). Alcuni testi oltre allo Spirito, includono anche una terza Persona: "Ora è Dio, il Signore(il Padre) che mi manda (parla il Figlio) e mi dà il suo Spirito (lo Spirito Santo)" (Isa. 48: 16). Cristo ha fornito una spiegazione chiara della relazione che esiste tra le Persone della Divinità. Il Vangelo di Giovanni rivela che la Divinità consiste in Dio il Padre (cap. 3), Dio il Figlio (cap. 4), e Dio lo Spirito Santo (cap. 5); un'unità di tre Persone coeterne, unite in una relazione misteriosa e specialissima. Una relazione di amore. Quando Cristo esclamò: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Marco. 15: 34), espresse la sofferenza prodotta dalla separazione da suo Padre a motivo del peccato dell'umanità, di cui si era fatto carico. L'Essere che non conobbe peccato, diventò peccato per noi. Prendendo il nostro posto, sperimentò la separazione da Dio e la punizione per il peccato che era su di noi. Noi non comprenderemo mai quello che significò per la Divinità la morte di Gesù. - Dall'eternità il Figlio è stato con il Padre e con lo Spirito. Ha condiviso una vita coeterna, coesistente, in assoluta abnegazione e amore reciproco. Dio è amore (1 Giov 4: 8) significa che ogni membro della divinità vive in questo modo una relazione di perfetta gioia e felicità. - La benedizione apostolica include le tre persone della Divinità. La grazia del Signor Gesù Cristo, l'amore di Dio, e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor. 13: 14). Il punto di unione tra Dio e l'umanità fu ed è sempre attraverso Gesù Cristo, il Dio che si fece uomo. Sebbene i tre membri della Divinità operano in perfetta sintonia per la salvezza dell'uomo, solo il Figlio di Dio assunse la natura umana, visse come uomo e morì sulla croce divenendo il nostro Salvatore, (Giov 6: 47; Mat. 1: 21; Ebrei. 4: 12). Nelle loro funzioni, i differenti membri della Divinità svolgono compiti diversi per la salvezza dell'uomo, ma tutti ugualmente indispensabili e complementari. L'opera dello Spirito non aggiunge nulla alla qualità del sacrificio di Gesù Cristo sulla croce. Per mezzo dello Spirito, e della sua opera nel cuore del credente, i meriti del sacrificio di Cristo sono attribuiti per fede a colui che crede.

Prima che il male facesse la sua apparizione, nell'universo regnavano la pace e la gioia. Tutto era in perfetta armonia con la volontà del Creatore. L'amore per Dio era supremo, e l’amore reciproco imparziale. Cristo, la Parola, l'Unigenito di Dio, era uno con il Padre eterno: uno in natura, in carattere, in propositi. Egli era l'unico essere nell'intero universo che potesse partecipare a tutti i consigli e a tutti i progetti di Dio. Fu per mezzo suo che il Padre creò gli esseri celesti. "In lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli... siano troni, siano signorie, siano principati, siano potestà" Colossesi 1: 16. Tutto il cielo ubbidiva sia a Cristo che al Padre. - Essendo la legge dell'amore il fondamento del governo di Dio, la felicità di tutti gli esseri creati dipendeva dal loro perfetto accordo con i grandi principi di questa legge. Dio chiede a tutte le sue creature un servizio dettato dall'amore, e desidera un omaggio che deriva da un intelligente apprezzamento del suo carattere. Egli non si compiace di un'ubbidienza forzata, e accorda a tutti un libero arbitrio affinché possano servirlo volontariamente. Ma Lucifero (che significa portatore di luce) decise di sovvertire questa libertà. Il peccato ebbe origine proprio in colui che dopo Cristo era stato maggiormente onorato da Dio e che era il più potente e il più glorioso di tutti gli abitanti del cielo. Prima della sua caduta, Lucifero era il primo dei cherubini protettori, santo e immacolato. "Così parla il Signore, l'Eterno: Tu mettevi il suggello alla perfezione, eri pieno di saviezza, di una bellezza perfetta; eri in Eden, il giardino di Dio; eri coperto d'ogni sorta di pietre preziose... Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore. Io t'avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio, camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato, perché (Diodati traduce "finché") non si trovò in te la perversità " Ezechiele 28: 12-15. Lucifero avrebbe potuto conservare il favore di Dio, essere amato e onorato dalle schiere angeliche e adoperare le sue nobili facoltà per il bene degli altri alla gloria del suo Creatore. Ma, dice il profeta: "Il tuo cuore s'è fatto altero per la tua bellezza; tu hai corrotto la tua saviezza a motivo del tuo splendore" versetto 17. A poco a poco Lucifero cedette al desiderio dell'auto esaltazione: "Tu ti sei fatto un cuore come un cuore di Dio" versetto 6. "Tu dicevi in cuor tuo: "Io... eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio; io m'assiderò sul monte dell'assemblea... salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all'Altissimo" Isaia 14: 13, 14. Dio stesso aveva stabilito l'ordine del cielo; allontanandosi da esso, Lucifero disonorava il suo Creatore e provocava la propria rovina. Gli alti onori ricevuti non furono da lui apprezzati come un dono di Dio, e non gli ispirarono alcun sentimento di gratitudine nei confronti del Creatore. Fiero del proprio splendore e della propria esaltazione, volle essere uguale a Dio. Dio, nella sua infinita misericordia, sopportò a lungo Lucifero e non lo destituì dalla sua alta posizione alle prime manifestazioni di opposizione, e neppure quando cominciò a esporre agli angeli le sue pretese peccaminose. Il ribelle impiegò tutte le facoltà della sua intelligenza per conquistare la simpatia degli angeli, renderli perplessi con sottili e false argomentazioni, e unendoli a se nella ribellione contro l'autorità celeste. Dio, nella sua saggezza, permise all'angelo ribelle di continuare la sua opera fino a che lo spirito di scontentezza non sfociò in attiva rivolta. Era necessario che il piano del ribelle avesse un pieno sviluppo e che fossero note a tutti la sua vera natura e la sua reale tendenza. Lucifero, in qualità di cherubino, era stato particolarmente innalzato; era molto amato dagli esseri celesti e notevole era il suo influsso su loro. Poiché il governo di Dio includeva non solo gli abitanti del cielo, ma anche quelli di tutti i mondi da lui creati, Lucifero pensò che se fosse riuscito a trascinare gli angeli del cielo nella sua rivolta, avrebbe potuto aggiungere gli altri mondi al suo impero. La sua potenza di seduzione era grande e, simulando un altruistico interesse per il bene delle creature del cielo, era riuscito -parzialmente- nei suoi intenti. Perfino gli angeli rimasti fedeli a Dio non riuscivano a discernere appieno i propositi del suo carattere o a vedere dove avrebbe condotto la rivolta. - Anche quando fu deciso che Satana non poteva più rimanere in cielo, Dio non lo distrusse. Poiché il Creatore accetta solo il servizio dettato dall'amore, l'ubbidienza delle sue creature deve basarsi sulla convinzione della sua giustizia e della sua benevolenza. Se Satana fosse stato distrutto, gli abitanti del cielo e quelli degli altri mondi, non essendo preparati a comprendere le conseguenze del peccato e della ribellione, non avrebbero potuto discernere la giustizia e la misericordia di Dio. Se egli fosse stato immediatamente cancellato dall'esistenza, le creature celesti avrebbero servito Dio per timore e non più per amore. Una prova di forza non avrebbe dimostrato chi era il migliore, ma solo chi era il più forte! L'influsso del seduttore non sarebbe stato del tutto distrutto e lo spirito di ribellione non sarebbe stato totalmente sradicato. Il male doveva maturare. Per il bene dell'universo intero, Lucifero doveva avere l'opportunità di sviluppare in pieno i suoi propositi affinché tutti gli esseri creati potessero conoscere, nella loro vera luce, i suoi propositi contro il governo di Dio. - La ribellione di Satana mostra i terribili risultati del peccato e della disubbidienza alle leggi dell’amore stabilite da Dio. Il benessere di ogni creatura è legato al governo di Dio e al rispetto della sua legge. La storia della ribellione di Lucifero e dei suoi seguaci ci pone in guardia e ci protegge contro l'inganno del peccato, impedendoci di commettere ogni sorta di trasgressione e di subirne le conseguenze. Nel conflitto fra Cristo e Satana, durante il ministero terreno del Salvatore, il vero carattere del grande seduttore fu smascherato. Il suo crudele comportamento nei confronti del Redentore del mondo, l'audacia blasfema della sua richiesta con cui osò chiedere che Cristo gli tributasse omaggio; il suo presuntuoso ardire nel portarlo sulla cima del monte e sul pinnacolo del tempio, il malvagio intento tradito dal suo invito a gettarsi giù da quella grande altezza; la cattiveria incessante con la quale egli tormentava il Redentore inseguendolo da una località all'altra, incitando i cuori dei sacerdoti e del popolo a respingere il suo amore e alla fine a gridare: "Crocifiggilo! Crocifiggilo! ", tutto ciò suscitò lo stupore e l'indignazione dell'universo intero. - Consumato il grande sacrificio, Cristo salì al cielo, ma non accettò l'adorazione degli angeli finché non ebbe espresso la richiesta, "Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu m'hai dati" Giovanni 17:24. Con potenza e amore infiniti giunse la risposta dal trono del Padre: "Tutti gli angeli di Dio l'adorino!" Ebrei 1:6. Gesù era senza macchia; la sua umiliazione era finita, il suo sacrificio era stato consumato ed egli ricevette un nome nuovo che è al di sopra di ogni altro. La colpa di Satana è senza scusa. Egli ha rivelato il suo vero volto di mendace e omicida. Sì comprende che, se gli fosse stato consentito di dominare sugli abitanti celesti, egli avrebbe introdotto nel cielo lo stesso spirito che ha manifestato sugli abitanti della terra. Egli avrebbe provocato solo servitù e abbrutimento. Le false accuse contro il carattere e il governo di Dio sono svelate nella loro vera luce. Ma non fu solo per redimere l'uomo che Cristo venne sulla terra a soffrire e a morire. Se Egli venne per "rendere la legge grande e magnifica", non lo fece soltanto per gli abitanti di questa terra, ma anche per dimostrare a tutti i mondi dell'universo che la legge di Dio è immutabile. Se le esigenze della legge dell’amore si sarebbero potuto eliminare, per il Figlio di Dio non sarebbe stato necessario deporre la sua vita. Il piano della redenzione dei peccatori rivela a tutto l'universo che la giustizia e la misericordia sono alla base della legge e del governo di Dio. Nell'esecuzione finale del giudizio, quando il Giudice di tutta la terra chiederà a Satana di rendere conto della sua ribellione e della rovina di coloro che l'avranno seguito, l'autore del male non potrà accampare nessuna scusa. Ogni bocca rimarrà chiusa e le schiere ribelli saranno senza parole. La croce del Calvario mentre dichiara l'immutabilità della legge, proclama all'universo che il salario del peccato è la morte. Il grido del Salvatore morente: "È compiuto!", fu il rintocco funebre per Satana. Il gran conflitto che andava avanti da secoli fu allora deciso e venne assicurata l'estirpazione finale del male. Il Figliuolo di Dio varcò la porta del soggiorno dei morti "affinché, mediante la morte, distruggesse colui che aveva l'impero della morte, cioè il diavolo" Ebrei 2: 14. La brama di auto esaltazione aveva spinto Lucifero a dire: "Io... eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio... sarò simile all'Altissimo" Isaia 14: 13, 14. Dio aveva risposto: "E ti riduco in cenere sulla terra... e non esisterai mai più" Ezechiele 28: 18, 19. Quando il giorno verrà, "ardente come una fornace; e tutti i superbi e chiunque opera empiamente saranno come stoppia; e il giorno che viene li divamperà, dice l'Eterno degli eserciti, e non lascerà loro né radice né ramo" Malachia 4: 1 L'intero universo sarà stato testimone della natura e delle conseguenze del peccato. La totale eliminazione del male, che avrebbe intimorito gli angeli e disonorato Dio se fosse avvenuta al principio, rivela l'amore dell'Eterno a tutte le creature che nel cielo e sulla terra si compiacciono nel fare la volontà di Dio, e hanno nel cuore la sua legge. Una creazione provata e rimasta fedele non potrà mai più disubbidire a Colui che si è manifestato in pieno, rivelando il suo amore e la sua infinita saggezza.

Spesso sentiamo dire che nel Nuovo Patto la legge dei dieci comandamenti è stata abolita e coloro che sostengono questa idea citano testi della Bibbia che ritengono dimostrino questa tesi. Ma la logica di questo ragionamento è infondata quanto la teologia che la propone. - Scrive l’Apostolo Giovanni nell’anno 100 circa:”Se uno dice:”Io conosco Dio”, ma non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo: la verità non è in lui”. (I Giov 2:4) “I suoi comandamenti” a cui Giovanni si riferisce sono i dieci comandamenti dati da Dio a Mosè, così come si legge in Esodo 20. Da non confondere con il “comandamento nuovo” dato da Gesù: “Io vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri. Amatevi come io vi ho amato! Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate gli uni gli altri” Giovanni 13:34 Nella primavera dell’anno 57, L’Apostolo Paolo afferma:”La legge serve soltanto a far conoscere ciò che è male” Romani 3:20 La legge a cui si riferisce Paolo è quella dei dieci comandamenti, detta anche legge morale. - Qualche secolo fa, lo scrittore irlandese Jonathan Swift scrisse: «Ma può un uomo qualsiasi dire che se i verbi "ubriacarsi, ingannare, mentire, rubare" fossero esclusi mediante un Atto del Parlamento dalla lingua e dai dizionari inglesi, il mattino dopo ci sveglieremmo tutti più equilibrati, onesti e retti, e amanti della verità? Sarebbe una corretta conseguenza?» - Se la legge di Dio è stata abolita, perché consideriamo ancora un errore la menzogna, il furto e l'omicidio? Evidentemente perché queste azioni non sono tollerate in una società civile. Nessuno si sognerebbe di farlo per il solo fatto che è stata abolita la legge di Dio! - Nel Nuovo Testamento compaiono sia la Legge sia il Vangelo. La prima ci mostra che cosa è male, quindi che cosa sia il peccato, il secondo ci indica il conseguente rimedio, vale a dire il perdono che Cristo ci offre. Se non ci fosse la legge non esisterebbe nemmeno la trasgressione e quindi neppure la condanna. E dunque da che cosa dovremmo essere perdonati e salvati? Inoltre non si spiegherebbe a cosa serve l’intervento di Cristo nella storia umana? Solo nel contesto della legge e della sua validità permanente, il Vangelo ha un senso. A volte, sentiamo anche dire che la croce ha abolito la legge dei dieci comandamenti; è un'affermazione piuttosto singolare, perché la croce dimostra che la legge non poteva essere abrogata o cambiata. La morte espiatoria di Cristo mostra che il ruolo della legge è sempre valido e necessario per indicare all’umanità ciò che è male agli occhi di Dio. La lieta notizia del Vangelo è che Dio ha provveduto una soluzione al problema del peccato non eliminando la legge, ma donandoci un Salvatore. Il suo provvedimento non è stato quello di un Dio burocrate, ma di un Dio d'amore che non si rassegna a perdere l'uomo. Anche se la violazione dei precetti divini attirano sul trasgressore la punizione, grazie al sacrificio di Cristo il peccatore pentito viene perdonato e riconciliato con Dio per mezzo della fede. “…Dio per mezzo della morte di Cristo ci ha messi nella giusta relazione con sé; a maggior ragione ci salverà dal castigo, per mezzo di lui. ”. Romani 5:9

L'apostolo Paolo afferma: "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio" (2 Timoteo 3:16.). Il theopneustos parola greca, tradotta come "ispirazione" letteralmente significa "Dio ha incoraggiato". "Dio soffiò" la parola nella mente degli uomini. Pertanto, l'ispirazione è il processo mediante il quale Dio comunica la sua parola agli uomini. Scrive Pietro: “Sappiate prima di tutto questo: che nessuna Profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna Profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2 Pietro 1:20-21). Questa intuizione ricevuta è stata incorporata nel linguaggio umano con tutti i suoi limiti e imperfezioni; tuttavia, è rimasta come la testimonianza di Dio. Dio ha ispirato gli uomini, non le parole. I profeti non agivano passivamente come i registratori che ripetono ciò che è stato registrato. A volte gli scrittori vengono inviati ad esprimere le esatte parole di Dio, ma nella maggior parte dei casi, Dio li ha istruiti a descrivere ciò che avevano visto e udito. In questi ultimi casi, gli scrittori utilizzavano il proprio stile e le parole del loro linguaggio. In questo modo, l'ispirazione non annulla l’individualità e la personalità del profeta. - Va detto inoltre che la Bibbia non è il modo di pensare e di esprimersi di Dio. Essa riflette il modo di pensare e di esprimersi dell'umanità; è questo il motivo per cui talvolta incontriamo espressioni che possono sorprendere. La Bibbia contiene la verità divina, espressa in linguaggio umano. - Come Gesù era Dio e uomo insieme, così la Bibbia rappresenta l’unione del divino con l’umano. Questa combinazione rende la Bibbia unica tra tutta la letteratura. Scopo della Bibbia è rivelare il piano di Dio nella sua interazione dinamica con la razza umana, non un insieme di dottrine astratte. La sua auto-rivelazione deriva da eventi reali che si sono verificati in luoghi e tempi definiti. Essi sono estremamente importanti perché costituiscono un quadro che ci consente di capire il carattere di Dio e il Suo scopo per noi. Una comprensione accurata conduce alla vita eterna, ma un equivoco porta alla confusione e alla morte. Dio ordinò ai suoi profeti di scrivere la storia dei suoi rapporti con il popolo d'Israele senza omettere nulla di spiacevole. Questi resoconti storici, scritti da un diverso punto di vista della storia secolare, costituiscono una parte importante della Bibbia. Forniscono una visione accurata e obiettiva della storia da una prospettiva divina. Lo Spirito Santo ha donato delle informazioni speciali agli autori della Bibbia, affinché essi potessero presentare un quadro realistico della controversia tra il bene e il male e di conseguenza, mettere in evidenza il carattere di Dio affinché le persone potessero trovare la loro salvezza. “Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza. Romani 15:4 - Gli scritti della Bibbia sono considerati documenti storici attendibili, non contengono miti o simboli. Molti scettici contemporanei rifiutano le storie di Adamo ed Eva, Giona, il Diluvio e altri. Nondimeno Gesù ha accettato l'accuratezza storica e il significato spirituale di questi episodi. La Bibbia non insegna che ci sono gradi di ispirazione, o ispirazione parziale. Queste teorie sono speculazioni umane che tolgono alla Bibbia la sua autorità divina. Le Scritture hanno autorità divina, perché in esse Dio parla per mezzo dello Spirito Santo. Pertanto, la Bibbia è la Parola di Dio scritta. Gli scrittori della Bibbia testimoniano che i loro messaggi provenivano direttamente da Dio. Geremia, Ezechiele, Osea e altri lo dichiarono apertamente (Ger 1:1,2,9; Eze 1:3, Os 1:1) Matteo cita l'autorità del Vecchio Testamento: "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta" (Mt 1:22). Egli vede il Signore come agente e il profeta come strumento. - In più occasioni Gesù ha sottolineato l'autorità della Scrittura. Quando Satana lo tentò e quando affrontava i suoi avversari, le parole “sta scritto” sono state la sua difesa. (Matteo 4:4,7,10, Luca 20:17). Cristo ha messo la Bibbia al di sopra delle tradizioni umane e delle opinioni dei capi spirituali. Ammoniva gli ebrei a non disprezzare l'autorità della Scrittura (Marco 7:7-9), e ha esortato a uno studio più attento, dicendo: "avete letto nella scrittura.." (Matteo 21:42, Marco 12:10, 26). Gesù credeva nell’autorità delle Scritture: "Esse testimoniano di me". "Perché se credeste a Mosè, voi credereste anche a me perché lui ha scritto di me" (Giovanni 5:39,46). Cristo ha accettato senza riserve la Scrittura come volontà di Dio per l'umanità. Egli la considerava come un corpo di verità, una rivelazione oggettiva, concessa per sollevare l'umanità dalle tenebre della tradizione e dai miti della salvezza, la vera luce della conoscenza. Con l'aiuto dello Spirito Santo, siamo in grado di comprendere questa luce, “le cose di Dio”(1 Cor. 2:10), e di accogliere l'autorità che appartiene alla Bibbia come rivelazione di Dio e della sua volontà. - Le contraddizioni che talvolta sono trovate tra la Scrittura e la scienza si rivelano spesso il frutto di speculazioni umane, di teorie fantasiose che non hanno nessuna base scientifica. Il nostro mondo contiene molti misteri irrisolti di cui non è possibile venirne a capo per la semplice ragione che non abbiamo la conoscenza di tutto. E’doveroso tenere presente che la nostra comprensione del creato è limitata anche alle menti più colte; e che tentare di giudicare la Parola di Dio con gli standard umani è come se volessimo misurare la distanza delle stelle con una canna. Per questo motivo la Bibbia non dovrebbe essere soggetta a standard umani. Piuttosto, invece di giudicare la Bibbia, ricordiamo che tutti saremo giudicati da essa, perché agli occhi della saggezza divina, essa è lo standard del carattere e la verifica di tutte le esperienze e pensiero umani.

Enoc è il sesto nella posterità di Adamo, di lui la Scrittura attesta che ”…camminò con Dio; poi scomparve, perché Dio lo prese.” Genesi 5:24 In questo versetto è indicata la ragione dell’esenzione dalla morte. Dobbiamo tenere presente che l’espressione “camminò con Dio” non era comune al tempo degli anti-diluviani. L’assunzione fisica di Enoc in cielo fu un segno, durante il lungo periodo in cui gli abitanti della terra si trovavano sotto la maledizione di Dio inflitta al genere umano, per effetto del peccato di Adamo ed Eva, che la riconciliazione con Dio include infine la vittoria sulla morte. “Vi era il pericolo che quella generazione di uomini si facesse prendere dallo scoraggiamento per i terribili risultati del peccato di Adamo. L’esempio di Enoc, dava loro una speranza perché, anche se attraverso Adamo era subentrata la morte, attraverso il Redentore promesso gli uomini avrebbero goduto della vita eterna. Enoc è citato come esempio di vita pratica che piace a Dio anche nell’epistola agli Ebrei, dove si legge: “Per fede, Enoc fu preso da Dio senza aver conosciuto la morte..Prima di dire che fu portato via, la Bibbia dice di Enoc era vissuto come piace a Dio. Ma nessuno Può essere gradito a Dio se non ha la fede. Infatti chi si avvicina a Dio deve credere che Dio esiste e ricompensa quelli che lo cercano” Ebrei 11:5-6 La sua traslazione in cielo prima del diluvio rappresenta la salvezza che Cristo porterà ai redenti al suo ritorno, prima che la terra sia distrutta col fuoco! Così la testimonianza di Enoc ha costituito per quella generazione in particolare, ma costituisce anche per noi, una testimonianza notevole in favore della vita eterna che Dio desidera donare a quelli che credono in lui e vivono “come piace a Dio”. Elia è considerato uno dei più grandi profeti del periodo antico. Di particolare rilievo fu il suo intervento presso il re Achab, nel periodo di siccità a causa della idolatria dominante in quel tempo. Il profeta si presentò al re e propose una sfida ai sacerdoti di Baal, perché fosse pubblicamente riconosciuto il vero Dio che si doveva adorare. La prova ebbe luogo sull’altura del Carmelo e fu favorevole ad Elia. Il carattere di Elia è figura dei veri adoratori che Dio gradisce. Il profeta fu fedele a Dio dal principio alla fine della sua missione, quale difensore del culto legittimo contro l’idolatria. Di lui si disse che sarebbe ritornato prima del giorno del Signore (Malachia 4:5). La traslazione di Elia su un carro di fuoco rappresenta i credenti dell’ultima ora che dovranno denunciare i peccati di Babilonia senza preoccuparsi delle conseguenze che possono derivare dal trasmettere alla gente le parole dette da Dio. Come Elia passò attraverso la prova e fu sottratto all’ira dei nemici perché Dio lo prese con se, così il popolo di Dio fedele sarà preservato e sottratto all’ira dei peccatori.

La risposta non è scontata ed è molto seria. Satana non è un personaggio comune, non si presenta come viene raffigurato nella tradizione popolare, con le corna, la coda e il forcone …. Egli è un distinto signore, con una mente acuta e una intelligenza che supera quella di ogni creatura, sebbene abbia inclinazioni infernali. Nel corso dei millenni ha sviluppato doti non comuni e basandosi sui dati forniti dall’osservazione delle debolezze e inclinazioni umane, detiene una conoscenza speciale dell’animo umano, di cui se ne serve per trarre in inganno e causare la rovina dell’uomo. Naturalmente ha seguito con vivo interesse la formazione delle Sacre Scritture, di cui ha perfetta conoscenza letteraria e profetica e se ne serve per trarre in inganno con i suoi sofismi. Va ricordato come egli tentò Cristo per ben tre volte citando passi della scrittura «Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa, lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto:"Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo, ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché tu non urti con il piede contro una pietra"». In questa circostanza il tentatore usa la Scrittura per suggerire un comportamento peccaminoso. Provocare un gesto di superbia, ma Dio non è al servizio degli orgogliosi! Gesù gli rispose: «È altresì scritto: "Non tentare il Signore Dio tuo"» Matteo 4:5-7 La sua specialità è mescolare la verità con il falso quel tanto che basta per far apparire la menzogna credibile, il che fa di lui il campione della falsità. Gesù lo apostrofò dicendo: “Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c'è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo perché è bugiardo e padre della menzogna.” Giovanni 8:44 - Il suo capolavoro è aver creato un sistema filosofico-religioso che nega l’esistenza di Dio creatore. Il che significa derubare l’uomo della vita eterna. Questo suo proponimento è prioritario e si dedica ad esso con tutta l’abilità di un professionista del crimine. Nell’Apocalisse al capitolo 12 lo vediamo suscitare dietro la donna (che rappresenta il popolo di Dio fedele), una fiumana di acqua (simbolo di popoli e idee diverse) con l’intento di neutralizzare la sua testimonianza disperdendola tra mille idee religiose e filosofiche contraddittorie. Agisce all’ombra di un potere politico-religioso che propone una religione che risponde solo all’esigenza di chi desidera trovare un modo per non preoccuparsi della verità e della giustizia di Dio, ma che appaia come un mezzo per onorarlo! L’Apostolo Paolo mette in guardia dai suoi inganni, affermando: “il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.” Efesini 6:12 Solo lo studio della Parola di Dio, fatto con umiltà e spirito di preghiera ci dà luce divina sufficiente per svelare l’inganno che viene spacciato come verità divina.

La presenza di elementi del culto pagano nella dottrina cristiana costituisce un retaggio di tradizioni e pratiche del paganesimo che si è introdotto nella chiesa con lo sviluppo dell’apostasia. Il più grave di questi è l’adorazione delle statue, delle immagini di santi, crocifissi, madonne e angeli che hanno sostituito gli idoli delle nazioni pagane. - Caratteristica del paganesimo è l’impossibilità di concepire un religione senza immagine della divinità. Così il mondo pagano affollava di idoli, amuleti di ogni sorta che venivano indossati in omaggio agli dei. Quando i pagani si convertivano al cristianesimo iniziarono a trasportare nelle chiese elementi del culto pagano. In quelle chiese dove contrariamente alla proibizione divina si ritenne che le immagini fossero utili per la crescita della fede si sviluppo l’idolatria. Invece di essere la chiesa a vincere le tendenze del mondo pagano, era il paganesimo che trionfava nella chiesa. - Come si legge nei dieci comandamenti, il secondo afferma il divieto assoluto di farsi delle immagini e di prestare ad esse un culto di adorazione. La ragione del divieto è che la creatura non può essere posta allo stesso livello del Dio Creatore da cui procede la vita e l’esistenza di ogni cosa. Prostrarsi in adorazione davanti a una statua o una qualsiasi rappresentazione significa ammettere che qualsiasi cosa essa rappresenta possa riceverlo! Vale a dire che gli si attribuisce la facoltà di essere presente in ogni luogo e in ogni tempo, che è la caratteristica di Dio. Questa è idolatria! La storia del popolo ebraico riporta situazioni drammatiche in cui l’adorazione di Dio è stata condivisa con quella degli dei del mondo pagano. L’esito di questi tentativi ingloriosi ci documenta sulla necessità di attenersi scrupolosamente al divieto espresso nel secondo comandamento: “Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.” Esodo 20:4 Per essere un comando semplice è il più lungo del decalogo, segno evidente che distingue l’importanza. - Nelle chiese cristiane dei primi secoli non vi erano statue né pitture. Il culto veniva reso spiritualmente secondo le indicazioni del comandamento e di Cristo: “Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità». Giovanni 4:23-24 Tra le testimonianze dei primi padri della chiesa troviamo quella confortante di Epifanio Di Salamina (315-403), di cui è nota la sua avversione al culto delle immagini e al loro uso nelle chiese: “Io trovai un velo sospeso alla porta della chiesa, il quale era colorato e dipinto, avente l’immagine di Cristo, o di qualche altro santo, perché io non ricordo bene quale immagine fosse. Io dunque avendo veduto che nella chiesa di Cristo, contro l’autorità delle Scritture l’immagine di un uomo era sospesa, lacerai quel velo”. Tratto dalla Lettera a Giovanni di Gerusalemme. Epifanio fu senza dubbio un vescovo modello nella cura del gregge affidategli. Il culto va reso spiritualmente a Dio, spiritualmente presente in ogni luogo e sempre. Chi si inchina in adorazione di statue e immagini, suscita la gelosia di Dio. “Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso..”Esodo 20:5 - A questo punto è bene consultare la storia per vedere come e quando il culto delle immagini si è introdotto nella chiesa. “..fratelli, non voglio che siate nell'ignoranza. Voi sapete che quando eravate pagani eravate trascinati dietro agli idoli muti secondo come vi si conduceva.” 1 Corinzi 12:1 “..vi siete convertiti dagl'idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero”. 1Tessalonicesi 1:9 - La chiesa cristiana delle origini nutriva una profonda attenzione affinché elementi del culto pagano non penetrassero nella chiesa. Numerose testimonianze nelle lettere apostoliche documentano con quale cura venivano esortati e lodati coloro che provenivano dal paganesimo: “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c'è tra la giustizia e l'iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre? E quale accordo fra Cristo e Beliar? O quale relazione c'è tra il fedele e l'infedele? E che armonia c'è fra il tempio di Dio e gli idoli? “ 2 Corinzi 6:14 Gli idoli indicavano le false divinità che affollavano il mondo antico. Purtroppo nella misura in cui in alcune chiese venne meno la vigilanza sulla fede, il paganesimo penetrò con i suoi riti e le sue abitudini. Presto la chiesa si trovò dinanzi a un bivio: mantenere nella chiesa le consuetudine del mondo pagano o ritornare alla purezza della fede? In questo contesto la storia ricorda che si sviluppo un intenso conflitto non privo di lotte e di infamanti delitti tra coloro che vollero conservare gli idoli e furono chiamati iconolatri e quelli che invece li rifiutavano e vennero chiamati iconoclasti.. - Di fronte al crescente culto idolatrico che andava affermandosi nelle chiese, il Concilio di Elvira che si tenne in Spagna nel 313, affermò categoricamente: “Non vi debbono essere pitture nelle chiese, affinché non si dipinga nelle pareti ciò che si venera e si adora”. Il Concilio di Laodicea nel 364, riunì circa 30 chierici dell'Asia Minore. Le conclusioni a cui pervenne fu di ritenere che l’invocazione di angeli è idolatria. Ma nonostante il divieto del secondo comandamento e le posizioni intransigenti dei concili, gli idoli furono ritirati, e al posto di essi si misero le statue dei martiri cristiani. Le feste pagane dedicate al sole, alla terra, alla fertilità e a quanto ancora occupava l’universo del paganesimo cambiarono nome, furono ammantati di cristianesimo e rimasero nella chiesa. Sereno, Vescovo di Marsiglia nel 600 circa, per contrastare l’incipiente invasione delle statue e delle immagini che venivano adorate, cominciò un movimento per disfarle; papa Gregorio Magno lo rimproverò per aver abbattuto le “statue del Signore e dei santi”: “queste immagini -egli scrive- hanno una funzione didattica e sono di grande aiuto a coloro che non sanno leggere, sono mezzo di istruzione per coloro che non possono attingere direttamente alle Sacre Scritture.” Il papa era contro il culto delle immagini ma giustificando la presenza delle statue e delle pitture nella chiesa permise che l’idolatria facesse una devastazione spirituale incalcolabile. Il valore pedagogico delle immagini poteva essere di qualche utilità nella misura in cui illustravano la vita degli apostoli e gli insegnamenti di Cristo e dei profeti; ma questo valore veniva meno nel momento in cui esse finivano per diventare l’oggetto della devozione. - In effetti, la presenza delle immagini nel culto costituisce da sempre una minaccia all’integrità della fede. Quando il re Ezechia nel 700 a.C. si rese conto che il popolo adorava come un idolo il serpente di rame ordinato da Dio a Mosè, che bastava guardarlo (non adorarlo) per essere guariti dai morsi dei serpenti nel deserto:“..frantumò le statue, abbatté l'idolo d'Astarte, e fece a pezzi il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto; perché fino a quel tempo i figli d'Israele gli avevano offerto incenso”. Vedi 2 Re 18:4. Giovanni Calvino, il cui nome è strettamente legato alla città di Ginevra, dopo essersi separato dalla Chiesa romana nel 1532, sulla presenza delle statue nelle chiese scrisse: “..certo i prelati della chiesa non hanno avuto altra ragione di affidare agli idoli l’incarico di ammaestrare, se non perché essi sono muti. Paolo testimonia che Cristo ci è dipinto al vivo dalla predicazione dell'Evangelo, anzi crocifisso davanti agli occhi nostri. A che, dunque, rizzare nei templi tante croci di legno e di pietra, d’oro e d’argento, se fosse stato ben impresso nel popolo che Cristo fu crocifisso per portare la nostra maledizione sulla croce, per cancellare i nostri peccati col suo sacrificio, per lavarci col suo sangue e riconciliarci con Dio, suo Padre? Perché con questa semplice parola si sarebbe potuto ottenere più frutto presso i semplici che con mille croci di legno e di pietra”. Quando la Parola di Dio costituiva la sola autorità di fede c’era istruzione e discernimento spirituale; ma quando si iniziò a trascurare i suoi insegnamenti nella chiesa vi rimase l’ignoranza e l’idolatria. - Nel medio evo scese in campo anche l’impero e la disputa sull’uso delle immagini coinvolse tutti, popolo, clero, monaci e soldati. Il primo decreto che permetteva l’uso delle immagini nelle chiese per l’adorazione è stato fatto da papa Costantino I nel 710. L’imperatore Leone III, che aveva in orrore l’idolatria, chiese che il decreto venisse ritirato, anche perché lo considerava un impedimento agli ebrei e ai maomettani di convertirsi al cristianesimo. Contro questa richiesta ragionevole il papa scomunicò l’imperatore. Il figlio dell’imperatore, Costantino Copronimo, nel tentativo di fare chiarezza sull’uso delle immagini motivo di lotta, si appellò a un concilio generale. Si tenne a Costantinopoli nel 754 sotto la presidenza del metropolitano di Efeso. Parteciparono 338 vescovi e si decretò l’abolizione delle immagini nelle chiese e si vietò di prestarvi il culto. L’imperatore Leone IV era intenzionato a far rispettare la delibera del Concilio, ma sua moglie Irene, cospirando con i monaci, irriducibili sulla tenuta delle immagini, fece avvelenare il marito ed uccidere i cognati. Divenuta così imperatrice per tutela del figlio, cooperò in favore delle immagini. Quando il figlio divenne adulto , essendo questi contrario alle immagini, lo fece prima accecare e poi non soddisfatta, lo fece uccidere. L’imperatrice Irene convocò un nuovo concilio generale per deliberare sul culto delle immagini; si tenne a Nicea nel 787. Poiché non erano presenti tutti i vescovi, molti prelati contestarono il titolo di generale. Naturalmente i pochi vescovi presenti al concilio si pronunciarono in favore delle immagini nelle chiese e legiferarono di prestare ad esse culto di adorazione. In quella circostanza non tralasciarono neppure di rendere ufficiale il culto della croce. Fu così formalizzata l’adorazione nella chiesa romana. Quando l’imperatrice Irene morì, papa Leone III la santificò per il suo alto contributo all’adorazione delle immagini e il loro culto. Inutile dire che questo contributo si traduceva in un cospicuo flusso di danaro nelle casse del papa con le numerose offerte rastrellate dai devoti… Quando sembrava che l’argomento fosse stato chiarito un successore di Irene, Leone V l’armeno, riprese le ostilità contro le statue nelle chiese. La storia che seguì fu un continuo conflitto a sangue tra fazioni opposte che rivendicavano a suon di delitti il contrario di altri! Furono tenuti concili che negarono la validità di altri. I fedeli nelle chiese erano disorientati e combattuti non sapendo a chi appellarsi. La Parola di Dio era divenuta introvabile e le prediche si basavano sulla parola dei papi e le preghiere ai santi. Nella Riforma e nella Controriforma nessun elemento significativo si aggiunse alla questione dell’idolatria. - I riformatori ispirandosi al secondo comandamento furono contro le immagini, quelli della Controriforma le volevano tenere nelle chiese. Alla fine Bellarminio, e con lui papi e concili si dichiararono apertamente per l’adorazione delle immagini. Nell’età moderna un considerevole contributo all’adorazione delle immagini e del culto delle statue viene fornito ad hoc dalle apparizioni di santi e madonne definiti miracolistici, seguiti da episodi di guarigioni più o meno autentici. Certo, vedere nella chiesa romana prostrazioni, baci a statue e immagini; preghiere, invocazioni e canti liturgici a defunti. Reliquie, processioni, candele, flagellazioni, amputazioni; cerimonie sontuose, commercio e traffico di armi, investimenti e speculazioni, sottrazione di risorse allo stato sociale e quanto altro i media riportano, non è possibile affermare con onestà che interpreti la religione di Cristo. Il suo è un sincretismo di verità e menzogna che consente di credere quello che si vuole e di aggirare la giustizia di Dio dando l’impressione di ubbidire alla sua Parola. Ma la diagnosi di Dio avverte: ”Hanno conosciuto Dio, poi si sono rifiutati di adorarlo e di ringraziarlo come Dio. Si sono smarriti in stupidi ragionamenti e così non hanno capito più nulla. Essi, che pretendono di essere sapienti, sono impazziti: adorano immagini dell’uomo mortale, di uccelli, di quadrupedi e di rettili, invece di adorare il Dio glorioso e immortale. Per questo, Dio li ha abbandonati ai loro desideri: si sono lasciati andare a impurità di ogni genere fino al punto di comportarsi in modo vergognoso gli uni con gli altri. Proprio loro che hanno messo idoli al posto del vero Dio, e hanno adorato e servito quel che Dio ha creato, anziché il Creatore. A lui solo sia lode per sempre” Romani 1:21-25 - Nella visione profetica del Giudizio l’invito rivolto a coloro che si dicono cristiani è posto in relazione all’adorazione di Dio solo, unico e immortale, segno evidente che nella cristianità esiste su questo soggetto uno sviamento devastante: “Egli diceva con voce forte: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque». Apocalisse 14:7 In breve, adorate il Creatore! Non le creature! “Qui deve mostrarsi la costanza di quelli che appartengono al Signore, mettono in pratica i comandamenti di Dio ( tutti e 10) e rimangono fedeli a Gesù” Apocalisse 14:12

Nel rispondere a questa domanda bisogna tenere presente le credenze diverse che hanno popolato l’immaginario dei popoli antichi, e che sono entrate a far parte della tradizione cristiana. Secondo gli Egiziani, i morti andavano in pellegrinaggio nel regno di Osiride. Li veniva determinato il grado di colpevolezza e l'anima dei grandi criminali veniva distrutta. Gli Assiro-Babilonesi mandavano gli empi nel Kigallou, un luogo situato nel profondo della terra e circondato da un recinto settuplo le cui porte erano guardate da mostri e demoni. I dannati erano gettati nell'oscurità e si nutrivano di polvere e di fango. I Greci avevano l'Hadès, luogo situato nelle profondità della terra e circondato da quattro fiumi: il Cocito, l'Acheronte, lo Stige e il Piriflegetonte. Vi si giunge­va attraverso lo Stige con la barca di Caronte. I morti vi conducevano un'esistenza di fantasmi. Quelli che avevano oltraggiato gli dèi erano rinchiusi nel nero Tartaro. Dal IV secolo avanti Cristo, l'influsso dei misteri orfici ed eleusini contribuì a divulgare la dottrina della ricompensa e della punizione delle anime, come risultato della loro condotta nell'esistenza terrestre. Negli Inferi, i giudici Minosse, Adamante ed Eaco assegnavano ai morti il posto che si meritavano, e il cane Cerbero aveva l'incarico d'impedire ai malvagi di fuggire. I Romani credevano ai Mani, cioè alle anime dei morti che potevano trovarsi ovunque, e a un luogo sottoterra chiamato Inferi (gli Inferi) i cui sovrani erano Fiutone e Proserpina. La religione vedica non ha alcuna traccia di un luogo ove vivano gli empi. Il brahamanesimo li manda nel Naraka, regione sotterranea situata più in basso delle dimore dei Pàtàlas (demoni); ma i dannati vi soggiornano soltanto tem­poraneamente in vista di un'espiazione, per rientrare al più presto nel circolo normale della trasmigrazione. L'inferno del buddismo è pure il Naraka o Niraya, diviso però in regioni a seconda delle colpe da espiare; uno di questi luoghi è il Mahàyàma che conta centotrentasei inferni. I dannati subiscono la prova del fuoco, della sega, dello squartamento, dello schiacciamento, del martellamento, ecc. L'inferno dello shmtoismo sì chiama Yomo o Yomotsou-Kounì in cui regna il dio di Scusanowo-ni-Mikoto. I dannati conducono qui un'esistenza poco più sgradevole della vita terrestre, o vivono in una cloaca di putrefazione. Anche l'Islam ha il suo inferno. Il Corano dice che ogni essere umano è responsabile delle proprie azioni, che sono annotate nel Sidjdjin ( libro degli atti ); nel giorno della retribuzione, tutti saranno pesati su una bilancia e trattati di con­seguenza. I musulmani impenitenti e gli infedeli verranno condotti a el-Sakar o al-Hotama, settori dell'inferno, dove subiranno i supplizi del fuoco, del freddo, della sete, dell'acqua e della pece bollente. - L'inferno della maggior parte dei cattolici e di un numero abbastanza considerevole di protestanti, è un luogo in cui i dannati sono destinati a soffrire in eterno. Le pene qui sono di due specie: quella del danus, che è la privazione di Dio e quella del senso che è l'insieme delle sofferenze sensibili generalmente designate dall'espressione: fuoco inestinguibile. L'orribile compagnia dei demoni accresce questi dolori indescrivibili. Nel corso dei secoli, molti predicatori hanno trovato nelle fiamme dell'inferno un tema di eloquenza inesauribile per spaventare gli uditori, ma non a convertirli poiché la salvezza è un prodotto dell'amore e non della paura. Ecco un esempio di come hanno descritto l’inferno alcuni predicatori cattolici e protestanti: ”In questo mondo, il fuoco tormenta i corpi dall'esterno; esso non vi penetra. All'inferno, il fuoco penetra nel corpo dei dannati per tormentarli sia all'interno che all'esterno. Che ne sarà del dannato divenuto una specie di fornace ardente? Il cuore gli brucerà nel petto, le interiora nel ventre, il cervello nella testa, il sangue nelle vene, persino il midollo nelle ossa...Come cadranno nell'inferno, nel giorno del giudizio, sulla schiena, sul fianco, a testa in giù, così resteranno per tutta l'eternità senza poter più muovere né piede, né mano finché Dio sarà Dio” Alfonso de' Liguori. “Nel giorno del giudizio, il corpo tuo e l'anima tua soffriranno i tormenti di un doppio inferno. Un sudore di sangue ti inonderà dalla testa ai piedi; degli orridi mostri ti urleranno nelle orecchie; le tue membra scricchioleranno al contatto della fiamma, senza consumarsi, in attesa di nuovi supplizi; il diavolo senza posa ti farà sobbalzare di terrore al suono di una musica infernale”C. H. Spurgeon - Il fatto che una dottrina così spaventosa abbia suscitato incredulità e prodotto ateismo è comprensibile.Una persona riflessiva si rifiuterà sempre di credere che Dio trovi piacere nel vedere soffrire eternamente e in condizioni così atroci gli empi, chiunque essi siano. Tanto più che la Scrittura dichiara: “Tu non sei un Dio che prenda piacere nell' empietà; presso di te il male non trova dimora. Salmi 5:4 ”Io non provo nessun piacere per la morte di colui che muore, dice DIO, il Signore.” Ezechiele 18:32 Il filosofo Renouvier ha scritto: “L'inferno eterno è uno degli scandali che più di tutti allontanano le mentì dalla concezione cristiana del mondo e dei suoi fini”. “L'inferno eterno per volontà di Dio è la bestemmia più tremenda che sia mai stata pronunciata contro Dio" A. Guyard. Responsabili dell'introduzione della nozione dell'inferno nella Chiesa cristiana sono Tertulliano, Origene e Agostino. Tertulliano, come si è visto, augura orribili torture ai malvagi; Origene immagina un inferno che assomiglia piuttosto a un purgatorio dal quale gli uomini escono rigenerati in attesa di andare a godere alla destra del Padre un'eterna felicità. La Chiesa ha conservato per i fedeli la prospettiva di Origene e per gli empi le torture di Tertulliano. Agostino ha rafforzato l'idea dell'inferno ed ha così contribuito a renderla accetta a quasi tutti i fedeli. - Ma la Bibbia cosa insegna sulla sorte dei malvagi? Va subito detto che la Scrittura non insegna il dogma delle pene eterne, di una sofferenza che si protrae nell’eternità. Essa dichiara, più volte, in termini chiari e inconfutabili, che i malvagi saranno distrutti nello stagno di fuoco senza che di loro vi resti alcuna radice. “Poi la morte e l'Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco”. Apocalisse 20:14 “E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco”. Apocalisse 20:15 “Ma per i codardi, gli increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda”. Apocalisse 21:8 Ancora leggiamo che i malvagi sono degni di morte (Romani 1: 32), di conseguenza indegni di vita eterna, poiché Dio serba la “vita eterna a quelli che con la perseveranza nel bene operare cercano gloria e onore e immortalità” (Romani 2: 7; vedere Atti 13: 46,48). Ciò significa che gli empi in nessun modo hanno la vita eterna, nemmeno tra le fiamme di un presunto luogo di sofferenze, poiché questa la si ottiene solo grazie al sacrificio di Gesù accettato per fede: “Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. “Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l'ira di Dio resta sopra lui”. “Chi ha il Figliuolo ha la vita; chi non ha il Figliuolo non ha la vita”. “Poiché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore “. “Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno”. (Giovanni 3: 16; Giovanni 3: 36; I Giovanni 5: 12; Romani 6: 23; Giovanni 6: 40). Ciò vuol dire che la soppressione, l'annientamento totale dell'essere è la condanna suprema, e che la risurrezione dei malvagi, semplice ritorno alla vita fisica, ha luogo solo per permettere a Dio di eseguire su di essi il verdetto del suo giudizio (Giovanni 5: 29). “L'empio perirà per sempre come lo sterco suo; quelli che lo vedevano diranno: "Dov'è?". Se ne volerà via come un sogno, e non si troverà più; dileguerà come una visione notturna” Giobbe 20:7,8. Il profeta Isaia afferma che anche se Dio volesse cercarli in qualche luogo non li troverebbe perché distrutti per sempre: “Ecco, tutti quelli che si sono infiammati contro di te saranno svergognati e confusi; i tuoi avversari saranno ridotti a nulla, e periranno. Tu li cercherai, e non li troverai più quelli che contendevano con te; quelli che ti facevano guerra saranno come nulla, come cosa che più non è”. Isaia 41: 11, 12; vedere 1: 28; 26: 11,14. “Poiché, ecco, il giorno viene, ardente come una fornace; e tutti i superbi e chiunque opera empiamente saranno come stoppia; e il giorno che viene li divamperà, dice l'Eterno degli eserciti, e non lascerà loro né radice né ramo“. (Malachìa 4: 1; in alcune versioni 3: 19). A questa lista già lunga, potremmo aggiungere altri passi. I malvagi sono paragonati di volta in volta a materiale infiammabile e caduco: la paglia che brucia o che viene portata via dal vento (Giobbe 21: 18; Salmo 1:4; Nahum 1: 10; Matteo 3: 12); il fumo che si dissolve (Salmo 68: 3; 37: 20; Isaia 51: 6); una lampada che si spegne (Proverbi 13: 9; 24:20); un sogno che sva­nisce (Salmo 68: 3; 58: 9); la pula portata via dall'uragano (Giobbe 21: 18; Isaia 17:13); la stoppia (Malachia 4:1; Isaia 5:24); il letame sulla ter­ra (Salmo 83: 10); i rami secchi (Giovanni 15: 6; Isaia 5: 24); il legno e il fieno (I Corinzi 3: 12, 13); animali che periscono e pesce avariato (Salmo 49: 14; Matteo 13: 47,48); le zizzanie gettate nel fuoco (Matteo 13: 40,41); un vaso di vasellaio (Salmo 2: 9) - Se l’inferno bruciasse eternamente, ne conseguirebbe che Dio sarebbe nella impossibilità di soddisfare la sua giustizia oltraggiata, poiché l'eternità non gli basterebbe; ne deriverebbe ancora che il male non verrebbe mai distrutto, che Satana esisterebbe per sempre e che mai nessun ginocchio si piegherebbe davanti a Dio. Cristo non riuscirebbe mai a terminate la sua opera, che è di riportare la perfetta armonia in un universo turbato dalla rivolta dì Satana. Alcuni testi sembrano sostenere l’esistenza di un luogo di pene eterne, ma così non è. Il passo di Matteo 25: 46, che riporta queste testuali parole: “E questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna”, viene spesso citato per sostenere l'idea delle pene eterne. Tuttavia esso non porta nessun argomento su cui fondare questo dogma. La parola greca kolasis non deve essere tradotta con supplizio, ma con la parola punizione, con l'idea di distruzione. Ecco quello che un eminente teologo dice in proposito: "I cinque dizionari di Passow, Planche, Alexandre, Wahl e Grimm sono unanimi nel far derivare il sostantivo greco kolasis, "punizione", da una radice che significa: spezzare colpendo, amputare, squartare, smembrare, mutilare, da cui la nostra parola iconoclasta: distruttore d'immagini. Kolasis significherà quindi una punizione per soppressione" ( Petavel-Olliff ). La ricompensa dei giusti è una vita eterna, quindi una ricompensa eterna; la punizione dei malvagi è una soppressione eterna, quindi una punizione eterna. È la distruzione che è eterna, non la sofferenza. “Chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita” I Giovanni 5: 12. Soffrire eternamente significherebbe vivere eternamente, dato che la sofferenza presuppone la vita, il che è inammissibile. - Il fuoco eterno: in genere ci si richiama a tre passi, isolati dall'insieme delle dichiarazioni bibliche, per convalidare la tesi del fuoco eterno: “E se l'occhio tuo ti fa intoppare, cavalo; meglio è per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio, che avere due occhi ed esser gettato nella geenna, dove ìl verme loro non muore ed il fuoco non si spegne” Marco 9: 47,48. “Allora dirà anche a coloro dalla sinistra: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli”. Matteo 25: 41. “E il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove anche sono la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei secoli”. Apocalisse 20: 10. Il primo passo parla della geenna in cui il verme non muore e il fuoco non si spegne. La parola geenna, usata dodici volte nel Nuovo Testamento (Matteo 5:22,29; 10:28; 18:9; 23:15,33; Marco 9:43-47; Luca 12:5; Giacomo 3:6), significa letteralmente valle di Hinnom (II Cronache 33:6). Questa valle si trova a sud-est di Gerusalemme. In una parte di questa valle chiamata "Tofeth" o "Valle del Forno", gli Israeliti, istigati da alcuni del loro re, avevano reso un culto a Moloch e bruciato i loro figli in suo onore ( II Re 23:10; Geremia 7:31; 19:5,6; 32:35). II re Giosia votò questa valle all'infamia: ne fece la fogna della città, un immondezzaio in cui si gettavano i rifiuti della capitale, le carogne delle bestie da soma e i cadaveri dei giustiziati. Un fuoco, perennemente acceso, divorava quei cadaveri, da cui l'espressione "geenna di fuoco". Il fumo ne usciva giorno e notte, indice di un fuoco che, costantemente alimentato, non si spegneva mai. Il profeta Isaia (66: 24) vi fa allusione e, pensando alla sua dichiarazione, anche Cristo ne parla (vedere anche Isaia 14:9-11). Il secondo e il terzo versetto (Matteo 25: 41 e Apocalisse 20: 10) parlano anch'essi del fuoco inestinguibile. Non è necessario dire che si tratta di un fuoco che si spegne solo quando ha distrutto tutto il materiale infiammabile. Omero stesso parla di un fuoco inestinguibile che poco mancò consumasse la flotta dei Greci. II fuoco che non si spegne presuppone una distruzione completa. Una filologia elementare ci insegna a vedere nel fuoco eterno o inestinguibile l'agente inarrestabile di una rovina completa ed irrimediabile. Il fuoco è incompatibile con la vita (Isaia 33: 14). Esso distrugge tutto ciò che si trova sul suo cammino. È un agente transitorio, determinante atti temporanei, ma che produce effetti eterni (vedere anche Marco 3: 29; Ebrei 6: 2). - L'espressione "nei secoli dei secoli" (in greco tón aiónòn), che trova il suo equivalente nell'espressione ebraica al yolam (tradotta in Esodo 21: 6; Giona 2: 7 e Isaia 32: 14 con "per sempre") e un'espressione iperbolica. Non diciamo infatti che un uomo è condannato ai lavori forzati «per sempre»? O che il segretario dell'Accademia è « perpetuo »? Nella Bibbia l'aggettivo eterno e il sostantivo eternità sono usati spesso per iperbole. Un fuoco che brucia eternamente divora tutto (Ezechiele 21:3; Amos 5:6). Esempi tratti dalla Scrittura sono il fuoco che scese su Sodoma e Gomorra (Genesi 19: 24) in Giuda (versetto 7) è chiamato un "fuoco eterno". Questo fuoco sì è ormai spento, non senza aver prima distrutto tutto (Genesi 19: 25; Isaia 13: 19), in un istante (Lamentazioni 4:6), e ridotto ogni cosa in cenere (II Pietro 2:6). Il verme che non muore è un roditore, un necrofago, che ha il compito di distruggere. Si tratta della volgare larva della mosca da-carne. Secondo Linneo, le larve di tre mosche da carne sono capaci di divorare il cadavere di un cavallo con la stessa rapidità di un leone. Oseremmo fare, di questo verme "che non muore", un essere immortale? - Talvolta si menziona il racconto dell'uomo ricco e del povero Lazzaro (Luca 16: 19-31) per convalidare la teoria dei tormenti eterni. Va tenuto presente che si tratta di una parabola, di un racconto immaginario, rivolta in particolare ai farisei che avevano appena udita un'altra parabola, quella dell'amministratore infedele. Essi non l'avevano gradita molto e dicevano di non averla capita. Quest'altra parabola rafforza la precedente e sottolinea con vigore l'idea che il destino di ognuno è fissato in questa vita dall'uso che si fa della libertà, e in modo particolare nelle varie occasioni che la vita ci presenta. L'uomo ricco rappresenta coloro che fanno un cattivo uso di queste occasioni, mentre Lazzaro personifica invece coloro che, al contrario, se ne servono con intelligenza e bontà. Evidentemente c'è una relazione tra questa vita e quella futura, poiché la prima determina se quella futura sarà eterna e piena di felicità, oppure sarà un momentaneo ritorno alla vita fisica che precede una distruzione irrimediabile e definitiva. È evidente che Gesù non ha voluto parlare dello stato dell'uomo dopo la morte, né dell'epoca in cui saranno distribuite ricompense e punizioni. Quel che bisogna ricordare di questa parabola, come di tutte le altre, sono le grandi lezioni; tutti i particolari devono dapprima essere intesi nel senso del contesto ed in seguito in conformità con l'insegnamento generale della Sacra Scrittura. All'occorrenza, nessun particolare di questa parabola può essere citato in favore della teoria delle pene eterne, poiché la Bibbia sì oppone a questa ideologia come abbiamo visto. - No, non esiste un inferno che sta bruciando gli empi. Questa parola non si trova neppure nella Bibbia. E non ci sono pene eterne. I malvagi sono distrutti completamente alla seconda resurrezione per essere distrutti nello stagno di fuoco, come asserisce la Bibbia. Anche Satana sparisce (Ebrei 2: 14), viene annientato. La morte stessa non è più (Isaia 25:8; Apocalisse 20:14; I Corinzi 15:26): essa viene soppressa per sempre. È l'ultimo nemico, il più terribile, che capitola. E nella ritrovata armonia universale, Dio è tutto in tutti (I Corinzi 15: 28).

Il racconto biblico del dialogo tra Saul e il defunto profeta Samuele sembra avvalorare l’ipotesi, ma le cose non stanno come si crede. La visita di Saul alla donna di En-dor è stato motivo di perplessità per molti studiosi delle Scritture. Alcuni sostengono che Samuele fosse realmente presente durante il colloquio con Saul; la Bibbia in realtà fornisce elementi sufficienti per arrivare a una conclusione opposta. Se, come alcuni sostengono, Samuele fosse stato in cielo, egli sarebbe stato chiamato da lì, o dalla potenza di Dio o da quella di Satana. Nessuno può credere neanche per un momento che Satana abbia avuto la possibilità di chiamare il santo profeta di Dio dal cielo per onorare gli incantesimi di una donna perduta. E non possiamo neanche concludere che Dio lo abbia convocato nella caverna di una strega, perché il Signore sempre si rifiutò di comunicare con Saul per mezzo di sogni, per mezzo dell'urim, o attraverso i profeti (1 Samuele 28: 6). Essendo questi i mezzi di comunicazione di Dio, Egli non li avrebbe trascurati per lasciare un messaggio attraverso un'agente di Satana. Dio non fa nulla in associazione con Satana! Il messaggio in sé contiene prove sufficienti circa la sua origine. Infatti il suo scopo non era quello di condurre Saul verso il pentimento, ma piuttosto quello di accelerarne la rovina; e questo atteggiamento è caratteristico di Satana e non di Dio. Inoltre il fatto che Saul abbia consultato una evocatrice di spiriti, è considerato dalla Scrittura uno dei motivi della reiezione di Saul da parte di Dio e del suo abbandono alla distruzione: « Così morì Saul, a motivo dell'infedeltà ch'egli aveva commessa contro l'Eterno per non aver osservato la parola dell'Eterno e anche perché aveva interrogato e consultato quelli che evocano gli spiriti, mentre non aveva consultato l'Eterno. E l'Eterno lo fece morire, e trasferì il regno a Davide, figliuolo d'Isai » 1 Cronache 10: 13, 14. Qui è esplicitamente detto che Saul evocò gli spiriti e non il Signore. Egli non comunicò con Samuele, il profeta di Dio, ma attraverso l’evocatrice di spiriti entrò in contatto con Satana. Quest'ultimo non potendo far apparire il vero Samuele, ne presentò uno contraffatto, di cui si servì per il suo inganno. - Quasi tutte le forme di stregonerie e spiritismi antichi, sono fondate sulla credenza di un contatto con i morti. I negromanti sostengono di essere in contatto con spiriti di morti, e di poter conoscere attraverso di loro il futuro. Il profeta Isaia fa riferimento a questa pratica affermando: « Se vi si dice: Consultate quelli che evocano gli spiriti e gli indovini, quelli che sussurrano e bisbigliano rispondete: Un popolo non dev'egli consultare il suo Dio? Si rivolgerà egli forse ai morti a favore dei vivi? » Isaia 8: 19. Questa stessa credenza del contatto con i morti costituisce la pietra angolare della idolatria pagana. Dai pagani sono considerati dèi gli spiriti deificati degli eroi deceduti; e quindi la religione dei pagani è un'adorazione dei morti. La Scrittura si pronuncia in maniera chiara a questo proposito: per esempio, in occasione del peccato compiuto a Beth-Peor, quando il popolo d'Israele si era stabilito a Sittim: « e il popolo cominciò a darsi alle impurità con le figliuole di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifizi offerti ai loro dèi, e il popolo mangiò e si prostrò dinanzi agli dèi di quelle. Israele si unì a Baal-Peor... » Numeri 25: 1-3. Il salmista ci dice a quale tipo di dèi venivano sacrificate le offerte; infatti riferendosi allo stesso peccato, afferma: « Si congiunsero anche con Baal-Peor e mangiarono dei sacrifizi dei morti » (Salmo 106: 28), cioè sacrifici che erano stati offerti ai morti. - La deificazione ha un'enorme importanza in quasi tutte le religioni pagane, e inoltre presuppone la comunione con i morti. Si pensava che gli dèi comunicassero la loro volontà agli uomini e che, quando venivano consultati, dessero il loro responso. Erano di questo tipo i famosi oracoli greci e romani. Persino nei paesi che si professano cristiani si crede alla comunione con i morti. Lo spiritismo, che consiste nell'entrare in contatto con esseri che si afferma siano gli spiriti dei defunti, è molto diffuso. Si pensa così di riscuotere la simpatia di coloro che hanno deposto i loro amati nella tomba. Questi esseri spirituali si manifestano alle persone con la sembianza dei loro amici deceduti, raccontano avvenimenti accaduti loro quando erano vivi, e compiono azioni che i defunti facevano quando erano in vita; così facendo inducono molte persone a credere che questi amici morti siano angeli che si librano al di sopra di loro e comunicano con loro. I presunti spiriti dei morti sono oggetto di una certa idolatria, e per molti le loro parole sono più importanti della Parola di Dio. Sono comunque numerosi coloro che considerano lo spiritismo una semplice contraffazione e attribuiscono le manifestazioni su cui esso si basa, e che sono ritenute soprannaturali, all'inganno dei medium. Ma se da una parte è vero che le manifestazioni magiche sono state troppo spesso considerate autentiche, vi sono prove del loro carattere soprannaturale. Sono molti coloro che pur considerando lo spiritismo frutto dell'intelligenza umana o di una astuta volontà, quando si trovano di fronte a manifestazioni che non possono spiegare, sono indotti a riconoscerne le pretese. - Lo spiritismo moderno è una delle forme di stregoneria e idolatria antiche che hanno come loro elemento principale e vitale il contatto con i morti, e che sono fondate sulla prima bugia con cui Satana ingannò Èva in Eden: « No, non morrete affatto; ma Iddio sa che nel giorno che ne mangerete... sarete come Dio » Genesi 3: 4,5. Gli spiritisti assomigliano al padre della menzogna perché basandosi sul falso lo perpetuano. Agli israeliti era stato espressamente proibito di praticare qualsiasi tipo di presunta comunione con i morti. Dio aveva chiuso di fatto quella porta, affermando: « I morti non sanno nulla... Essi non hanno più ne avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole » Ecclesiaste 9: 5, 6. « II suo fiato se ne va ed egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi disegni » Salmo 146: 4. Il Signore aveva anche dichiarato a Israele: « Se qualche persona si volge agli spiriti e agli indovini per prostituirsi dietro a loro, io volgerò la mia faccia contro quella persona, e la sterminerò di fra il suo popolo » Levitico 20: 6. Gli spiriti evocati non sono spiriti dei morti, ma angeli malvagi, messaggeri di Satana. Come possiamo constatare, la Bibbia considera demoniaca l'antica idolatria, che comprende sia il culto dei morti sia la presunta comunione con loro. L'apostolo Paolo, invitando i suoi fratelli a non partecipare in qualsiasi modo all'idolatria dei loro vicini pagani, dice: « Le carni che i gentili sacrificano, le sacrificano ai demoni e non a Dio; or non voglio che abbiate comunione con i demoni » 1 Corinzi 10: 20. Il salmista, parlando d'Israele, dice che «sacrificarono i loro figliuoli e le loro figliuole ai demoni, e sparsero il sangue innocente, il sangue dei loro figliuoli e delle loro figliuole, che sacrificarono agli idoli di Canaan » Salmo 106: 37, 38. Pensando di adorare i morti, essi in realtà adoravano i demoni. Lo spiritismo moderno si basa sullo stesso fondamento: esso è una rinascita, sotto nuova forma, della stregoneria e dell'adorazione dei demoni che Dio ha condannato e proibito. Nelle Scritture si prevede che: « nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori, e a dottrine di demoni » 1 Timoteo 4: 1. Paolo, nella sua seconda lettera ai tessalonicesi sottolinea che uno dei campi in cui Satana sarà particolarmente attivo immediatamente prima del secondo avvento di Cristo, sarà lo spiritismo. Parlando della seconda venuta di Cristo, egli dichiara che Satana agirà « con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi » 2 Tessalonicesi 2: 9. E Pietro, parlando del pericolo a cui sarebbe stata esposta la chiesa negli ultimi giorni, dice che come i falsi profeti portarono Israele a peccare, così vi saranno « falsi dottori che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione, e rinnegando il Signore che li ha riscattati... molti seguiranno le loro lascivie» 2 Pietro 2: 1,2. Ecco la caratteristica principale di coloro che insegnano lo spiritismo: rifiutare di riconoscere Cristo come Figlio di Dio. A proposito di tali insegnanti il diletto Giovanni dichiara: « Chi è mendace, se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Esso è l'anticristo, che nega il Padre e il Figliuolo. Chiunque nega il Figliuolo non ha neppure il Padre » 1 Giovanni 2: 22, 23. Lo spiritismo, negando Cristo, nega sia il Padre sia il Figlio, e la Bibbia lo considera la manifestazione dell'anticristo. Predicendo attraverso la donna di En-dor la condanna di Saul, Satana voleva far cadere in trappola gli israeliti. Sperava che in loro sorgesse la fiducia nell'evocazione degli spiriti e che questo li inducesse a consultare la donna. Se essi avessero abbandonato Dio come loro consigliere, si sarebbero posti sotto la guida di Satana. - Lo spiritismo attrae la gente con la pretesa di essere una potenza che solleva il velo che cela il futuro e rivela agli uomini ciò che Dio ha nascosto. Dio nella sua parola ci ha rivelato i grandi eventi del futuro, tutto ciò che è essenziale conoscere, e ci ha dato una guida sicura per affrontare tutti i pericoli. Uno degli scopi di Satana, invece, è quello di far perdere all'uomo la fiducia in Dio, renderlo insoddisfatto della sua situazione, spingerlo a cercare di scoprire ciò che Dio gli ha saggiamente nascosto, e indurlo a disprezzare ciò che l'Eterno ha rivelato nella sua sacra Parola. Molti quando non possono conoscere gli eventi della loro vita futura, diventano inquieti. Essi non sopportano l'incertezza, e con impazienza rifiutano di aspettare la manifestazione della salvezza di Dio. L'avvenire li inquieta ed essi danno via libera ai loro sentimenti ribelli, e angosciati si affannano per cercare di capire ciò che non è stato loro rivelato. Se solo confidassero in Dio e vegliassero in preghiera, troverebbero la consolazione divina; i loro animi sarebbero calmati dalla comunione con Dio; se solo andassero a Gesù, lo stanco e l'abbattuto troverebbero il riposo dell'anima; ma quando negligono i mezzi che Dio ha provveduto per consolarli, e nella speranza di conoscere ciò che Dio ha nascosto si volgono altrove, commettono l'errore di Saul e alla fine fanno solo un'esperienza con il male. Dio ha affermato in modo molto esplicito di non rallegrarsi con coloro che hanno questo atteggiamento. Infatti chi con impazienza cerca di sollevare il velo che gli nasconde il futuro, dimostra di avere poca fede, e si espone alle suggestioni del maestro degli ingannatori. Satana invita gli uomini a consultare coloro che evocano gli spiriti, e rivelando le cose nascoste del passato fa credere che egli conosca il futuro. Forte dell'esperienza acquisita nel corso dei secoli, Satana, sulla base del rapporto di causa ed effetto può predire con notevole precisione alcuni eventi futuri della vita umana. Per questo riesce a ingannare le persone semplici e mal guidate e a sottometterle alla sua volontà. Dio ci ha dato degli avvertimenti tramite i suoi profeti: « Se vi si dice: Consultate quelli che evocano gli spiriti e gli indovini, quelli che sussurrano e bisbigliano, rispondete: Un popolo non deve egli consultare il suo Dio? Si rivolgerà egli ai morti a pro dei vivi? Alla legge! Alla testimonianza! Se il popolo non parla così non vi sarà per lui alcuna aurora » Isaia 8:19,20. Coloro che hanno un Dio santo, infinitamente saggio e potente, si recheranno forse dai maghi le cui conoscenze derivano dal loro rapporto con il nemico del nostro Signore? Dio stesso è la luce del suo popolo che invita a fissare lo sguardo con fede sulle glorie velate agli occhi umani; Sole di giustizia ne illumina i cuori con i raggi che provengono dal trono di Dio, tanto che i figli di Dio non desiderano più abbandonare la fonte della luce per seguire i messaggeri di Satana. Il messaggio rivolto dal demone a Saul, pur essendo una denuncia del peccato e una profezia che annunciava la punizione, non era inteso a cambiare l'animo del re, ma a votarlo alla disperazione e alla rovina. Comunque il tentatore raggiunge più facilmente i suoi propositi di distruzione adescando gli uomini con l'adulazione. - Anticamente l'insegnamento delle divinità demoniache favorivano le più basse passioni. Allora i precetti divini di condanna del peccato che consolidavano la giustizia erano trascurati; la verità veniva considerata con leggerezza, e non solo si permettevano le impurità, ma si provava piacere in esse. Lo spiritismo afferma che non esiste ne morte, ne peccato, ne giudizio, ne retribuzione, che gli uomini sono semidei non decaduti, che la legge suprema è il desiderio, e che l'uomo ha delle responsabilità solo verso se stesso. Le barriere che Dio ha eretto per proteggere la verità, la purezza e il rispetto vengono infrante, incoraggiando molti a cadere nel peccato. Tali insegnamenti non suggeriscono forse un'origine simile a quella del culto demoniaco? Attraverso le abominazioni dei cananei, il Signore presentò agli israeliti le conseguenze della comunione con gli spiriti maligni: i cananei erano persone senza affetto, erano idolatri, adulteri, assassini, corrotti da ogni tipo di pensiero impuro e da pratiche impure. L'uomo non conosce il proprio cuore, perché « il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno » (Geremia 17:9), ma Dio comprende le tendenze depravate della natura umana. Satana in quel tempo, come del resto ora, si adoperava affinché si verificassero le condizioni favorevoli alla ribellione, in modo che il popolo d'Israele potesse diventare per Dio così ripugnante come lo erano i cananei. L'avversario dell'uomo è sempre all'erta per scaricare su di noi mali inarrestabili, per rovinarci, condannarci davanti a Dio. Satana era deciso a mantenere il possesso della terra di Canaan; e quando essa divenne la dimora dei figli d'Israele, e la legge di Dio divenne legge di quella terra, provò per Israele un odio profondo e maligno, tanto da tramarne la distruzione. Attraverso l'azione di spiriti malvagi, vennero introdotte divinità estranee, e in seguito alla trasgressione il popolo eletto fu alla fine disperso lontano dalla terra promessa. Oggi Satana cerca di ripetere la stessa storia. Mentre Dio cerca di liberare il suo popolo dalle abominazioni del mondo, in modo che possa osservare la sua legge, l'ira dell'« accusatore dei nostri fratelli » non conosce soste. « II diavolo è sceso a voi con gran furore sapendo di non aver che breve tempo » Apocalisse 12: 10, 12. La vera Terra promessa è proprio davanti a noi, e Satana è determinato a distruggere il popolo di Dio privandolo di ciò che dovrà ereditare. L'avvertimento « Vegliate e pregate affinché non cadiate in tentazione » (Marco 14: 38), non è stato mai così necessario come ora. Le parole che il Signore rivolse all'antico Israele sono valide anche per il suo popolo della nostra epoca: « Non vi rivolgete agli spiriti, ne agl'indovini; non li consultate »; « perché chiunque fa queste cose è in abominio all'Eterno » Levitico 19: 31; Deuteronomio 18: 12.

II nostro mondo è in piena confusione e gli esseri umani sono la causa principale di questo caos, perché siamo diventati creature smarrite ed egoiste la cui natura è fondamentalmente orientata verso il male. Per quanto possiamo illuderci di proseguire verso il progresso e il costante miglioramento, la storia del secolo scorso non è molto incoraggiante. E oggi, che non è ancora trascorso un quarto del nuovo millennio, non possiamo dire che le cose siano migliorate. Se il passato è precursore del futuro, per citare un famoso aforisma di Winston Churchuil, tutto quello che possiamo aspettarci è «sangue, fatica, lacrime e sudore». Ma non tutto è perduto. Al contrario, Gesù Cristo è morto per i nostri peccati e per mezzo della sua morte abbiamo la promessa della salvezza, della redenzione e del rinnovamento di tutte le cose. «Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più» (Ap 21:1). Non siamo stati abbandonati, costretti a badare a noi stessi nella distesa infinita di un cosmo manifestamente freddo e indifferente. Non potremmo mai farcela, le forze schierate contro di noi sono troppo più potenti ed è per questo che Dio, prima ancora di creare il mondo, ha concepito il piano della salvezza per venirci in aiuto e realizzare quello che non saremmo mai stati in grado di fare con le nostre sole capacità. - DIO HA CREATO L'UOMO E LA DONNA COME ESSERI LIBERI L'annosa questione che l'uomo si pone da sempre è questa: «Da dove proveniamo?». Nei primi due capitoli della Bibbia (in realtà, in tutta la Scrittura) troviamo la risposta a quella che molti considerano la domanda più importante che una persona si possa porre. Dopo tutto, solo conoscendo le nostre origini possiamo avere qualche probabilità di capire chi siamo veramente, perché esistiamo, come dobbiamo vivere e qual è il nostro destino. Nel racconto della creazione dell'essere umano emergono notevoli differenze se paragonate con quelle di altre cose descritte nel testo. 1. L'uomo e la donna sono stati creati per ultimi, dopo tutte le altre creature. Davanti ai loro occhi si aprì l'intero cosmo, da studiare e di cui aver cura. 2. La modalità divina per la creazione dell'uomo e della donna differisce da quella utilizzata per gli altri esseri viventi. Fino a quel punto l'ordine divino era «sia fatto» (la luce, il firmamento, le acque, i pesci e gli uccelli, gli animali, ecc.). Ora il comando si trasforma in consultazione: «Facciamo l'uomo...». Le tre persone che compongono la divinità - il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo - si consultano a tal proposito. Sebbene questi due capitoli descrivano la creazione della terra e delle creature che la abitano, senza tema di smentita si può dire che l'argomento principale è la creazione del genere umano. 3. L'uomo e la donna sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio, concetto escluso per circa ogni altra cosa creata. Anche se il testo non specifica cosa significhi essere creati a immagine e somiglianza di Dio, è evidente che in qualche misura gli esseri umani riflettevano il carattere del loro Creatore. Poiché l'umanità possiede una capacità morale assente nelle altre creature (le farfalle possono essere belle, ma non dibattono su che cos'è giusto o sbagliato), essere fatti a immagine e somiglianzà di Dio vuole sicuramente dire che, almeno in parte, gli uomini devono rispecchiare il suo carattere morale. 4. All'uomo e alla donna è stato affidato il dominio sul resto del creato, per rappresentare Dio sulla terra. Questa chiamata implica la responsabilità. Gli esseri umani di cui si parla nel primo capitolo della Genesi non sono soli. La nostra esistenza è in stretta relazione con Dio. - LIBERO ARBITRIO Nel racconto della creazione compare anche l'avvertimento divino che dice di non mangiare dall'albero della conoscenza del bene e del male: “Dio il Signore prese dunque l' uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. Dio il Signore ordinò all'uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell' albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai». Genesi 2:15-17 Fin da subito, possiamo cogliere l'elemento morale richiesto al genere umano e non previsto per nessun'altra creatura. Come si evince, la capacità del discernimento morale è uno dei mezzi attraverso il quale l'uomo manifesta l'immagine e la somiglianza con Dio. Dio avrebbe potuto creare esseri umani che rispettassero automaticamente la sua volontà. Altri elementi del creato, come la luce, il sole, la luna e le stelle, rispondono proprio a questo presupposto. Ubbidiscono a Dio senza alcuna possibilità di scelta. Adempiono la sua volontà in modo automatico mediante le leggi naturali che ne guidano l'azione. Ma la creazione dell'uomo e della donna è stata qualcosa di speciale. Dio li ha creati per se stesso, voleva che fossero in grado di prendere le loro decisioni, di scegliere se adorarlo spontaneamente senza alcuna costrizione. Altrimenti non lo avrebbero potuto amare, perché il vero amore, per essere tale, deve essere corrisposto liberamente. Per la natura stessa della sua origine, il libero arbitrio dell'uomo viene protetto e rispettato da Dio che, pur essendo Creatore, non interferisce con le scelte più profonde e durature di uomini e donne. Quelle sbagliate hanno conseguenze, talvolta davvero terribili, ma è in contrasto con il carattere del Signore forzare per ottenere fedeltà e ubbidienza. Il principio del libero arbitrio ha tre importanti implicazioni: a. Nel campo della religione: un Dio onnipotente non indirizza unilateralmente la volontà e le scelte individuali. b. Nel campo dell'etica: gli individui saranno moralmente tenuti a rispondere delle loro azioni. c. Nel campo della scienza: le azioni del corpo e della mente non sono totalmente determinate dal principio di causa ed effetto. Le leggi fisiche sono coinvolte nel nostro comportamento, ma il libero arbitrio fa sì che ciascuno di noi abbia la possibilità di scegliere come agire, sopratutto, dal punto di vista morale. «La donna osservò l'albero: i suoi frutti erano certo buoni da mangiare; era una delizia per gli occhi; era affascinante per avere quella conoscenza. Allora prese un frutto e ne mangiò. Lo diede anche all'uomo ed egli lo mangiò. I loro occhi si aprirono e si resero conto di essere nudi. Perciò intrecciarono foglie di fico intorno ai fianchi» (Gn 3:6,7) Mangiare un piccolo frutto non era un atto peccaminoso in sé. Tuttavia, dobbiamo considerare le circostanze all'interno delle quali si è consumato. Adamo ed Èva erano creature dotate di libero arbitrio, fatte a immagine di Dio. Avevano tra l'altro la libertà, ma anche il dovere, di attenersi alla volontà espressa da Dio. Mangiarono il frutto non per pura necessità, ma per scelta. Fu la conseguenza della loro libera volontà che andò a sfidare le chiare e precise disposizioni divine. Allo stesso modo, anche noi siamo tenuti a scegliere liberamente se seguire Dio o meno, se amare o respingere la sua Parola. Egli non ci costringerà mai a ubbidirgli e nemmeno ad amarlo. Dio consente a ciascuno di noi di scegliere autonomamente il percorso da intraprendere ma, alla fine, dobbiamo essere preparati a convivere con le conseguenze che ne deriveranno. In realtà mangiando il frutto Adamo ed Èva comunicarono a Dio che egli non era un perfetto legislatore. La sua sovranità era stata sfidata. La coppia si rivelò disubbidiente, per questo Dio estese il peccato e la morte a tutto il genere umano. «Perciò Dio il signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d'Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita» (w. 23,24). Adamo ed Eva dovevano abbandonare il giardino: era una conseguenza necessaria, eppure misericordiosa. Il Signore non avrebbe consentito all'umanità ribelle l'accesso all'albero della vita. Con amorevole cura egli tenne lontani Adamo ed Èva dal frutto che li avrebbe resi immortali e che avrebbe reso eterna la condizione terribile nella quale erano finiti per via del peccato (prova a immaginare una vita eterna in un mondo così intriso di dolore, sofferenza e malvagità come quello attuale). La coppia fu cacciata dal giardino e costretta a lavorare la terra in modo più difficile e faticoso (w. 23,24). - L'INIZIATIVA DIVINA PER SALVARE L’UOMO DALLE CONSEGUENZE DEL PECCATO La Scrittura mostra che subito dopo il peccato dei nostri progenitori, Dio prese l'iniziativa di andare a cercarli, e non viceversa. Anzi, l'uomo e la donna si sotrassero dalla vista del Signore. Quale metafora efficace per l'umanità smarrita: scappare da colui che la cerca, l'unico che possa offrirle la salvezza! Adamo ed Eva si nascosero nel giardino e le persone continuano a farlo oggi, sempre che non si arrendano al convincimento dello Spirito Santo. Per grazia, Dio non ha ripudiato la coppia originale, e non ripudia nemmeno noi oggi. Da quando pose la domanda: «Dove siete?» nell'Eden (3:9) fino a oggi, egli continua a chiamarci. “Grazie all'incomparabile dono di suo Figlio, Dio ha avvolto il mondo in un'atmosfera di grazia che non è meno concreta dell'aria che circonda il nostro pianeta. Tutti coloro che scelgono di respirare in questo ambiente vivificante, vivranno e si svilupperanno fino a raggiungere l'ideale di maturità che Cristo ha annunciato” - E.White SC. La principale rivelazione dell'amore redentivo di Dio, si coglie nell'incarnazione e nel ministero di Gesù, il quale è venuto su questa terra per compiere tante cose - annientare Satana, rivelare il vero carattere del Padre, dimostrare che le accuse dell'avversario sono false e che si può osservare la legge di Dio - ma la ragione principale è stata quella di morire sulla croce al posto dell'umanità, per salvarla dalla conseguenza ultima del peccato, la morte eterna. “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per Noi”. Era quello che occorreva “affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio in lui”. Questo concetto è stato definito «il grande scambio»: Gesù si carica delle nostre trasgressioni e delle nostre sofferenze per far sì che noi peccatori possiamo essere dichiarati giusti davanti a Dio come Gesù stesso. 2 Corinzi 5:21 - LA MISSIONE DI CRISTO consiste nell'iniziativa divina di salvare l'umanità perduta. La missione salvifica di Dio è motivata dall'amore per ciascuno di noi. Non esiste altra ragione più profonda; Dio ha inviato Cristo nel mondo per portare la salvezza al mondo intero. Nel solo vangelo di Giovanni sono contenute oltre 40 dichiarazioni relative alla dimensione cosmica della missione di Gesù (cfr. 3:17; 12:47). Se il Padre manda Cristo a salvare il mondo, questi, a sua volta, invia i suoi discepoli con queste parole: “Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi” (Gv 20:21). Le metafore del sale e della luce esprimono le funzioni vitali dell'influsso cristiano nel genere umano. Se il sale opera internamente, unendosi al cibo con cui entra in contatto, la luce agisce esternamente illuminando tutto ciò che raggiunge. Il termine «terra» nella metafora del sale si riferisce agli uomini e alle donne con i quali ci si aspetta che i cristiani si mescolino, mentre il termine «luce del mondo» indica un contesto di persone nelle tenebre che necessitano di illuminazione. Il popolo di Dio fu incoraggiato a praticare i princìpi morali e le regole sanitarie date loro da Dio. Dovevano essere una luce, illuminare e attrarre: “voglio fare di te la luce delle nazioni” (Is 49:6). La loro esistenza come popolo in condizioni di salute, prosperità e lealtà al sabato di Dio e ad altri comandamenti avrebbe comunicato alle nazioni circostanti l'azione potente del Creatore, concretizzatasi con la creazione e la redenzione. Quelle nazioni, incuriosite dalla prosperità di Israele, si sarebbero avvicinate per apprendere gli insegnamenti del Signore (o comunque, questa era l'idea). Quando Gesù è venuto, anch'egli ha parlato del sale, altro mezzo per testimoniare. I cristiani, con il loro influsso, devono tenere a freno la corruzione nel mondo. I non credenti spesso si trattengono dall'agire in modo malvagio grazie a una coscienza morale riconducibile all'azione misteriosa dello Spirito Santo e all'influsso cristiano. I credenti non solo esercitano un ascendente positivo sul mondo corrotto con la loro presenza, ma si mescolano con la gente per condividere il messaggio cristiano della salvezza. La missione salvifica è un'iniziativa del Dio trinitario ed è prevalentemente collegata a Gesù Cristo, la cui incarnazione è fondamentale per la fede e la missione cristiane. Con la sua vita e la sua morte, Gesù ha preparato la strada alla salvezza di tutta l'umanità. Noi, in qualità di suoi discepoli e missionari, dobbiamo fare in modo che gli altri conoscano la buona notizia delle cose belle che Cristo ha fatto per tutti gli uomini e le donne della terra. “La chiesa di Cristo sulla terra è stata organizzata per scopi missionari e il Signore desidera vedere la chiesa nella sua totalità, elaborare mezzi e strategie grazie alle quali il colto e l'umile, il ricco e il povero potranno udire il messaggio della verità. Non tutti sono chiamati a predicare nei territori missionari, ma tutti possono fare qualcosa con le loro preghiere e i loro doni per sostenere l'opera missionaria» - 6T, p. 29.

"Poiché egli ha posto in me il suo affetto, io lo salverò; lo proteggerò, perché conosce il mio nome." Salmi 91:14 - Quando leggiamo la Bibbia, spesso dimentichiamo che è stata scritta da uomini orientali con sensibilità e stili narrativi molto diversi da noi occidentali. Gli orientali colgono l'insieme di un fatto, non è così per noi occidentali che avvertiamo la necessità di analizzare anche ogni dettaglio e sfumature. Esempio, quando Mosè descrive l'atto creativo di Dio si pone come un cronista che coglie l’avvenimento. Descrive il fatto straordinario che Dio crea dal nulla, non fa l’indagine scientifica su "come" Dio crea. Per la mente analitica degli occidentali è giusto il contrario. Noi poniamo molti interrogativi sul ”come”che stimolano approfondite analisi. Questo non deve meravigliarci, del resto sappiamo bene come dinanzi a una tragedia, ad esempio, gli uomini e le donne di tutto il mondo reagiscono in maniera diversa; solitamente gli uomini colgono l’entità dei danni materiali e come risolvere il problema, le donne colgono immediatamente la sofferenza, il dolore, la disperazione. Questa breve introduzione per dire come sia necessario muoversi con prudenza nell’ambiente biblico per non saltare a conclusioni affrettate. La Bibbia non è un libro scientifico, parla di scienza, ma non ha la pretesa di spiegare questi fatti. Parla di realtà ultraterrene, come la resurrezione, la divinità, ma non spiega come siano possibili. Offre immagini verbali, ma senza le note esplicative che spiegano come sono possibili e come funzionano quelle realtà. Lo scopo delle Scritture non è quello di erudire l’uomo, ma di alimentare la fede in Dio. Quindi non bisogna chiedere alla Bibbia quello che non è; e nemmeno farle dire quello che non ha chiaramente detto. La tendenza umana di “inserire” il proprio pensiero è sempre presente, soprattutto quando si è mossi dai preconcetti, o quando si vuole dare una spiegazione in qualunque modo. - Sul nome di Dio sono fatte delle conclusioni che rispondono alla logica umana, ma non è detto che corrispondano a quella divina! Quando Mosè in presenza del pruno ardente chiede qual è il nome di Dio, riceve la risposta che leggiamo in Esodo 3:13-14 - “Mosè disse a Dio: «Ecco, quando sarò andato dai figli d'Israele e avrò detto loro: "Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi", se essi dicono: "Qual è il suo nome?" che cosa risponderò loro?» Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "l' IO SONO mi ha mandato da voi"». - Nella circostanza richiamata, Mosè non chiede di sapere il puro e semplice nome di Dio che fosse a loro ignoto, ma piuttosto il profondo significato di un nome già noto “Il Dio dei vostri padri”. La risposta “Io sono quegli che sono”, indica l’auto-rivelazione di Dio, la peculiare caratteristica di un Dio che possiede in se l’esistenza, e che per esistere non dipende da nessuno. Con tale presupposto Dio fa sapere a Mosè e al popolo di essere assolutamente degno di fede e abbastanza potente da liberare il suo popolo dalla potenza di Faraone. - Il nome con il quale Dio chiede di essere riconosciuto è semplicemente “il Signore”. “Io apparvi ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe, come il Dio onnipotente; ma non fui conosciuto da loro con il mio nome di Signore.” Esodo 6:3 Questa dichiarazione di Dio “Il mio nome di Signore”chiarisce il problema. In un pantheon di falsi dei il nome proprio ha significato per distinguere gli uni dagli altri di medesimo valore. Ma trattandosi del vero Dio, il solo Dio, Eterno e Creatore, il Signore non ha bisogno di distinguersi con un nome proprio. Egli è unico! E’ il Signore! - Se il tetragramma ebraico YHWH, con il quale L’Eterno Iddio Creatore si è presentato a Mosè risulta impronunciabile dal momento che manca di vocali, significa che il Signore intende con questo impedimento dare un messaggio preciso. E cioè che cosa più importante è la sua qualità divina che lo distingue da tutte le false divinità che gli uomini si sono inventati. Il tetragramma ebraico sacro YHWH è reso pronunciabile solo perché tra le consonanti sono state inserite le vocali di Adonai: YaHWeH, traslitterato poi in Yahweh. Quindi si tratta di un’operazione umana. Se il Signore Dio avesse voluto qualificarsi con un nome proprio chiaro e tondo lo avrebbe fatto certamente. Ma così non è. L’ostinazione di quanti vogliono per forza dare al Creatore un nome proprio non è secondo la volontà del Signore. Per gli orientali, e segnatamente per il popolo ebraico, conoscere il nome non ha lo stesso significato anagrafico che noi occidentali attribuiamo. Per gli Ebrei non si trattava di avere un’informazione anagrafica, ma quello di conoscere il carattere della persona che lo portava. Nella cultura ebraica, il nome presentava il carattere della persona. Ad esempio Isacco pose il nome Giacobbe al figlio minore, che significa il soppiantatore. Mosè, significa salvato dalle acque, e via dicendo. Gesù non si è dato il compito di far conoscere il nome anagrafico di Dio, ma la sua natura che è amore. Del resto lui stesso ha dichiarato chi ha visto me ha visto il padre, intendendo dire, chi ha visto il mio carattere ha visto (conosciuto) il Padre. Se così non fosse bisognerebbe affermare che il nome vero di Dio è Gesù Cristo! Il che è fuori di ogni logica e contraddice il castello messo in piedi dai Testimoni di Geova. "Poiché egli ha posto in me il suo affetto, io lo salverò; lo proteggerò, perché conosce il mio nome." Salmi 91:14 Conoscere il nome di Dio indica una conoscenza che va oltre il dato anagrafico, perché anche i demoni temono Dio, e tuttavia sono versati nel male. Nella Bibbia, il verbo conoscere riferito a Dio, intende acquisire la nozione della sua realtà e santità. Denota avere un dialogo riverente, e tuttavia fiducioso e familiare. La conoscenza del nome di Dio presuppone avere in mente la sua attività, il suo pensiero, il suo amore per l'uomo e la sua giustizia. In altre parole, conoscere il nome di Dio implica conoscere il suo carattere. - L'illustrazione più evidente e completa del carattere di Dio che è concesso di sapere è reso manifesto nella persona di Gesù Cristo, il figlio di Dio, il solo che lo ha rivelato: "Gesù disse: ..Chi ha visto me, ha visto il Padre". Giovanni 14:9 "Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l' ha fatto conoscere." Giovanni 1:18 Nella vita del Salvatore vediamo l’illustrazione più completa e veritiera del carattere di Dio. Quello che Cristo ha insegnato, la sua pietà per l’umana sofferenza e la sua determinazione nel tracciare una separazione netta tra la verità e l’errore, costituiscono i tratti salienti del carattere di Dio. Nel contemplare il carattere del figlio di Dio, l’Apostolo Giovanni riassunse in una parola l’essenza di questa conoscenza, affermando: Dio è amore! Amore per l’uomo e amore per la giustizia e la verità. La tendenza umana a disunire le leve di questo amore, privilegiando uno solo di essi, è causa delle molte incomprensioni su Dio e ha dato la stura a pericolose illusioni e inganni diabolici.

Tradizionalmente, i cattolici vedono nella donna di Apocalisse 12 la Madonna in quanto si ispirano a una lettura devozionale del testo. Tuttavia gli esperti cattolici hanno abbandonato questo tipo di lettura e oggi concordano con l’interpretazione esegetica del testo che vede nella donna il popolo di Dio. - Nelle visioni di Giovanni, che va ricordato è un ebreo cresciuto nella cultura ebraica, la donna rappresenta la continuità di quanto avevano visto e annunciato i profeti dell’Antico Testamento, vale a dire il popolo di Dio: “Esulta, o sterile, tu che non partorivi! Da' in grida di gioia e rallégrati, tu che non provavi doglie di parto! Poiché i figli dell'abbandonata saranno più numerosi dei figli di colei che ha marito”, dice il Signore.” Isaia 54:1 “Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria del Signore è spuntata sopra di te! Infatti, ecco, le tenebre coprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su di te sorge il Signore e la sua gloria appare su di te. Le nazioni cammineranno alla tua luce, i re allo splendore della tua aurora. Alza gli occhi e guardati attorno; tutti si radunano e vengono da te; i tuoi figli giungono da lontano, arrivano le tue figlie, portate in braccio.“ Isaia 60:1-4 - Quindi la donna nell’Apocalisse rappresenta il popolo di Dio attraverso le fasi alterne della storia e in particolare quella degli ultimi tempi. Va detto che nell’Apocalisse si parla di due donne ben distinte, ciascuna con caratteristiche morali e spirituali opposte. La prima è indicata come una prostituta che domina la scena terrena e corrompe la spiritualità del popolo di Dio. Quindi rappresenta la chiesa infedele, apostata, idolatra e persecutrice. “Egli mi trasportò in spirito nel deserto; e vidi una donna seduta sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia, e che aveva sette teste e dieci corna.” Apocalisse 17:3 “La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d' oro, di pietre preziose e di perle. In mano aveva un calice d' oro pieno di abominazioni e delle immondezze della sua prostituzione. “ Apocalisse 17:4 “E vidi che quella donna era ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Quando la vidi, mi meravigliai di grande meraviglia.” Apocalisse 17:6 - La seconda donna, quella di Apocalisse 12 a differenza della prima si muove nello spazio, rivestita della luce solare, in un contesto di astri luminosi risplendenti che sottolineano l’opera del Creatore. “Poi un grande segno apparve nel cielo: una donna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Apocalisse 12:1-2 Questa donna rappresenta il popolo di Dio nell’attesa messianica. - Per quale motivo questa donna non potrebbe assolutamente rappresentare la Madonna? La ragione più evidente viene rivelata dal versetto 17 in cui si legge: “Allora il dragone s'infuriò contro la donna e andò a far guerra a quelli che restano della discendenza di lei che osservano i comandamenti di Dio e custodiscono la testimonianza di Gesù.” Apocalisse 12:17 Se la discendenza della “Madonna” osserva tutti i dieci comandamenti di Dio e custodisce la testimonianza di Cristo (obbedienza solo a Dio), evidentemente non può rappresentare la sua discendenza, in quanto Maria Vergine è simbolo di una chiesa che non osserva tutti i dieci comandamenti e tantomeno possiede la fede di Gesù, poiché ha tolto dai dieci comandamenti originali il secondo che proibisce di adorare le statue e di rendere un culto idolatrico; e ancora ha tolto dal decalogo il quarto comandamento che ordina l’osservanza del Sabato biblico sostituendolo con la domenica, una festività di origine pagana. E cosa ancora gravissima insegna ad aver fede in madonne, santi e papi… - Il fatto che Satana fa guerra a questo rimanente irriducibile, dimostra che non vi è nessuna relazione tra l’idea cattolica della Madonna e le Sacre Scritture. L’evidenza mostra che la religione della Bibbia non va giudicata con idee campate in aria e confuse, ma con argomentazioni chiare e oneste. Non bisogna confondere e mettere sullo stesso piano un ragionamento che brilla di chiarezza con uno che manca di prova certa. Per questo la chiarezza illumina alcuni e la confusione oscura altri.

Siamo liberi di scegliere oppure destinati a ubbidire senza possibilità di scelta? La dottrina della predestinazione, nella sua generalità, non è biblica, ma nasce nel mondo antico ad opera degli Stoici, i quali sostenevano che gli uomini fossero soggetti a un fato scritto dagli dèi. Lo stoicismo costituiva una corrente filosofica e spirituale, di impronta razionale e panteista, con orientamenti cinici, la cui essenza precisò Seneca: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” -Il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è riluttante-. Lo stoicismo fu abbracciato da numerosi filosofi sia Greci e Romani, fondendosi presso questi ultimi nella morale e nella religiosità pagana. In seguito penetrò nel cristianesimo e fu sviluppata e consolidata come dottrina dell’elezione. In anni recenti, la cultura italiana è stata attraversata da questa corrente di pensiero sul tema della predestinazione e del libero arbitrio, che è sfociata in numerose produzioni librarie e poi cinematografiche, concentrando l’attenzione sulla figura di Giuda in particolare. In queste produzioni del tutto originali, si sostiene che Giuda ha svolto un ruolo determinante nella vita del Salvatore, affermando che era indispensabile che un discepolo lo tradisse affinché Cristo morisse sulla croce. Di recente Corrado Augias, personaggio molto noto nel mondo dell’informazione, ha scritto un libro di 252 pagine dal titolo “Le ultime diciotto ore di Gesù”, editrice Enaudi, in cui fa una narrazione romanzata della morte in croce di Gesù Cristo, che ha visto coinvolti nella vicenda il procuratore Ponzio Pilato, il discepolo Giuda, il re Erode Antipa, ed altri. Si tratta di un libro in cui l’autore mette in discussione la narrazione evangelica sulla morte in croce di Cristo; in cui entra ed esce dalla storia, e dove fa parlare i personaggi coinvolti con la morte di Cristo. In questo racconto come in altre produzioni si sostiene che Giuda si è fatto carico di questo terribile compito assegnatogli da Cristo stesso, per cui si afferma che va a costui il merito di essersi sacrificato per il bene dell’umanità! Si dibatte che questo discepolo era stato predestinato a questo ingrato compito, e quindi non avrebbe potuto fare diversamente, neppure se si fosse opposto con la sua volontà. Questo discutere riporta all’attenzione il tema del libero arbitrio. - Siamo liberi di scegliere oppure destinati a ubbidire senza possibilità di scelta? Una questione che lascia perplessi, ed è comprensibile soprattutto se vengono citati dei testi biblici come quelli di Genesi 25:23 “il maggiore servirà il minore” Esodo 7:2-3, 13;“Io farò in modo che il faraone non ceda”, ed altri negli scritti dell’Apostolo Paolo che prenderemo in esame. Se le cose stessero come si dice, Dio avrebbe violato la libertà dell’uomo, destinando alcuni alla perdizione e altri alla salvezza. In altre parole non è salvato chi lo desidera, ma solo chi viene predestinato. Inoltre viene messo in discussione il carattere di Dio che risulterebbe insensibile e opportunista! Cosa assurda perché tutta la Scrittura testimonia che Dio è giusto e non utilizza mezzi sleali per adempiere i suoi propositi. Il Signore non fa nulla in società con il diavolo! Evidentemente queste dichiarazioni della Bibbia vanno analizzate nel loro contesto. Vediamo dunque in che modo si esplica la sovranità di Dio, e in che modo implica la libertà umana. Secondo il dizionario predestinare significa “Predisporre il corso della vita umana, che è proprio di Dio.” Come si comprende questo significato è una eredità del mondo antico. - Nel Nuovo testamento si parla di predestinazione nei testi di: Romani 8: 29-30 “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati.” Efesi 1:4-12 “In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio. In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha riversata abbondantemente su di noi dandoci ogni sorta di sapienza e d' intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra. In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà, per essere a lode della sua gloria; noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.” Questi testi sembrano provare che Dio destina alcuni alla perdizione, altri alla salvezza, senza considerare i sentimenti della persona. Ma il contesto mostra che Paolo non insegna che Dio include o esclude in forma capricciosa. Il senso di queste sue affermazioni sono inclusive! I sentimenti di Dio riguardo l’umanità sono di voler salvare ogni uomo 1 Tim 2:3-4 “Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità.” 2 Pietro 3:9 “Il Signore non ritarda l' adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento.” Dio non ha decretato che certe persone debbono perdersi; un simile decreto negherebbe lo scopo del Calvario, in quanto Cristo morì per tutti. Giovanni 3:16 “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” - La volontà dell’uomo è il fattore determinante del suo destino. Nella Bibbia i risultati della libertà umana, del libero arbitrio, vengono descritti come atti di UBBIDIENZA o DISUBBIDIENZA. Deut 30:19 “Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza”. Il fatto che Dio nella sua onniscienza prevede quello che avverrà all’uomo non influenza e non determina quello che sarà. La predestinazione Biblica, contrariamente a quella stoica, consiste nel proposito effettivo di Dio, secondo il quale coloro che credono in Cristo e desiderano accoglierlo come personale Salvatore sono salvati. Giovanni 1:12 “ma a tutti quelli che l' hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome”. Che significa quando la Scrittura dice che Dio amò Giacobbe e respinse Esaù? Rom 9:11-18 “Dio disse a Rebecca: il maggiore servirà il minore.. Ho scelto Giacobbe e non Esaù” Ciò dimostra che Dio ha il suo progetto per scegliere gli uomini: la sua scelta non dipende dalle loro opere, ma da lui che chiama. Dovremmo dunque affermare che Dio è ingiusto? No di certo! Perché egli dice a Mosè: “Avrò pietà di chi vorrò avere pietà; e avrò compassione di chi vorrò avere compassione”. Tutto dipende da Dio che ha misericordia, e non da ciò che l’uomo vuole o si sforza di fare. Nella Bibbia Dio dice al faraone: Proprio per questo ti ho fatto diventare re, per mostrare in te la mia potenza e far conoscere il mio nome su tutta la terra. Dio ha dunque pietà di chi vuole, e indurisce il core a chi vuole”. Il contesto di questi passi mostra che la preoccupazione di Paolo si concentra sul concetto di “MISSIONE” e non di “SALVEZZA”! La redenzione è per tutti, però Dio sceglie certe persone affinché svolgano una missione specifica, un ruolo particolare in un tempo specifico, come chiamare profeti, messaggeri, apostoli e laici. La salvezza era disponibile sia a Giacobbe che a Esaù; ma Dio scelse Giacobbe per stabilire quella linea di discendenza attraverso la quale avrebbe fatto conoscere la salvezza a tutto il mondo. Il Creatore esercita il governo dell’universo definendo la sua strategia per salvare l’uomo. E quando indurì il cuore di Faraone afferma semplicemente che l’Eterno diede credito a questo sovrano affinché facesse quello che il medesimo desiderava fare: opporsi al Dio degli odiati ebrei! Così come è stato per Giuda. Il Signore Gesù concesse al discepolo di fare quello che il medesimo aveva deciso di fare: tradire il maestro! Questa concessione non implica che lo abbia ordinato Dio! Come una fotocamera registra una scena senza cambiarla, così Dio contempla il futuro senza alterarlo. - Una questione che si inserisce in questo esame è quello delle preghiere fatte per qualcuno. La Scrittura ci esorta a pregare gli uni per gli altri, ma in che modo il Signore agisce pur rispettando la libertà dell’uomo?? Giacomo 5:16 “Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia.” Quando noi preghiamo per una persona che sta attraversando un periodo difficile di salute fisica o morale o spirituale, il Signore agisce rispettando la libertà dell’uomo. Come si è visto dai testi della Scrittura, Dio non forza la volontà dell’uomo, tuttavia in risposta al nostro interesse manifestato e attraverso le nostre intercessioni il suo Spirito agisce in favore della persona. Egli può respingere le forze del male in modo tale che coloro per cui preghiamo potranno scegliere per il bene, circondati da un’atmosfera positiva. La società umana è impegnata in un aspro conflitto con le forze del male per il controllo della mente umana. Satana fa da padrone in un mondo che subisce la sua violenza. - Ogni ambito dell’esistenza mostra i segni dolorosi della sua baldanza e della sua arroganza. Quando penso a questo mi ricordo della compassione che Cristo ha mostrato per la nostra umanità: “vedendo le folle egli ne ebbe compassione…” Ripenso anche alla sua determinazione coraggiosa: “io sono venuto per dare la mia vita quale prezzo di riscatto per la vostra… ” Un dono disponibile per tutti. Questo riempie il mio cuore di gioia, di gratitudine e di certezza di fede. Anche se viviamo in un mondo dominato dal male e in noi stessi portiamo i segni e le ferite del peccato, so che il Signore Gesù non si vergogna di accogliermi e di chiamarmi fratello! Il suo perdono e la sua salvezza e accessibile a me come a tutti tramite la fede nel suo nome e non in virtù di qualche privilegio o missione assegnato. Atti 4:12 “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”. 2 Pietro 1:3-4 “La divina potenza di Cristo ci ha dato tutto ciò che è necessario per vivere santamente. Poiché egli ci ha fatto conoscere Dio, il quale ha chiamato noi a partecipare alla sua gloria e alla sua potenza. Egli ci ha donato quelle cose grandi e preziose che erano state promesse. Così anche voi, lontani dalla corruzione dei vizi di questo mondo, avete potuto partecipare alla natura di Dio”.

Molto semplice! Il Signore ha provveduto. Egli sa bene che ogni credente sincero nel corso della storia si sarebbe posto questa domanda e ha disposto affinché trovi nella Bibbia la risposta chiara e inconfondibile. Lo ha fatto utilizzando un'immagine profetica valida per ogni tempo e luogo, presentando quattro connotati inconfondibili. Che cosa sono questi connotati? Sono segni esteriori caratteristici di una persona o di un gruppo che lo distinguono in maniera assoluta da altri. Trattandosi di una chiesa, sono segni esteriori che la distinguono da tutte le altre fedi. Una questione necessaria visto la proliferazione di credi che pretendono di avere la verità. - Il primo di questi segni è la costanza. "Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza; so che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli ma non lo sono e che li hai trovati bugiardi." Apocalisse 2:2 - In questo testo la costanza è messa in relazione alla volontà tenace di conservare e osservare fedelmente gli insegnamenti ricevuti dai profeti, da Cristo e dagli apostoli. Qualità che consente al credente di svelare i falsi insegnamenti dottrinali. La costanza è così importante che Dio rivolge una promessa luminosa e cara ai cristiani dell'ultima ora: "Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch'io ti preserverò dall'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra." Apocalisse 3:10 - Il secondo segno distintivo che consente di capire quale sia la chiesa che osserva la volontà di Dio è l'osservanza dei dieci comandamenti. "Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù." Apocalisse 14:12 - Qui notiamo che la costanza è particolarmente rivolta ad osservare i comandamenti di Dio. I dieci comandamenti così come sono stati scritti da Dio stesso e affidati a Mosè. La precisazione profetica è significativa in quanto non allude a dei generici comandamenti, ma specifica i dieci comandamenti, tra cui il rifiuto dell'idolatria e l'osservanza del sabato come giorno di riposo. A questo punto già questi elementi consentono di fare una buona selezione tra le chiese e scartare quelle che adorano le statue e quelle che osservano la domenica in sostituzione del sabato. Molti pensano che questi comandamenti non hanno più valore, ma il fatto che figurano come caratteristica della vera chiesa, particolarmente negli ultimi tempi, significa che Dio li considera sempre validi e pertanto per quanto costoro dicono resta un importante segno distintivo. Del resto nell'epistola agli Ebrei si legge chiaramente che il riposo in giorno di sabato è definito per sempre: "Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio, infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue." Ebrei 4:9-10 - Sempre nello stesso testo di Apocalisse 14:12, scorgiamo il terzo segno di identificazione, che è la fede di Gesù. Interessante che non dice in Gesù, ma di Gesù. Vale a dire non una generica fede cristiana, ma quella che rispecchia fedelmente i tratti caratteristici della fede espressa da Cristo, così come è concesso di cogliere leggendo il vangelo; vale a dire quello che Cristo ha detto, quello che lui ha fatto; quello che ha insegnato agli uomini; il suo modo e il suo esempio di relazionarsi con il Padre e con gli uomini. La sua pietà per l'umanità sofferente e il suo amore disinteressato. La sua fedeltà assoluta agli scritti dei profeti di Dio e la condanna delle dottrine inventate dagli uomini. La sua condanna per l'ipocrisia e l'arroganza di coloro che si erigevano come maestri del nulla. La fede di Gesù è qualcosa di molto diverso da un gesto formale e richiede la volontà di mettersi in discussione, il desiderio di agire per piacere a Dio e non agli uomini. - Il quarto e ultimo segno caratteristico è lo spirito di profezia: "Io mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo. Ma egli mi disse: "Guàrdati dal farlo. Io sono un servo come te e come i tuoi fratelli che custodiscono la testimonianza di Gesù: adora Dio! Perché la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia". Apocalisse 19:10 - Queste parole furono pronunciate dall'angelo incaricato da Cristo di mostrare a Giovanni gli eventi della fine. Giovanni preso dall'entusiasmo si era gettato ai suoi piedi per adorarlo, ma l'angelo immediatamente gli ricorda che l'adorazione è dovuta solo a Dio, per diritto di creazione e di redenzione. In questa raccomandazione ritorna la costanza che custodisce la testimonianza di Gesù. Certo indica l'esempio lasciato da Gesù come riferimento di una vita di fede autentica, ma non solo. L'espressione "è lo spirito della profezia" indica lo spirito come un agente attivo in grado di ricordare la testimonianza lasciata da Cristo e di guidare la chiesa nel medesimo solco, attraverso gli ultimi tempi della storia. Quindi il quarto segno caratteristico indica una chiesa in movimento, una chiesa che "segue" una guida profetica fedele alla testimonianza lasciata da Cristo, un riferimento concreto e fedele agli insegnamenti dei profeti e degli apostoli. Una guida spirituale attiva e preziosa per il popolo di Dio negli ultimi tempi, capace di suggerire i pericoli vecchi e nuovi da evitare per giungere alla meta. - Conoscete una chiesa che abbia questi quattro segni caratteristici tutti insieme? Io ho impegnato la mia vita in questa ricerca e ho trovato che questi importanti segni caratteristici corrispondono esattamente e unicamente alla Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno, di cui mi faccio onore di appartenere. Non è una chiesa perfetta, è una comunità in cammino, ma rappresenta pur con tutti i suoi limiti e difetti umani, la sola chiesa che ha ricevuto questo dono della profezia nella persona di Ellen White. Un dono necessario in grado di condurre questo popolo attraverso i pericoli e le minacce che incombono sui cristiani dell'ultima ora, e di renderlo capace di assolvere la visione profetica assegnata con umiltà, fedeltà e dignità.

Nel romanzo "Memnoch il Diavolo" di Anne Rice, Memnoch sarebbe il vero nome di Satana, che non è il Male Assoluto, bensì un'entità angelica che, mossa a pietà di una umanità ancora in stato primordiale, si ribella al divieto d'interferire, di un Dio indifferente, e da allora continua la sua attività benevola portando l'umanità sulla strada verso Dio.. Secondo la recente rivisitazione della Bibbia in chiave moderna, fatta da studiosi della Bibbia, pastori e ministri di culto, pare che Satana sia invece una figura retorica, un emblema, una rappresentazione del male. - Bisogna dire che entrambi non concordano affatto con la testimonianza della Scrittura. Secondo le informazioni riportate dalla Bibbia, Lucifero in origine, era l'Arcangelo a capo delle schiere angeliche. Il suo nome significa "portatore di luce". Il profeta Ezechiele parlando del re di Babilonia fa una descrizione che in realtà si riferisce a Lucifero. In questo modo la Bibbia ci consente di svelare un personaggio malefico e reale con un progetto di morte a carico dell'umanità: - «Così parla il Signore, l'Eterno: "Tu mettevi il suggello alla perfezione, eri pieno di saviezza, di una bellezza perfetta; eri in Eden, il giardino di Dio; eri coperto d'ogni sorta di pietre preziose... Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore. Io t'avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio, camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato.. » (Ezechiele 28: 12-15) - Secondo queste prime informazioni, Lucifero avrebbe potuto conservare il favore di Dio, e adoperare le sue nobili facoltà per il bene degli altri. Ma, dice il profeta Isaia, un orgoglio spietato prese il sopravvento: «Il tuo cuore s'è fatto orgoglioso per la tua bellezza; tu hai corrotto la tua saviezza a motivo del tuo splendore »...« Tu ti sei fatto simile a Dio » ... « Tu dicevi in cuor tuo: "Io... eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio; io mi siederò sul monte dell'assemblea... salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all'Altissimo"» Isaia 14: 13,14. - Alcuni studiosi pensano che questa storia nasce da un fraintendimento del brano del profeta Isaia al re di Babilonia, che i cortigiani adulavano chiamandolo "Portatore di Luce". Ma un'attenta lettura del testo mostra che Isaia pronuncia sul re di Babilonia un canto funebre che nella visione profetica si riferisce in realtà al principe delle tenebre: - ".. intonerai questa canzone sul re di Babilonia e dirai: «Ecco questa è la fine di quel re crudele! Finalmente il mondo gode la pace e tutti cantano di gioia.. il mondo dei morti si prepara ad accogliere il re di Babilonia.. le ombre dei re di tutto il mondo vogliono dirgli: "Eri onorato con musiche d'arpa, ma ora sei qui nel mondo dei morti." » Is 14: 3-11 - Secondo questa lettura preziosa, pare che l'orgoglio della propria posizione alimentò in Lucifero questa sete di supremazia al punto che volle essere uguale a Dio. Non è dato di capire come sia stato possibile per un essere angelico e perfetto nutrire sentimenti ostili al governo di Dio. Sta di fatto che da quel momento egli divenne Satana, l'Avversario. Evidentemente molti angeli che simpatizzavano per lui si unirono nella ribellione contro l'autorità di Dio. Così lontani dalla luce divina, i meravigliosi angeli si mutarono in demoni, e da allora Satana, divenuto il principe delle tenebre, in antagonismo spietato con Cristo, il principe della vita, nutre il solo scopo di trascinare gli uomini nella sua disperazione e distruzione.

Si fanno chiamare Cristo, ma sono falsi messia. In Brasilia, un tale predica da oltre 35 anni la parola di Cristo credendosi la reincarnazione di Gesù. Si fa chiamare Inri Cristo e già conta 5000 seguaci nel mondo. La maggior parte sono donne, molte vivono con lui alla periferia di Brasilia nella sua chiesa-compound che il profeta definisce la "Nuova Gerusalemme". - Questo personaggio come altri stravaganti che attraversano il nostro tempo e dicono di essere il Cristo, sono riconoscibili non tanto da quello che predicano o dai segni che potrebbero fare per avvalorare se stessi, ma esclusivamente conoscendo cosa dice la Scrittura sulle modalità con cui il figlio di Dio ritornerà: " Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d' arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore." 1Tessalonicesi 4:15-17 - Dunque sta scritto che al ritorno di Cristo ci sarà nello stesso momento la resurrezione di TUTTI i morti in Cristo. Eventuali resurrezioni parziali operate qua e là per quanto strabilianti non costituiscono elementi di prova. - Contestualmente i risorti e i credenti che sono trovati in vita sono rapiti e trasportati in cielo a incontrare il Signore Gesù NELL'ARIA. - Quindi l'incontro dei credenti con Cristo avviene nell'aria SULLE NUVOLE e non sulla terra. Alle forze del male non sarà permesso di simulare questa caratteristica. Pertanto ogni personaggio che pretende di essere il Cristo disceso dal cielo, per quanto smagliante e in grado di fare miracoli spettacolari, e che incontra i credenti qua e là costituisce un inganno. Gesù dice: "non lo credete! Allora, se qualcuno vi dice: "Il Cristo è qui", oppure: "È là", non lo credete; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l' ho predetto. Se dunque vi dicono: "Eccolo, è nel deserto", non v'andate; "eccolo, è nelle stanze interne", non lo credete, infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio dell' uomo. Matteo 24:23-28 "Allora apparirà NEL CIELO il segno del Figlio dell' uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell' uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all'altro dei cieli." Matteo 24:30-31 - La venuta del figlio di Dio sarà un evento universale, strabiliante, e di una bellezza sconvolgente per coloro che lo attendono. Sarà il trionfo della giustizia e dell'amore di Dio. L'adempimento della promessa di redenzione che riscatta dalla morte eterna il popolo di Dio fedele alla sua parola. Un privilegio straordinario ci viene offerto, una eredità meravigliosa è posta davanti a noi; non consentiamo alla potenza del male di derubarci l'eternità.

Quello che la Bibbia dice sulla resurrezione merita di essere considerato attentamente per le conseguenze positive o negative che ritroveremo dopo il trapasso, poiché ritrovarsi nella prima resurrezione o nella seconda fa la differenza tra la gioia e la dannazione. - Dipende dalle scelte di oggi, poiché la Bibbia parla di due resurrezioni e di due morti: "Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la morte seconda, ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni."Apocalisse 20:6 Coloro che partecipano alla prima resurrezione sono i redenti al ritorno di Cristo Gesù: "Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore." 1Tessalonicesi 4:15-18 - Quelli che invece saranno risvegliati dalla morte alla seconda resurrezione dopo i mille anni, sono "gli altri morti", i dannati destinati a perire una seconda volta nel lago di fuoco: "Gli altri morti non tornarono in vita prima che i mille anni fossero trascorsi. Questa è la prima risurrezione."Apocalisse 20:5 "Ma per i codardi, gli increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda". Apocalisse 21:8 - Dunque solo chi fa parte della prima resurrezione entrerà nel regno di Dio. La convinzione nutrita da quelli che si vantano del male fatto e con baldanza pensano che dopo la morte non c'è punizione si ingannano; il risveglio dalla morte sarà un'amara sorpresa, tale che Gesù afferma: "Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abraamo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi ne sarete buttati fuori." Luca 13:28 - Questa vita è il solo tempo assegnatoci da Dio per conoscere il suo amore e il grande sacrificio fatto dal suo unigenito figlio per la nostra redenzione. Gli angeli rimasti fedeli a Dio e gli abitanti degli altri mondi che non hanno ceduto ai sofismi di Satana, osservano con grande interesse gli sviluppi della nostra storia terrena. Essi sono stati testimoni della spietata crudeltà di Satana nei confronti del figlio di Dio. Hanno provato orrore alla vista del loro Signore crocifisso dagli stessi uomini che era venuto a salvare... e si meravigliano della poca attenzione che molti riservano al grande conflitto tra Cristo e Satana. Il grande ribelle con i suoi artifici è riuscito nell'intento di far accettare a molti una religione comoda, piacevole, che appaghi la vista e che dia l'impressione di fare la volontà di Dio, mentre in realtà conduce quelli che l'abbracciano a ignorare la giustizia di Dio. - Per altri, il maligno è riuscito a far passare la Bibbia come se fosse un libro di leggende, per cui molti hanno finito per credere che Satana non esiste e sia solo un'invenzione della fantasia religiosa malata. In nemico di Dio esulta soddisfatto perché la sua trappola stringe intorno all'umanità incredula. Ma il Signore non si arrende e vuole salvare coloro che sono preda del nemico. I suoi accorati appelli ci raggiungono: "Lasci l' empio la sua via e l' uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare." Isaia 55:7 "Gettate via da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato; fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo; perché dovreste morire, casa d' Israele?" Ezechiele 18:31 "poiché egli dice: «Ti ho esaudito nel tempo favorevole, e ti ho soccorso nel giorno della salvezza». Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!" 2Corinzi 6:2 - Solo oggi, mentre siamo in vita, possiamo decidere dove vogliamo risorgere e con chi. Un argomento che merita tutta la nostra attenzione.

Secondo quello che la Scrittura afferma il giardino dell'Eden costituì la dimora paradisiaca di Adamo ed Eva. In esso vi erano diverse piante e alberi da frutti. In particolare c'era l'albero della vita, il cui frutto consentiva a chi ne mangiava di vivere per sempre. Per avere accesso ai frutti di questo albero, Dio aveva posto come condizione l'ubbidienza al divieto di mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male. Il divieto costituiva una prova di lealtà, nel frutto non vi era nulla di velenoso. Se i nostri progenitori si fossero fidati di Dio, l'umanità sarebbe vissuta in questo paradiso e avrebbe conosciuto il male come concetto e non come esperienza diretta. - Adamo ed Eva non superarono la prova e di conseguenza furono esclusi dall'Eden che costituiva un luogo paradisiaco, persero il dominio della terra e la possibilità di cogliere il frutto dell'albero della vita: "Così egli scacciò l' uomo e pose a oriente del giardino d' Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita." Genesi 3:24. Questo dice la Bibbia. Ogni supposizione che l'essere umano dopo la morte va in paradiso è la menzogna di Satana che acceca in modo piacevole chi vuole vivere di illusioni volontarie! Dai nostri progenitori abbiamo ereditato la dissoluzione e la morte eterna, una realtà che ci addolora e condiziona amaramente, ma è la sola verità: "Mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai". Genesi 3:19 L'illusione che dopo la morte l'anima se ne va in paradiso o in qualche altro luogo generato dalla fantasia umana non si concilia con questa dichiarazione di Dio così chiara: "ritornerai polvere". La polvere è qualcosa di inconsistente, certamente priva di ogni identità. - Tuttavia, Dio desidera restituirci la vita e la possibilità di vivere eternamente a condizione che in vita, accettiamo la salvezza per mezzo della grazia offerta dal Salvatore Cristo Gesù "In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi siamo salvati"Atti 4:12. La Scrittura afferma con chiarezza che Dio solo possiede la vita eterna e nessun essere vivente è immortale per natura:"(Dio) il solo che possiede l'immortalità e abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere"1Timoteo 6:16. Nessun uomo vede o possiede la vita eterna! Questo dice la Bibbia, e chi afferma il contrario è vittima di autosuggestione. - Ma quando l'uomo mortale ottiene la vita eterna? Quando il paradiso sarà accessibile? La Scrittura afferma al ritorno di Cristo, quando ci sarà la resurrezione dei morti: "Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; 1Corinzi 15:20-23 Alla Sua venuta e non prima. Questo dice la Bibbia, e chi vuole credere il contrario si affanna in vicoli ciechi. - Del resto, se fosse vero che alla morte il credente va in paradiso troveremmo nella Scrittura dichiarazioni chiare e condivise dai profeti, da Cristo e dagli Apostoli, ma così non è. Davide afferma che nella morte non c'è consapevolezza: "Il suo fiato se ne va, ed egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi disegni" Salmo 146:4 Salomone mette in evidenza che nella morte vi è totale assenza di pensiero e di sentimenti: "I viventi sanno che morranno; ma i morti non sanno nulla". "Il loro amore come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più né avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole". Con estrema chiarezza egli giunge ad affermare che nell'oltre tomba non vi è nessuna gioia o sofferenza: "Nel soggiorno dei morti dove vai, non v'è più lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza" Ecclesiaste 9:5,6,10. Per inciso, se nel soggiorno dei morti non c'è nessuna attività di pensiero e di azione, il paradiso, ammesso che i defunti vi vadano, non potrebbe neppure essere visto!! - Ezechia espresse la sua gratitudine a Dio di poterlo lodare in vita, nella consapevolezza che dopo la morte non sarebbe stato affatto possibile: "non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella fossa non possono più sperare nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente è quel che ti loda, come faccio io oggi". Isaia 38:18,19. I sostenitori di speranze vane sostengono che dopo la morte i credenti vanno in paradiso, gioiosi e immortali, a lodare Dio. Ezechia, invece, non scorgeva nella morte questa prospettiva: "Nella morte non c'è memoria di te (Dio); chi ti celebrerà nel sepolcro?"."Non sono i morti che lodano l'Eterno". Salmo 6:5; 115:17 E' superfluo dire che Ezechia applicava a se stesso questa condizione da morto e non già a quella degli empi. Pietro, il giorno della pentecoste, parlando della morte del re Davide disse:"La sua tomba è ancora fra noi.. poiché Davide non è salito in cielo" Atti 2:29,34. Il fatto che Davide rimanga nella tomba fino al giorno della resurrezione prova che il credente al momento della morte non va in cielo. - L'Apostolo Paolo parlando della resurrezione afferma:"Se Cristo non è resuscitato, vana è la vostra fede... anche quelli che dormono in Cristo, sono dunque periti" 1Corinzi 15: 16-18. Se i credenti dopo la morte andassero per davvero in cielo, Paolo non avrebbe potuto affermare che i credenti morti sono senza speranza! Infatti sarebbero già in cielo alla presenza di Dio! Inoltre, l'espressione "dormono"utilizzata da Paolo, non significa che l'anima viene addormentata dal Signore in attesa di andare in paradiso; ma nasce dalla fede nella resurrezione, che riportando il credente alla vita al ritorno di Cristo, è come se fosse risvegliato da un lungo sonno. Il paradiso ritornerà ad essere l'eden dei credenti quando Cristo ritornerà e solo allora sarà possibile accedere all'albero della vita: "Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò da mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso di Dio." Apocalisse 2:7 "In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del fiume stava l' albero della vita. Esso dà dodici raccolti all'anno, porta il suo frutto ogni mese e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni."Apocalisse 22:2 "Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all'albero della vita e per entrare per le porte della città!"Apocalisse 22:14 "Se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell'albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro." Apocalisse 22:19 Questo dice la Bibbia sul paradiso, e ogni idea o insegnamento che non corrisponde a questo che la Scrittura afferma è solo un prodigio dell'immaginazione. - Se le cose stanno così, allora come va intesa la promessa di Gesù al buon ladrone sulla croce: "io ti dico oggi tu sarai con me in paradiso"? Luca 23:43 Bisogna tenere presente che Gesù parlava l'Aramaico e il Nuovo Testamento è stato scritto in Greco. Come si sa queste lingue, come anche l'Ebraico, non hanno la punteggiatura. Il lettore quindi deve cogliere il senso di quanto è scritto dalla lettura del testo, come facevano gli scribi:"Essi leggevano nel libro della legge di Dio in modo comprensibile; ne davano il senso, per far capire al popolo quello che leggevano." Neemia 8:8 I moderni traduttori della Bibbia che sono stati educati con l'idea di un paradiso subito dopo la morte, hanno posto la virgola "io ti dico, oggi tu sarai con me in paradiso"; mentre rispettando quello che si comprende dalla testimonianza della Scrittura, avrebbero dovuto mettere la virgola dopo la parola "oggi": "io di dico oggi, tu sarai con me in paradiso". Non può essere altrimenti considerato che dopo la morte in croce Cristo è rimasto nel sepolcro tre giorni, e neppure dopo la resurrezione è andato in paradiso, ma come come si legge soltanto dopo l'ascensione, che come si sa è avvenuta dopo oltre un mese: "Gesù le disse: "Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro". Giovanni 20:17 . Se Gesù sapeva che alla sua morte non sarebbe andato nel paradiso, la sua promessa di "oggi" non sarebbe stata veritiera e comunque priva di significato se, come afferma l'apostolo Giovanni, solo Gesù sale in cielo: "Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell'uomo [che è nel cielo]. Giovanni 3:13 Queste considerazioni dovrebbero essere illuminanti e consentire la vera comprensione della parabola del Ricco e del povero Lazzaro, che i cattolici indicano a sostegno della dottrina del paradiso e dell'inferno. Luca 16:19-31. - Al tempo di Cristo alcuni credevano che un pio istraelita, per il fatto di essere un discendente di Abramo, dopo la morte andasse dritto in paradiso, mentre i peccatori dritti nell'Ades: "Non pensate di dire dentro di voi: "Abbiamo per padre Abraamo"; perché io vi dico che da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abraamo."Matteo 3:9 (Vi erano anche quelli che addirittura negavano che vi fosse la resurrezione dei morti, Matteo 22:23) Gesù intese correggere questa credenza che consentiva a taluni di vivere con l'idea di fare quello che si vuole tanto il paradiso era assicurato. Nella parabola, che è solo un racconto per trasmettere un insegnamento, Gesù inserisce gli elementi fantastici a cui costoro credevano, per far comprendere che la loro idea era sbagliata e che dopo la morte, non è affatto possibile ottenere sconti o riparare alle cose sbagliate commesse in vita "Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi" verso 26. La vita è la sola circostanza favorevole concessa all'uomo di prepararsi per il Regno di Dio. Chi trascura questo tempo propizio non può sperare di farlo dopo la morte, questo è l'insegnamento di Cristo, illustrato con l'immagine della grande voragine invalicabile. Dopo la morte non esiste pensiero, o l'alternativa tra sofferenza e gioia, ma solo la non esistenza in attesa della resurrezione: "Poiché non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella tomba non possono più sperare nella tua fedeltà." Isaia 38:18 "Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi". Matteo 22:32 L'idea che Dio abbia relazione con i morti proviene dal paganesimo, e la sua accettazione è pericolosa. Gesù riprendendo il pensiero di Isaia, aggiunge: "Egli non è Dio dei morti, ma dei viventi. Voi errate di molto". Marco 12:27 Certo a nessuno piace scoprire di credere a falsi insegnamenti; l'abitudine è il nemico più temibile dell'intelligenza e della fede. Essa forma la disposizione ad agire e pensare in un certo modo a causa della continua ripetizione degli stessi atti o degli stessi pensieri. Per abitudine su questioni di fede la mente dorme sulle convinzioni acquisite e non esplora. L'abitudine crede inconfutabili e irrinunciabili le prove che sono ritenute tali e non confrontate con quello che la Bibbia dice; si oppone ad ogni cambiamento reale, rende miopi di fronte all'evidenza e se viene contrastata provoca risentimento e frustrazione. L'abitudine vede certezze la dove spesso si celano illusioni. Come allora anche oggi la diagnosi di Cristo è calzante verso coloro che amano accecarsi in modo piacevole: "Gesù rispose loro: «Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio." Matteo 22:29 - Per capire dove nasce l'inganno di una vita ultraterrena, è fondamentale esaminare attentamente il racconto della Genesi sulla creazione dell'uomo: "Il Signore prese dal suolo un pò di terra e, con quella, plasmò l'uomo. Gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo diventò una creatura vivente" Genesi 2:7. Si deve notare che il verbo non è avere, ma essere. L'uomo non ha un'anima ma è un'anima vivente grazie all'unione del corpo con lo Spirito di Dio. La parola "anima" (nefesh in ebraico, psiche in greco) è citata 873 volte nella Bibbia e tutte le volte indica la vita transitoria, la vita localizzata nel sangue (Levitico 17:11; Deut 12:23), quella che manifestano gli esseri viventi e gli animali. In sostanza la vita biologica, affettiva ed emozionale. Il rapporto esistente tra gli elementi che costituiscono l'essere umano, corpo, anima e spirito, possono essere illustrati dal seguente esempio: Il corpo è come un pianoforte che da solo è inutile. Lo spirito di Dio è come il pianista. Mettiamo insieme pianoforte (corpo) e pianista (alito vitale di Dio) e ne scaturisce la musica, della vita, cioè un'anima. Ora che cosa accade alla morte? Ebbene al decesso lo spirito torna a Dio che l'ha dato e la vita (o anima) scompare nel nulla. La conclusione è univoca, l'uomo non è immortale e l'anima può cessare di esistere, come Dio ha stabilito. Alcuni hanno supposto che allora sia lo spirito che ritorna a Dio a godere della sua presenza nel paradiso, o a essere cacciati nell'Ades a soffrire le pene eterne. A parte il fatto incontestabile che l'idea non è compatibile con la rivelazione delle Sacre Scritture, sostenere questo ragionamento significherebbe dover ammettere che Dio è la somma di spiriti buoni e cattivi. In altre parole che in Dio si ritrova lo spirito dei peggiori criminali che hanno insanguinato la storia e quello degli stessi carnefici di Cristo. Significa che dalla stessa fonte divina il bene e il male convivono. Questa assurda eresia è liquidata dalla stessa parola che afferma la totale assenza di male in Dio: "Egli è la rocca, l' opera sua è perfetta, poiché tutte le sue vie sono giustizia. È un Dio fedele e senza iniquità. Egli è giusto e retto." Deuteronomio 32:4 - Tutte le idee sulla presunta immortalità dell'anima sono una menzogna di Satana che egli ha inserito nel cristianesimo per illuderci piacevolmente e farci credere che dopo la morte esiste la possibilità di cambiare il proprio destino. Ma si tratta di un formidabile inganno inteso a rimandare quello che poi non è più possibile ottenere. Concludendo, il paradiso ci attende al ritorno di Cristo, e non prima. Ci sarà quando il Salvatore tornerà sulle nuvole del cielo e chiamerà a se tutti i salvati al suono dell'ultima tromba. Allora i morti in Cristo risorgeranno dalla polvere della terra e quelli trovati in vita saranno trasformati, e insieme, saranno traslati per essere accolti da Cristo sulla nuvola nel cielo:"Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole." 1Tessalonicesi 4:15-18 I morti risuscitati e i credenti trovati in vita "insieme"andranno nel paradiso. Non sarà chi prima e chi dopo.. ma insieme. Il paradiso ci attende nell'ora fissata da Dio, non quella creduta dagli uomini. Evitiamo di credere alle idee sospese nel vuoto, a quelle isole disperse della fede che non hanno nessun riscontro nella Scrittura e costituiscono solo un mendace sollievo per lo spirito. Ricerchiamo la comunione con Dio tramite la preghiera e lo studio delle Scritture fatto con serietà, confrontando un testo con un altro che parla dello stesso argomento, rispettandone il contesto, con fare umile e spirito di preghiera. Disponiamo il cuore e la mente a cogliere quello che Dio vuole dirci. Nel silenzio della nostra anima avvertiremo la guida dello Spirito Santo e la pace del cielo che inonda il nostro spirito. Tra tutte le cose che l'Eterno gradisce e desidera rispondere con immediatezza, nulla è paragonabile alla richiesta sincera di chi invoca l'intervento divino per conoscere e capire quello che Dio domanda all'uomo.

L'Apocalisse costituisce l'ultimo libro della Bibbia scritto da Giovanni apostolo. Apocalisse in greco significa rivelazione! Se il suo contenuto fosse solo quello di rivelare l'amore di Dio e il ritorno di Cristo come alcuni pensano, non si capisce a cosa serve la compilazione dei 26 libri che lo hanno preceduto e che presentano compiutamente lo stesso messaggio di fede. Dopo quattro vangeli e tutte le lettere apostoliche che compongono il Nuovo Testamento verrebbe da chiedersi che rivelazione è questa che già non si sappia? - In realtà l'Apocalisse di Giovanni pur essendo in linea con la visione profetica della chiesa, sviluppa il tema spinoso dell'apostasia insieme a quello confortante della realizzazione del Regno di Dio. E lo fa su livelli di approfondimento diversi e progressivi. Con le sette lettere detta una visione panoramica della storia del popolo di Dio; poi con i sette sigilli scende nel dettaglio degli stessi avvenimenti e denuncia le macchinazioni del potere; con le sette trombe e ancora i sette segni e le altre visioni analizza e svela le trame occulte ordite da Satana, il burattinaio del male che muove i fili del potere umano della discordia per provocare la rovina dell'uomo. E ancora Giovanni non cessa mai di nutrirci di speranza mettendo in luce i provvedimenti di Dio intesi a fronteggiare l'opera del tiranno per salvaguardare e proteggere il suo popolo dagli attacchi del maligno. - Le visioni dell'Apocalisse non sono affatto come generalmente si pensa e si crede la previsione della follia umana, perché sarebbe davvero triste e di poca utilità se fosse solo questo. In realtà l'Apocalisse oltre a rivelare i retroscena della storia, denuncia il progressivo decadimento spirituale nella chiesa provocato da una massiccia opera di allontanamento dalla parola di Dio, arbitrata e mascherata sotto le mentite spoglie di una chiesa obbediente che non si preoccupa della giustizia divina. - Certo il linguaggio del libro è inedito e talvolta oscuro. Si parla di carestie, di conflitti, di sangue, di bestie feroci allucinanti e personaggi orribili. Sembrerebbe quasi l'opera di un folle. Nella realtà le visioni ricevono luce e intendimento dalla storia del popolo di Dio descritta dai profeti della Bibbia, a cui spesso i simboli si richiamano per offrire lo svelamento della grande tragedia che attraversa la storia: il conflitto tra Cristo e Satana. - L'Apocalisse pur gettando il suo sguardo sulla dannazione che investe il pianeta, il suo obbiettivo è esattamente quello di rivelare i retroscena della disputa millenaria tra Cristo e Satana, e della posta in gioco che non sono regni e ricchezze terreni, ma è il dominio della mente umana. Questa è l'Apocalisse. Le visioni sono finalizzate a rivelare la perfidia di Satana che si serve della chiesa apostata per introdurre nel cristianesimo ogni genere di corruzione; idolatria, amore per le ricchezze, ingiustizia, persecuzione e ogni altra sopraffazione con lo scopo di distruggere l'immagine di Dio nell'uomo e fare di questo pianeta un luogo di sofferenza per tutto ciò che vive. Di conseguenza le visioni vanno interpretate attraverso quest'ottica, senza lasciarsi distrarsi dal fascino che esercitano delle opzioni più o meno fantasiose ma purtroppo ingannevoli.

Per comprendere come si è introdotta nel cristianesimo questa tendenza alla rappresentazione della divinità è necessario fare storia e risalire ai primi secoli del cristianesimo quando la questione divenne una drammatica disputa teologica, tra quelli che abolivano il culto alle immagini religiose e quelli che invece lo sostenevano. - Per cui i primi vennero chiamati iconoclasti e gli altri iconolatri. In molte circostanze lo scontro ha prodotto episodi di violenza e crudeltà omicida, come quello dell'imperatrice Bizantina Irene nel 797, che per difendere le immagini e rafforzare il proprio potere personale, cospirando con i monaci fece avvelenare il marito Leone IV e poi accecare il proprio figlio per farsi nominare prima donna nella storia dell'impero. Confermando quanto era stato tristemente predetto: "... non abbandonarono gli idoli ... non rinunziarono neppure ai loro delitti..." Apo 9: 13 a 21 - Il primo Concilio in cui si trattò il problema dell'immagine, fu tenuto a Elvira (Granada-Spagna) all'inizio del IV secolo, e si pronunciò contro l'adozione delle immagini: "Decidiamo che non ci debbono essere pitture nelle chiese, affinché non sia dipinto sulle pareti ciò che viene riverito e adorato". - Ma dopo tre secoli di controversie la questione non era risolta, tanto che venne convocato un nuovo Concilio. Si tenne a Costantinopoli nel 692 e si pronunciò in modo assolutamente favorevole all'adozione delle immagini: "...comandiamo che d'ora innanzi, invece dell'antico agnello, il carattere di colui che toglie i peccati del mondo, cioè Cristo nostro Dio, sia dipinto e raffigurato sotto forma umana...". In altre parole, la rappresentazione del divino veniva giustificata con l'incarnazione. Come la Parola si è incarnata ed è divenuta il Cristo, quindi si è resa visibile e rappresentabile, allo stesso modo sembrava logico e opportuno autorizzare la rappresentazione pittorica del divino. - Ma se l'immagine del divino è opportuna perché nel Decalogo è vietata ogni rappresentazione? "Non ti farai scultura né immagine di quello che è su nel cielo, ne di quello che è quaggiù sulla terra, ne di quello che è nelle acque sotto terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso" Esodo 20:4-6 (Il secondo comandamento del decalogo) Evidentemente perché l'immagine in se non è un idolo ma lo diventa utilizzandola in maniera scorretta. Cosa che avvenne puntualmente! Nel settimo secolo la diffusione dell'iconolatria era particolarmente diffusa tra i monaci. I monasteri e le abbazie erano un concentrato di immagini che venivano venerate. L'imperatore Leone III nel 726, per contrastare la propaganda musulmana che accusava di idolatria i cristiani, decretò che le immagini sacre fossero ricercate e distrutte. - La reazione del papato fu immediata. Gregorio III convocò un Concilio a Roma in cui si scagliò la scomunica contro gli iconoclasti. E nel 769, nella basilica del Laterano, i vescovi convenuti si spinsero oltre e legittimarono l'adorazione delle reliquie.. "Se desideriamo attingere al conforto che i Santi ci offrono, dobbiamo venerare con l'onore più grande sia le reliquie non solo dei corpi, ma anche degli indumenti, sia le basiliche consacrate ai loro nomi, sia anche le immagini e i loro volti in qualunque luogo siano stati dipinti". La disputa diventò cruenta e sulla questione scesero in campo anche uomini d'armi e monaci agguerriti interessati al culto delle immagini e delle reliquie, il cui traffico costituiva una cospicua fonte di guadagno e di potere ... - L'adorazione della croce, delle immagini e delle reliquie fu adottata dal Concilio di Nicea nel 787, che dispose in via definitiva che il culto delle immagini potesse essere consentito. "Si può tributare loro un affettuoso saluto di venerazione fatta di onori: non l'autentica venerazione della nostra fede, che è dovuta soltanto alla divina natura". La risoluzione sanciva il ruolo dell'immagine nella civiltà cristiana. Con essa si ponevano le immagini e le reliquie sullo stesso piano del vangelo. In questo modo malgrado il divieto di adorare le immagini sia sancito da un preciso comandamento di Dio, statue, immagini e reliquie dei santi, sono proposte al culto di adorazione dei fedeli.

Santa faustina kowalska afferma di sì perché ha avuto una visione. Ma la Bibbia parla solo di un fuoco purificatore: uno stagno di fuoco! Sappiamo che suor Faustina Kowalska ha ricevuto la visione dell'inferno perché, secondo quanto lei stessa ha affermato, "per ordine di Dio e sotto la guida di un angelo venni condotta nell'inferno con lo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è".. Il suo padre spirituale don Michele Sopocko, affermava che la religiosa aveva comunicazioni con gli spiriti celesti e del purgatorio. Pare che abbia ricevuto delle visioni in cui Gesù le ha ordinato di dipingere un immagine del Cristo secondo il modello presentatole, dicendole: "voglio che la mia immagine venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo pasqua" in quel giorno sono aperti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine". "Questa domenica deve esse chiamata "festa della misericordia" e deve essere preceduta da una novena assieme alla coroncina. Per la recita di questa coroncina mi piace concedere tutto ciò che mi chiederanno." Aggiunge inoltre di essere sdegnato per i peccati (l'aborto) che si commettono a Varsavia. - Suor Faustina Muore il 5 ottobre del 1938 consumata dalla tubercolosi. Entrambi sono stati canonizzati dal papa e ammessi al culto della fede. Il 30 aprile del 2000 papa Paolo II ha istituito per la prima volta la "festa della misericordia". Oggi questo movimento riunisce nella Chiesa milioni di persone di tutto il mondo: congregazioni religiose, istituti secolari, sacerdoti, confraternite, associazioni, diverse comunità degli apostoli della Divina Misericordia e persone singole che intraprendono i compiti che il Signore ha trasmesso a Suor Faustina. Per coloro che vogliono maggiori informazioni esiste una pagina sul web: festadelladivinamisericordia.com - L'inferno a cui suor Faustina allude è quello "cattolico": un luogo di tormenti eterni tra le fiamme inestinguibili, circondati da demoni che divorano le membra dei malcapitati, del tutto simile, se non peggio, di quanto abbia partorito l'immaginazione dantesca. La visione avrebbe lo scopo di ribadire che "l'inferno c'è". Probabilmente dettato dalla necessità di lanciare un monito a quanti praticano l'aborto... - L'inferno come luogo di pene eterne non trova nessun riscontro in tutta la Sacra Scrittura, è in contraddizione palese con il carattere di Dio che è amore e si fonda su una errata interpretazione di testi biblici che sono stati estratti dal loro contesto. Per questi motivi non possiamo considerare i meriti vantati della suora e la visione dell'inferno che lei afferma di avere avuto da Dio, degni di attenzione. Tra l'altro non potrebbero nemmeno essere presi in considerazione per il fatto che sono in contraddizione con il secondo comandamento del decalogo che vieta l'adorazione delle immagini.(vedi Esodo 20:4). - Lo stagno di fuoco, invece è biblico. Esso viene presentato nel libro dell'Apocalisse di Giovanni come l'ultimo provvedimento preso da Dio dopo il millennio, per purificare la terra da ogni traccia del male. In esso periranno per la seconda volta tutti coloro che avranno rinunciato alla salvezza, gli angeli ribelli e lo stesso Satana. L'evento avrà efficacia su tutta la superficie della terra e perciò avrà le dimensioni di un cataclisma globale. Viene chiamato stagno di fuoco per sottolinearne l'efficacia. La sua azione, però, sarà limitata nel tempo (come è stato per il diluvio universale: esaurita la sua funzione scomparirà dalla scena). L'espressione "saranno tormentati giorno e notte, per sempre", non va intesa nel senso che questo fuoco non avrà mai fine, ma secondo lo spirito ebraico che intende una fine per sempre nel suo risultato. Infatti, immediatamente dopo la purificazione del pianeta, Giovanni vede la nuova Gerusalemme scesa dal cielo posarsi sulla terra così purificata, e i redenti riprendere possesso del pianeta per vivere un'esistenza felice ed eterna. - "Quando i mille anni saranno trascorsi, Satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, per radunarle alla battaglia: il loro numero è come la sabbia del mare. E salirono sulla superficie della terra e assediarono il campo dei santi e la città diletta; ma un fuoco dal cielo discese e le divorò. E il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli. Poi vidi un grande trono bianco e colui che vi sedeva sopra. La terra e il cielo fuggirono dalla sua presenza e non ci fu più posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. I libri furono aperti, e fu aperto anche un altro libro che è il libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le loro opere. Il mare restituì i morti che erano in esso; la morte e l'Ades restituirono i loro morti; ed essi furono giudicati, ciascuno secondo le sue opere. Poi la morte e l'Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco." Apocalisse 20 - "Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più. E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate." Apocalisse 21 - Che l'inferno insegnato da Agostino, Tertulliano, non si può identificare con lo stagno di fuoco della Bibbia, è suggerito dal fatto che quest'ultimo costituisce l'ultima parola di Dio al problema del male. Dio non intende contendere con i peccatori per l'eternità. Egli ha stabilito un tempo per mettere la parola fine alla ribellione e alla contesa. L'eternità che Dio intende donare a coloro che lo amano è un'esistenza felice, esuberante, un luogo di pace e di lode. Possiamo essere felici e grati a Dio perchè il nostro nome è scritto nel libro della vita e ci arride la prospettiva di un'esistenza serena, santa e benedetta che appagherà il nostro desiderio di pace e di armonia con tutto il bel creato di Dio.

« Io festeggerò a motivo di Gerusalemme, e gioirò del mio popolo ». Isaia 62: 3 Nella città di Dio non ci sarà più notte. Nessuno avrà bisogno o desiderio di riposare. Non ci si stancherà di fare la volontà di Dio o di tributare l'onore al suo nome. Sentiremo sempre la freschezza di un eterno mattino. « Non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché li illuminerà il Signore Iddio » Apocalisse 22: 5. La luce del sole sarà eclissata da uno splendore che non abbaglierà la vista, pur superando infinitamente il fulgore del pieno mezzodì. La gloria di Dio e dell'Agnello inonderà la santa città di una luce che mai si affievolisce. I redenti cammineranno nella gloria di un giorno senza fine. « E non vidi in essa alcun tempio, perché il Signore Iddio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio» Apocalisse 21: 22. Il popolo di Dio godrà del privilegio di una diretta comunione col Padre e col Figlio. « Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro » 1 Corinzi 13: 12. - Ora noi contempliamo l'immagine di Dio riflessa, come in uno specchio, nelle opere della natura e nelle sue azioni a favore degli uomini. Allora, invece, lo vedremo a faccia a faccia, senza nessun velo di separazione. Saremo in sua presenza e vedremo la gloria del suo volto. Là i redenti conosceranno come sono stati conosciuti. L'amore e la simpatia che Dio stesso ha posto nel loro cuore troveranno la loro più sincera e dolce espressione. Tutto questo costituirà la felicità dei redenti. Nella nuova terra essi contempleranno con instancabile delizia le meraviglie della potenza creatrice e i misteri dell'amore che redime. Là non ci sarà più nessun nemico crudele e ingannatore per indurci a dimenticare Dio. Ogni nostra facoltà potrà svilupparsi, ogni capacità accrescersi; vi saranno sempre nuove vette da raggiungere, nuove meraviglie da ammirare, nuove verità da scoprire, nuovi obiettivi che chiameranno in causa le facoltà della mente, dell'anima e del corpo. Non più limitati dalla morte, essi potranno conoscere i mondi lontani, quei mondi che fremevano di tristezza alla vista del dolore umano e che intonavano inni di tripudio alla notizia che un'anima era stata salvata. Con grande letizia i figli della terra entreranno nella gioia e nella sapienza degli esseri che non sono caduti, per partecipare con loro ai tesori della conoscenza e dell'intelligenza accumulati attraverso i secoli con la contemplazione delle opere di Dio. Poiché la conoscenza è progressiva, aumenteranno anche l'amore, la riverenza e la felicità. Più gli uomini conosceranno Dio, più essi ammireranno il suo carattere. Via via che Gesù dischiuderà agli eletti le ricchezze della redenzione e i meravigliosi risultati conseguiti nella grande lotta contro Satana, i cuori dei redenti palpiteranno di amore più intenso. « E tutte le creature che sono nel ciclo e sulla terra e sotto la terra e sul mare e tutte le cose che sono in essi, le udii che dicevano: A Colui che siede sul trono e all'Agnello siano la benedizione e l'onore e la gloria e l'imperio, nei secoli dei secoli » Apocalisse 5: 13. II grande conflitto è finito. Il peccato e i peccatori non ci sono più. L'intero universo è purificato. Per tutto il vasto creato corre un palpito di armonia e di letizia. Da Colui che ha creato tutte le cose fluiscono la vita, la luce e la gioia che inondano i vari settori dello spazio infinito. Dall'atomo più impercettibile al più grande dei mondi, tutte le cose, quelle animate e quelle inanimate, nella loro bellezza e nella loro perfezione dichiarano con gioia che Dio è amore." E.W.

La storia dimostra che ogni potere terreno che ha gridato "Dio con noi", si fonda sulle sabbie mobili dell'incoerenza e della malvagità. Poteva Dio affidare a un uomo il compito di essere il capo della sua Chiesa in terra? La diagnosi fatta dal Creatore è che non esiste nessuna persona in grado di assolvere questo compito: "Tutti si sono sviati, tutti sono corrotti, non c' è nessuno che faccia il bene, neppure uno." Salmi 53:3 "..si sono sviati da lui e non hanno posto mente ad alcuna delle sue vie." Giobbe 34:27 Al Sinai il popolo aveva sentito la voce di Dio e visto la manifestazione della sua potenza al punto che ne furono intimoriti, tuttavia tutto questo non servì a trattenerli dal male: "si sono presto sviati dalla strada che io avevo loro ordinato di seguire; si sono fatti un vitello di metallo fuso, l' hanno adorato, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: "O Israele, questo è il tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d' Egitto". Esodo 32:8 Anche quelli che avevano visto e beneficiato dei miracoli di Cristo, che avevano assistito alla resurrezione di Lazzaro, e altre manifestazioni potenti della sua grazia, furono gli stessi che dinanzi a Pilato chiesero la sua crocifissione! La vulnerabilità morale dell'uomo e la sua incostanza lo rendono inadatto per un compito che richiede incorruttibilità! - Tuttavia la chiesa romana ritiene che il Signore Gesù abbia affidato all'Apostolo Pietro il compito di essere il capo della chiesa. Certo che alla luce della storia del papato, non si può negare che il risultato di questa pretesa ha portato la cristianità in un tunnel di orrori e nefandezze! I fatti sono una dimostrazione incontestabile che l'uomo, anche il migliore, non è assolutamente in grado di rappresentare la divinità in terra, come il papato pretende. Il papato è una pura acquisizione che si basa su un falso storico. La cosa è risaputa e confermata dagli storici della chiesa, anche da quelli cattolici. Quindi in nessun caso è possibile sostenere che il Papa è il successore di Pietro, e tanto meno il vicario di Cristo. A questo punto vale la pena di capire mediante una onesta indagine del Vangelo, che cosa effettivamente Gesù Cristo ha inteso dire con la nota affermazione. "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16: 16-18). - Vediamo i fatti: Gesù pose ai suoi discepoli questa domanda: "voi, chi dite ch'io sia?" Simon Pietro rispondendo disse: "Tu sei il Cristo, il Figliuolo dell'Iddio vivente". Gesù replicando gli rispose: "Tu sei beato, o Simone figliuolo di Giona, perché non la carne e il sangue t'hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cicli. E io altresì ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16: 16-18). Quando incontrò Simone per la prima volta, Gesù, guardandolo bene in volto, disse: "Tu sei Simone, il figliuol di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa (che significa Pietro)" (Giovanni 1: 42). In seguito, Simone sarà quasi sempre chiamato Pietro, ma talvolta anche Cefa (I Corinzi 1:12; 3: 22; 9:5; 15:5; Calati 2:9). Cefa è la trascrizione in italiano dal greco Kephas, che corrisponde all'aramaico Kepha. Questo termine, che è maschile, è stato adoperato da Gesù nella premessa a Pietro, poiché Gesù si serviva della lingua aramaica. Matteo, che scrive il suo evangelo in greco, traduce questa parola con Petros, nome maschile, che significa ciottolo o pietra che rotola, simbolo dell'incostanza, e con Petra, nome femminile, che significa roccia, simbolo dell'immutabilità. "Tu sei PETROS, ma su questa PETRA...". - Dando a Simone il soprannome di Cefa, Gesù mostrò di conoscere il suo temperamento impulsivo, la sua instabilità, che si manifesterà nel corso della sua vita, ma soprattutto fino all'effusione della Pentecoste. Pietro è perciò un ciottolo instabile, potendo essere in alcune circostanze una pietra di scandalo... Poco dopo avergli fatto la promessa, Gesù lo rimprovera severamente: "Vattene via da me Satana; tu mi sei di scandalo..." (Matteo 16: 23). In greco risulta una specie di gioco di parole che fa balzare agli occhi il contrasto esistente tra un ciottolo e una roccia: il primo è il simbolo di Pietro stesso, la cui instabilità è nascosta nella "massa"; la seconda è il simbolo di Cristo immutabile. Infatti Petra come roccia immutabile non può indicare né Pietro stesso, né i suoi simili. A rigore, secondo il pensiero di numerosi Padri della Chiesa, può rappresentare la confessione fatta dall'apostolo; ma vi è un altro significato che s'impone: cioè che questa Roccia immutabile è Cristo stesso, la famosa "pietra angolare", il fondamento stabile della Chiesa, "poiché nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù" (ICorinzi 3:11). - Cristo è la roccia dei secoli sulla quale è edificata la Chiesa; i profeti e gli apostoli ne sono le pietre fondamentali e tutti i credenti le "pietre viventi" (Salmo 118:22; Isaia 28:16; Matteo 21:42; Marco 12:10; Luca 20:17; Efesi 2: 21,22). L'apostolo Pietro, come Paolo, non ha mai riconosciuto alcun altro fondamento della Chiesa che Cristo stesso, che è in verità "questa" pietra, questa roccia che sostiene tutta la Chiesa (Atti 4: 11; I Pietro 2:4). Questa interpretazione delle parole di Gesù è validamente confermata dai fatti. Occorre innanzi tutto osservare che queste parole non hanno attirato in maniera particolare l'attenzione dei discepoli. Solo Matteo le riporta. Marco, Luca e Giovanni le trascurano. Il comportamento di Giovanni (che scrisse il suo vangelo verso la fine del I secolo) è particolarmente indicativo in quanto prova che nessuno aveva mai inteso parlare del primato di Pietro. Se Matteo riporta la promessa di Gesù a Pietro, non è dunque per attribuirgli un qualsiasi primato. - Il libro degli Atti racconta gli avvenimenti che segnarono la fondazione e lo sviluppo della Chiesa cristiana. Vi si sottolinea, senza dubbio, l'attività di Pietro che, il giorno della Pentecoste, ebbe una parte di primo piano, ma vi si menziona anche quella degli altri apostoli e, a partire dal capitolo 13, l'apostolo Paolo e i suoi collaboratori divengono i principali protagonisti. Ricordiamo alcuni fatti che provano che l'apostolo Pietro non ha mai, in alcun momento, esercitato la funzione di capo della Chiesa, che non ha mai cessato di essere "servitore e apostolo di Gesù Cristo", come egli stesso si definisce ( 2 Pietro 1:1) e che i suoi collaboratori, particolarmente Paolo, l'hanno sempre trattato da pari a pari: 1. L'elezione di Mattia come successore di Giuda, in cui fu l'assemblea a decidere (Atti 1: 15-26); 2. L'intervento di Pietro « con gli undici » il giorno della Pentecoste (Atti 2:14); 3. La nomina dei diaconi da parte dell'assemblea (Atti 6: 2-6); 4. L'invio da parte dell'assemblea di Pietro e di Giovanni in Samaria (Atti 8: 14); 5. Le spiegazioni di Pietro davanti ai cristiani di Gerusalemme circa la sua visita a Cornelio in Cesarea (Atti 11: 1-18); 6. La sparizione di Pietro dalla scena del libro degli Atti:"...ed essendo uscito, se ne andò in un altro luogo» (Atti 12: 17); 7. La parte svolta nel grande convegno, che riunì a Gerusalemme gli apostoli, gli anziani e numerosi delegati delle chiese, da Pietro e Paolo che intervengono spesso e a lungo nella discussione, ma ancor più da Giacomo che presiede, chiude il dibattito e pronuncia le parole conclusive, e dall'assemblea che decide, per ispirazione dello Spirito Santo (Atti 15: 1-29); 8. La missione affidata a Paolo come apostolo degli incirconcisi, mentre Pietro è soprattutto l'apostolo dei circoncisi: Paolo ha ricevuto direttamente da Cristo speciali rivelazioni, compie miracoli allo stesso modo degli altri apostoli; 9 Il suo insegnamento e le sue epistole arrecano alla Chiesa la sua teologia; egli non riconosce altra autorità sovrana che quella dello Spirito Santo, anche se considera Pietro, Giacomo e Giovanni delle "colonne"; ad Antiochia, rimprovera apertamente Pietro, il cui comportamento creava equivoci (Calati 2: 8; II Corinzi 11: 5; I Corinzi 9: 1; 11: 23; 15: 3; Calati 1: 11, 12; Efesini 3: 3; Atti 5: 15; 19: 11, 12°; Calati 2: 9-14). - Tutti questi fatti dimostrano che l'apostolo Pietro, che ha avuto una parte eminente nella Chiesa, non è mai stato considerato come capo di essa. Egli si è d'altronde sforzato, soprattutto dopo la morte di Giacomo, di prevenire la tentazione di un qualsiasi primato, come testimoniano alcune dichiarazioni delle sue due epistole (vedere in particolare I Pietro 2: 4, 5; 4: 9-11; 5: 1,2; II Pietro 1: 1; 3: 1,2). - La testimonianza dei Padri della chiesa testimonia che fino alla fine del III secolo nessuno ha pensato di intravedere nelle parole di Gesù un riconoscimento di un certo primato a Pietro. Clemente Romano, che si dice sia stato il suo successore alla testa della Chiesa di Roma, nella sua epistola ai Corinzi, non fa alcuna differenza fra Pietro e Paolo. Il rappresentante più qualificato della Scuola di Alessandria, Origene, si è chinato sulla dichiarazione di Cristo. Vi ha riconosciuto la dignità dell'apostolo, ma per ammettere che essa s'estende ad ogni discepolo di Gesù Cristo: "Se si pretende che la Chiesa universale sia stata edificata sul solo Pietro, che fare di Giacomo e di Giovanni, i figli del tuono, o degli altri apostoli? Ciò che è detto di Pietro vale ugualmente per tutti gli apostoli e per tutti i veri fedeli. Essi sono tutti Pietro e pietre. Proprio su di loro tutta la Chiesa di Cristo è costruita". A partire dal V secolo una nuova interpretazione delle parole che Gesù rivolse a Pietro fa la sua apparizione. I vescovi della Chiesa di Roma si misero ad insegnare che Pietro ne era stato il capo e che la promessa di Gesù doveva essere intesa nel senso di un primato: l'apostolo, affermavano, era stato in realtà il primo papa, e i vescovi di Roma, come suoi successori, detenevano un potere analogo al suo. Questa interpretazione di Matteo 16: 18 è dunque nata per favorire la posizione di Roma e rinforzare la sua autorità, ed è stata largamente incoraggiata da due vescovi molto influenti, Innocenze I (402-417) e Leone I (440-461). Fino a quel momento, il testo in esame fu soprattutto applicato alla professione di fede di Pietro "tu sei il Cristo, il Figliuolo dell'Iddio vivente. - L'opinione di S. Agostino: "II Salvatore dice: Tu sei Pietro e su questa pietra che tu hai confessata, su questa pietra che tu hai riconosciuta esclamando: Tu sei il Cristo, il Figliuol dell'Iddio vivente! io edificherò la mia Chiesa. In altri termini, io edificherò la mia Chiesa su me stesso, che sono il figliuolo dell'Iddio vivente" (Sermone 76; vedere anche 124° trattato su Giovanni). - Il papato si è affermato nel corso dei secoli come monarchia assoluta, indipendentemente dal volere divino. - Il potere delle chiavi Nel suo colloquio con Pietro, Gesù gli disse anche:" Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto ne' cieli" (Matteo 16: 19). Occorre innanzi tutto notare che il potere delle chiavi è lo stesso di quello di "legare" e di "sciogliere" e inoltre che esso è stato accordato non a Pietro esclusivamente, ma anche agli altri discepoli come a tutti i credenti (vedere Matteo 18:18; Giovanni 20:19-23; Luca 24:33). L'azione di legare e di sciogliere si identifica con quella d'accordare o meno il perdono dei peccati dato che questo potere è definito in maniera assai chiara dalla missione del profeta Geremia (1: 9,10), le cui parole hanno la potenza di distruggere, da una parte, e di costruire, dall'altra. Esse contengono in sé il germe della vita (la restaurazione) e quello della morte (la distruzione) secondo l'accoglienza loro riservata. Non è Geremia a detenere tale potenza, ma il messaggio che egli è incaricato di proclamare. L'individuo che lo ascolta ha facoltà di scegliere o la vita o la morte. Insomma, Geremia e, con lui, Pietro, gli apostoli e ogni credente, facendosi interpreti della volontà del Signore, hanno il potere di legare e di sciogliere e, perciò, in un certo senso, di mettere i loro uditori davanti all'alternativa della vita (e del bene) e della morte (e del male). Dio solo può perdonare i peccati; i suoi testimoni sono ambasciatori che recano la Parola della riconciliazione (II Corinzi 5: 19, 20). Che Pietro abbia riconosciuto soltanto a Dio il diritto e il potere di perdonare i peccati è chiaramente provato dalle parole ch'egli rivolse a Simon Mago, che offriva denaro agli apostoli per ottenere il potere di accordare lo Spirito Santo con l'imposizione delle mani: "Vada il tuo danaro con te in perdizione, poiché hai stimato che il dono di Dio si acquisti con danaro... Ravvediti .dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è possibile, ti sia perdonato il pensiero del tuo cuore" (Atti 8: 18-24). - Ogni discepolo di Gesù Cristo possiede le chiavi del regno dei cieli, che sono costituite dalla Buona Notizia della salvezza e che, per mezzo del pentimento e del perdono dei peccati, aprono le porte dell'eternità. II Nuovo Testamento non fa mai apparire Pietro come il capo della cristianità, e l'apostolo non crede di essere il successore di Gesù alla testa della Chiesa. Il suo Maestro, ch'egli servirà fino al martirio, ha dato a lui e a tutti i discepoli un consiglio che non dimenticherà mai: "Ma voi non vi fate chiamar "Maestro"; perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è ne' cieli. E non vi fate chiamar guide, perché una sola è la vostra guida, il Cristo: ma il maggior fra voi sia vostro servitore. Chiunque s'innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato" (Matteo 23: 8-12). Il vero successore di Gesù sulla terra è lo Spirito Santo, il divino Consolatore:" E io pregherò il Padre, disse Gesù stesso, ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché stia con voi in perpetuo, lo Spirito della verità... Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che v'ho detto" (Giovanni 14: 16, 26). Lo Spirito Santo è il solo agente qualificato per prendere il posto di Cristo sulla terra e per continuarvi la sua opera. Egli è veramente "il vicario di Gesù Cristo", come lo chiama Tertulliano (De Prose. Adv. haer., 17). Mai le Sacre Scritture danno questo titolo ad un uomo, né a Pietro né ad alcun altro. Solo per mezzo dello Spirito Santo Gesù è con la sua Chiesa "tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente", poiché "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi, e in eterno" (Matteo 28:20; Ebrei 13:8).

La parabola dell'uomo ricco e Lazzaro desta una perplessità che si risolve con una lettura contestuale. Si deve tenere presente che si tratta di una parabola rivolta in particolare ai farisei che avevano appena udita quella dell'amministratore infedele (Lc 16:9-15). Essi non l'avevano gradita molto e “ridevano delle sue parole”. - Quest'altra parabola rafforza la precedente e sottolinea con vigore il pensiero che il destino di ognuno è fissato in questa vita dall'uso che si fa della libertà, e in modo particolare nelle varie occasioni che la vita ci presenta. - L'uomo ricco rappresenta qui tutti coloro che fanno un cattivo uso di queste occasioni, mentre Lazzaro personifica invece coloro che, al contrario, se ne servono con intelligenza e bontà. Con questa parabola Gesù ha trasmesso l'importante messaggio che c'è relazione tra questa vita e quella futura, poiché la prima determina se quella deve essere eterna e piena di felicità, oppure se deve essere un semplice ritorno alla vita fisica che precede la distruzione finale (quella che avviene alla fine del millennio). "Gli altri morti non tornarono in vita prima che i mille anni fossero trascorsi. Questa è la prima risurrezione."Apocalisse 20:5 "Ma per i codardi, gli increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda". Apocalisse 21:8 - Il “grande abisso”, citato da Cristo nella parabola, che impedisce di passare da una parte all'altra, sta a significare l'impossibilità di cambiare il proprio destino dopo la morte. Su questo la Bibbia è molto chiara: “Non sono i morti che lodano l'Eterno, né alcuno di quelli che scendono nel luogo del silenzio...Difatti i viventi sanno che morranno; ma i morti non sanno nulla, e non v'è più per essi alcun salario; poiché la loro memoria è dimenticata. E il loro amore come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più ne avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole... Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non v'è più lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza” (Salmo 115:17; Isaia 38:18; Ecclesiaste 9:5,6,10) - Con questa parabola Gesù non ha inteso parlare dello stato dell'uomo dopo la morte, né dell'epoca in cui saranno distribuite ricompense e punizioni. Quello che bisogna ricordare di questa parabola, come in tutte le altre, sono le grandi lezioni; tutti i particolari devono dapprima essere intesi nel senso del contesto ed in seguito in conformità con l'insegnamento generale della Sacra Scrittura, che sullo stato dei morti è molto chiara.

Da un punto di vista umano un colpo di spugna avrebbe evitato millenni di guerre, devastazioni, fame e morte. Solo che la questione riguarda il governo di Dio. La Bibbia afferma “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” Giovanni 3:16 Queste parole dell'apostolo fanno luce sulla grande questione della salvezza e costituiscono l'espressione del carattere di Dio. L'uomo creato per vivere una vita felice in Eden ha perso questo grande dono a causa della sua disubbidienza e come conseguenza della sua incredulità subisce la morte per se e per i suoi discendenti. - Ma Dio ama l'uomo e non vuole perderlo. Non può annullare la sentenza stabilita per provare la fedeltà dell'uomo (se mangerai del frutto morirai - Genesi 2:17), e nemmeno perdonarlo in quanto la legge infranta esige la morte del colpevole. - La coerenza e la saggezza di Dio verrebbero meno e l'ordine dell'universo subirebbe un trauma imprevedibile. Ma Dio non è solo giusto, egli è amore e ama l'uomo che ha creato; il piano della salvezza escogitato dalla divinità per salvare l'umanità perduta ha previsto la morte sostitutiva dell'uomo fatta da suo figlio. “Dio mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.”Romani 5:8 - Cristo, l'unigenito figlio di Dio sceglie di farsi uomo, subire la morte infamante al posto dell'uomo peccatore affinché l'uomo possa ottenere la vita che è Sua. In questo modo l'ordine e la legge sono preservate e Dio mostra di avere per l'uomo un amore di tipo sacrificale, vale a dire un Dio che paga di persona il prezzo più alto per salvare l'uomo. - “come per la disubbidienza di un solo uomo (Adamo) i molti sono stati resi peccatori, così anche per l' ubbidienza di uno solo (Gesù Cristo), i molti saranno costituiti giusti.” Romani 5:18-21 - Un uomo, un angelo, non potevano assolvere questo ingrato compito; solo il Creatore dell'uomo, il grande Legislatore dell'universo poteva farlo senza compromettere il suo governo. In questo sta la dimostrazione del carattere di Dio che è amore. - Il perdono è un grande privilegio. Lo riceviamo per grazia nella consapevolezza che un prezzo enorme è stato versato. Il perdono di Dio che non costa niente non esiste. Siamo perdonati perché crediamo in Cristo il nostro amato Salvatore che ha pagato con la sua vita il nostro riscatto.

Non è possibile mettere sullo stesso piano il riposo del Sabato con quello della Domenica, anche se è vero che Dio giudica le intenzioni del cuore. La legge di Dio, chiamata anche Decalogo perché conta dieci comandamenti, fu proclamata solennemente sul monte Sinai e scritta dal dito di Dio su due tavole di pietra (vedi Esodo 31: 18; 32: 16). Questa legge abbraccia tutti i doveri dell'uomo, poiché i primi quattro comandamenti sottolineano la sua responsabilità verso Dio e gli ultimi sei invece indicano il comportamento che egli deve avere nei suoi rapporti col prossimo. La felicità del genere umano dipende in gran parte dalla fedele osservanza di questi precetti i quali, tutti indistintamente, hanno una considerevole ed uguale portata. - Il quarto comandamento riguarda il giorno del riposo, come lo si legge in Esodo 20: 8-11: “Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' in essi ogni, opera tua; ma il settimo è giorno di riposo, sacro all'Eterno, ch'è l'Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch'è dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l'Eterno fece i cicli, la terra, il mare e tutto ciò ch'è in essi e si riposò il settimo giorno; perciò l'Eterno ha benedetto il giorno del riposo e l'ha santificato”. - L'espressione “Ricordati” è rivelatrice in quanto consente di comprendere che l'osservanza di questo comandamento esisteva già prima del Sinai, quando Dio ritenne opportuno ricordarlo e promulgarlo di nuovo al suo popolo. Infatti l'istituzione del giorno del riposo risale alla creazione ed è parte dell'opera creatrice di Dio, della quale costituisce la conclusione, il punto finale. - “II settimo giorno, Iddio compì l'opera che aveva fatta e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. E Iddio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta”. Genesi 2: 2, 3. Dio benedisse il giorno del riposo e lo santificò, cioè lo dichiarò santo. Alla luce di queste considerazioni ricaviamo i seguenti elementi fondanti: - Scopo del giorno del riposo è : 1. Commemorare l'opera della creazione. - Mediante questa istituzione, Dio lascia all'uomo « il ricordo delle sue meraviglie » (Salmo 111: 4). Il giorno del riposo deve continuamente ricordare (all'uomo) le origini del mondo e, così, stabilire un legame inscindibile fra la creatura ed il Creatore. - 2. Offrire riposo all'uomo. - II termine sabato deriva dal vocabolo ebraico shabbath che significa riposo, cessazione del lavoro. Il comandamento, infatti, così si esprime: « Lavora sei giorni e fai in essi ogni opera tua; ma il settimo giorno è giorno di riposo, sacro all'Eterno, che è l'Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiere che è dentro alle tue porte ». Il riposo del Sabato implica la cessazione di del lavoro. (ved. Esodo 20: 10; 34: 21; 35: 2). - 3. Preservare l'uomo dall'idolatria e da una falsa adorazione di Dio. - Nel consacrare a Dio la settima parte del suo tempo, l'uomo si trova protetto contro l'idolatria ed il politeismo: errori molto diffusi nell'antichità. Vero barometro della devozione del credente, la premura da questi dimostrata nell'osservanza del santo Sabato rivela che l'adorazione è dovuta solo a Dio e indica l'intensità della vita religiosa. L'uomo trova in questa istituzione un'occasione unica di elevarsi spiritualmente e di prepararsi ad una vita migliore: la vita eterna. - 4. Essere un segno di relazione con Dio. - II sabato, così, diventa un segno fra Dio e l'uomo: « II sabato è un segno fra me e voi per tutte le vostre generazioni affinchè conosciate che io sono l'Eterno cne vi santifica. Osserverete dunque il sabato perché è per voi un giorno santo... Esso è un segno perpetuo fra me e i figliuoli d'Israele » Esodo 31: 13,14,17. (Vedi anche Ezech. 20: 12, 20). - Dio è, allo stesso tempo, Creatore e Redentore ed ha perciò sull'uomo un duplice diritto: diritto di creazione e diritto di redenzione. L'istituzione del sabato unisce, in un certo senso, creazione e redenzione. Infatti, come memoriale della creazione, il sabato è un segno della potenza creativa di Dio, la quale da sé può creare un cuore nuovo e redimere, in tal modo, l'uomo perduto. Esso è anche memoriale e prefigurazione di tutte le opere creative dell'Eterno: creazione del mondo, rigenerazione dei cuori (redenzione), risurrezione di Cristo e degli eletti. Esso è, infine, il segno che il credente è salvato per fede, poiché gli offre l'opportunità di dimostrare, mediante l'ubbidienza, che ha accettato la redenzione offertagli dal cielo. - Il Sabato non è un simbolo della salvezza per mezzo delle opere, il sabato è il segno della salvezza per mezzo della fede: promessa di santificazione da parte di Dio, accettazione di questa grazia da parte del credente il quale si riposa delle proprie opere per gustare il riposo divino. - Da questa premessa, l'osservanza del sabato diventa per il credente la conseguenza logica e naturale di essa. La grazia di Dio, mediante un atto di fede in Gesù Cristo, è accettata dal credente e riposta nel cuore. Questa grazia che rigenera, scrive nel cuore la legge dei dieci comandamenti e così l'ubbidienza a questa legge finisce col diventare una cosa del tutto naturale. L'uomo la osserva non già per essere salvato, bensì perché è stato salvato. - L'istituzione del giorno del riposo ha un carattere permanente. Essa non è, come le opere umane, contrassegnata dalla debolezza congenita e non ha affatto bisogno, per poter sussistere, dell'approvazione degli uomini. Essa dipende unicamente da Dio: da ciò deriva la sua stabilità e validità perenne. Ancor prima di giungere alla proclamazione della legge sul monte Sinai, è possibile individuare prove inoppugnabili della stabilità del sabato. - 1. L'epoca. - Dato nel giardino di Eden, prima della caduta dell'uomo e prima di ogni altra rivelazione — oltre duemila anni prima del sorgere della nazione ebraica — il sabato è stabilito per sempre. 2. Il quarto comandamento del decalogo che prescrive l’osservanza del sabato, non può né deve essere confuso con le leggi cerimoniali date agli Israeliti. Queste leggi prescrivevano delle feste religiose chiamate sabati cerimoniali; in determinate occasioni duravano per diversi giorni e non sempre coincidevano con il sabato settimo giorno del decalogo. Queste leggi e queste feste avevano un valore puramente tipico, erano temporanee in quanto insegnavano al popolo come Dio perdona i peccati del popolo. Quando Cristo morì sulla croce, fu immolato il vero sacrificio che quelle feste e quelle leggi annunciavano. Cosicché tutto il sistema cerimoniale giudaico non aveva più significato di sussistere. A queste leggi si riferiva l’Apostolo Paolo quando incoraggiava i cristiani a non tenere conto di queste leggi giudaiche, di queste feste e di questi sabati: “Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, a noviluni, a sabati.” Colossesi 2:16 - 2. Lo scopo. - Memoriale della creazione, il sabato sussisterà finché sussisterà la creazione stessa ed oltre. “II ciclo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Matteo 24:35. Filone di Alessandria, filosofo greco di origine ebraica, contemporaneo di Gesù Cristo, esclama: “Questo giorno (il settimo) è la festa, non di una città o di una contrada, ma di tutta la terra. È l'unico giorno degno di essere chiamato giorno di festa per tutti i popoli e giorno anniversario della nascita del mondo”. - 3. La benedizione di Dio. - Ciò che Dio ha benedetto e santificato (messo da parte) rimane benedetto e santificato. Dio non ha mai trasferito la sua benedizione dal settimo giorno al primo. - 4. La destinazione. - Dato ad Adamo, rappresentante dell'umanità, esso è destinato a tutti gli uomini di tutti i tempi. Gesù stesso lo afferma: “II sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato”. Marco 2: 27. Per “uomo” Gesù intende il genere umano tutto intero e non i soli giudei (vedi Giovanni 1:9). Quando Dio istituì il giorno del riposo, Adamo ed Eva erano gli unici rappresentanti del genere umano. Chi mai ardirebbe asserire che erano ebrei? Il sabato fu istituito per i nostri progenitori e, naturalmente, per i loro posteri. Obbligatorio per essi, il sabato diventava automaticamente obbligatorio anche per tutti i loro discendenti sino alla fine del mondo. Dio, rinnovando la sua leggi sul monte Sinai, la destinava al mondo intero per mezzo del popolo di Israele, il quale doveva esserne il propagatore. 5. Di conseguenza questo giorno santo voluto da Dio non può essere sostituito da un altro giorno inventato dagli uomini.

LA CENA DEL SIGNORE In Greco “kuriakondeipnon”, termine che Paolo usa per riferirsi all'ultima cena pasquale del Cristo (ICor 11:20). Da questo appellativo si capisce la variante, usata nel mondo evangelico, di «Santa Cena». La parola «eucarestia», usata nel mondo cattolico, proviene dalla parola greca eucharistia che significa «rendimento di grazie», «ringraziamento» presente negli evangeli sinottici ed in 1Corinzi in connessione con la preghiera rivolta da Gesù prima di distribuire il pane e il calice agli Apostoli. Comunque, la parola più usata, sempre tra i cattolici, per riferirsi a questa istituzione è certamente «comunione» (gr: koinonia). L'apostolo Paolo incoraggia i fratelli (ICor 10:14-22) ad abbandonare l'idolatria avvisandoli che non è possibile partecipare alla «mensa del Signore» e alla «mensa dei demoni», perché significherebbe entrare in «comunione» con il Signore e con i demoni. Vista l'importanza che ha assunto, sempre nel pensiero cattolico, sia la benedizione-ringraziamento (eucharistia) sia la «comunione» materiale con il corpo e il sangue di Cristo, si capisce facilmente come i termini «eucarestia» e «comunione» siano venuti a designare oggi l'intera cerimonia. In questa conversazione useremo indifferentemente i termini «Cena del Signore» e «Santa Cena». Li preferiamo, non solo per la fedeltà al testo biblico, ma anche perché, non sottolineando un significato in particolare, non ne escludono alcuno. . 1. Nuovo Testamento L'istituzione della «Cena del Signore» è raccontata in modo simile nei Vangeli Sinottici (Mt 26:26-29; Me 14:22-25; Le 22:15- 20) e da Paolo (ICor 11:17-30). Giovanni, come vedremo, pur parlando della stessa «Cena», non segue lo schema degli altri scrittori sacri (Gv 13:1-20). Oltre a questi testi, che saranno la base del nostro studio, esistono altri riferimenti alla «Santa Cena» che menzioneremo senza approfondirli (Gv 6:51-58; Atti 2:42,46; 20:7,1 l;Ebr 9:20; 10:22; 13:10). A) Gli Evangeli Sinottici e la Prima Lettera ai Corinzi. Questi quattro racconti sono concordi nel raccontare i particolare di quella memorabile serata: a) le indicazioni date ai discepoli per preparare la Pasqua; b) è chiaramente una serata pasquale; e) il traditore è smascherato; d) Gesù benedice il pane e il calice e li distribuisce a tutti. L'evangelo di Giovanni. Nonostante Giovanni non segua lo schema degli altri evangelisti nel raccontare gli eventi dell'ultima Pasqua del Cristo, è evidente che il cap 13 del suo Vangelo deve inserirsi nello stesso contesto per le seguenti ragioni: a) indicazione della Pasqua (v 1); b) annuncio della passione (vv 1,3); c) il gruppo sta cenando (vv 2,18,26,27,30); d) il traditore è smascherato (vv 2,11,18,21-30); e) menzione del pane (w 18,26,27,30); f) riferimento alla «notte» (v 30), momento in cui si celebra la Pasqua ebraica. La diversità nel raccontare gli stessi eventi dipende dal fatto che Giovanni, che scrive per ultimo rispetto agli altri evangelisti, mette in risalto alcuni aspetti e significati sui quali la chiesa della fine del primo secolo si interrogava e cioè: a) il traditore (vv 2,10,11,18,19,21-30). Il notevole spazio consacrato a Giuda Iscariota rispecchia la tradizione cristiana del momento secondo la quale i colpevoli della morte di Cristo non erano i Giudei (molti dei quali ormai si convertirono), ma delle singole persone quali Filato, Erode e, evidentemente, Giuda. . b) La «conoscenza» del Cristo. La morte di Gesù è stata un incidente di percorso non previsto nel ministero messianico? Satana ha forse preso il sopravvento ed ha sconfitto finalmente il Cristo? Giovanni risponde a questi quesiti della sua epoca inserendo nel suo racconto un'insistente terminologia della «conoscenza»: v 1, Gesù conosce il momento in cui vive («...sapendo...»); v 3, Gesù conosce la sua missione dall'inizio alla fine («...sapendo...»); v 7, i discepoli non capiscono la missione («...tu non sai...»); v 11, Gesù conosce il traditore («...sapeva...»); v 17, i discepoli incoraggiati a capire («...se sapete...»); v 18, Gesù conosce i dodici e certo anche Giuda («...io so...»). Quindi Giovanni ci rivela che Gesù è padrone della situazione, domina gli eventi, preconoscendoli. Inoltre, è Gesù che, con un suo gesto (v 26 «dando il boccone a Giuda») e con una sua parola (v 27 «quel che fai, fallo presto»), permette a Satana di agire. Giovanni non lascia dubbi: è Gesù che domina la sua passione, è Lui che da la propria vita volontariamente nel momento da Lui deciso. e) L'amore fraterno. L'apostolo dell'amore non poteva tralasciare questa opportunità così importante e solenne per trasmettere da parte del Cristo un messaggio di carità cristiana: v 14 «.. .anche voi dovete lavare i piedi...»; v 15 «...vi ho dato l'esempio... voi facciate come v'ho fatto io»; v 16 «.. .il servitore non è maggiore del suo Signore...»; v 34 «.. .amatevi gli uni gli altri...»; v 35 «...se avrete amore gli uni gli altri.» . 2. «Significati della Cena del Signore» A) Lavanda dei piedi (Gv 13). Con ogni probabilità Gesù procedette al rito della lavanda dei piedi in favore dei suoi discepoli dopo la cena pasquale e prima della «Cena del Signore». I significati inclusi in questa prima parte della «Santa Cena» sono: a) Umiliazione. I discepoli dominati dall'orgoglio e dalla presunzione (Lu 22:24-27 e parali.) ricevono da questo rito una lezione pratica di umiltà e di uguaglianza. b) Purificazione. L'allusione ad un bagno totale (v 10) è generalmente considerato un riferimento al battesimo quindi di purificazione dei propri peccati (Atti 1:38). La «lavanda dei piedi» ricorderebbe il peccatore «già lavato» la necessità di andare continuamente a Cristo per ricevere il perdono indispensabile per vivere, ogni giorno, nella pace e grazia della santificazione. e) Servizio-sacrificio. Prima di procedere al rito Giovanni per tre volte (w 1-3) menziona, anche se indirettamente, il rompimento della missione del Maestro ;«li amò sino alla fine», «di tradirlo», «e a Dio se ne tornava»). La lavanda dei piedi ; collocata da Giovanni come risposta di Gesù alla consapevolezza della propria missione di «sacrificio» («sapendo... si levò da tavola...»). Nel dialogo con Pietro, Gesù indica il valore di eterna salvezza del rito («se non ti lavo non hai meco parte alcuna», v 8). Inoltre, l'affermazione che Pietro avrebbe capito «dopo» (v 7) il significato del gesto del Maestro è certamente un'allusione alla passione. Giovanni vuole rivelarci quindi che la «lavanda dei piedi», oltre alle lezioni di umiltà e di purificazione, è rivelazione della missione stessa del Messia il quale è venuto «non per essere servito, ma per servire» (Mt 20:28; cfr Le 22:27) e per amare «sino alla fine» (v 1). Senza questo servizio-sacrificio io non posso vivere (v 8). Ma non solo. Giovanni vuole affermare che la mia salvezza non dipende solo dalla morte di Gesù, ma anche dalla mia accettazione del suo servizio-sacrificio. Possiamo quindi affermare che la «lavanda dei piedi» non è solo una preparazione alla «Santa Cena» vera e propria, ma forma un tutt'uno con essa essendo, entrambi i riti, basati sullo stesso profondo significato. E' da notare, inoltre, il triplice ordine di Gesù di praticare la «lavanda dei piedi» (w 14,15,17) col quale Giovanni certamente desidera rafforzare la pratica del rito nella chiesa del suo tempo. . b) Purificazione. L'allusione ad un bagno totale (v 10) è generalmente considerato un riferimento al battesimo quindi la purificazione dei propri peccati (Atti J:38). La «lavanda dei piedi» ricorderebbe il peccatore «già lavato» la necessità di andare continuamente a Cristo per ricevere il perdono indispensabile per vivere, ogni giorno, nella pace e grazia della sanificazione. e) Servizio-sacrificio. Prima di procedere al rito Giovanni per tre volte (w 1-3) menziona, anche se indirettamente, il compimento della missione del Maestro «li amò sino alla fine», «di tradirlo», «e a Dio se ne tornava»). La lavanda dei piedi ; collocata da Giovanni come risposta di Gesù alla consapevolezza della propria missione di «sacrificio» («sapendo... si levò da tavola...»). Nel dialogo con Pietro, Gesù indica il valore di eterna salvezza del rito («se non ti lavo non hai meco parte alcuna», v 8). Inoltre, l'affermazione che Pietro avrebbe capito «dopo» (v 7) il significato del gesto del Maestro è certamente un'allusione alla passione. Giovanni vuol rivelarci quindi che la «lavanda dei piedi», oltre alle lezioni di umiltà e di purificazione, è rivelazione della missione stessa del Messia il quale è venuto «non per essere servito, ma per servire» (Mt 20:28; cfr Lu 22:27) e per amare «sino alla fine» (v 1). Senza questo servizio-sacrificio io non posso vivere (v 8). Ma non solo. Giovanni vuol affermare che la mia salvezza non dipende solo dalla morte di Gesù, ma anche dalla mia accettazione del suo servizio-sacrificio. Possiamo quindi affermare che la «lavanda dei piedi» non è solo una preparazione alla «Santa Cena» vera e propria, ma forma un tutt'uno con essa essendo, entrambi i riti, basati sullo stesso profondo significato. E' da notare, inoltre, il triplice ordine di Gesù di praticare la «lavanda dei piedi» (w 14,15,17) col quale Giovanni certamente desidera rafforzare la pratica del rito nella chiesa del suo tempo. . B) La «Cena del Signore». I quattro testi, già citati sopra, che raccontano l'episodio della «Santa Cena», mettono in risalto alcuni significati che hanno una triplice proiezione nel tempo: a) Nel passato. «Fate questo in memoria di me» (Lc22:19: ICor 11:24,25) significa riportarci nel passato e commemorare non solo il rito, ma ciò che esso implica: sofferenza del Signore (Lu 22:15); morte del Cristo (ICor 11:26); alleanza col suo sangue (Mt 26:28 e paral.); perdono nel sangue (Mt 26:28). b) Nel presente. «Fate questo in memoria di me» non significa soltanto tornare al passato, ma anche rivivere oggi quei significati che erano attuali per i discepoli (ICor 11:27-29). La sofferenza e la morte del Signore, il suo perdono ed il suo patto devono essere vissuti in prima persona oggi. Questi valori e significati devono essere «annunziati» ancora oggi (ICor 11:26). . e) Nel futuro. «Finché Egli venga» (ICor 11:26; cfr Mt 26:29 e parall.) significa vivere oggi con fede la salvezza realizzata da Cristo; quindi avere la certezza che, quando il Signore ritornerà, tutti rivivremo l'esperienza dei dodici in quella sera memorabile (cfr Ebr 11:1). Vivere oggi quel passato indimenticabile è annunzio di vita eterna e di resurrezione (Gv 6:53,54). . La «Santa Cena» è, in modo concentrato l'intero messaggio evangelico che inizia con la venuta del Messia, la sua morte e resurrezione che continua con la nostra accettazione di fede e che finisce con l'incontro tra il Salvatore e i redenti al suo ritorno in gloria. . 3. Il senso delle parole «questo è il mio corpo», «questo è il mio sangue» Riteniamo che l'unico senso possibile da dare a queste parole sia simbolico per le seguenti ragioni: a) Gesù era vivente e presente come lo erano i discepoli quella sera e sarebbe assurdo pensare che i dodici ricevessero e mangiassero (e bevessero) parte del corpo (e del sangue) del Maestro. b) Altre parole del Cristo, dette in quella serata, non possono essere comprese se non in senso simbolico: 1) «...preso del pane... lo ruppe... è il mio corpo dato per voi...» (Lc 22:19; ICor 11:23,24). 2) II «rompere» il pane era simbolo della sua morte, era «dare» il suo corpo, fatto questo che è avvenuto non alla cena, ma sulla croce. 3) «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue...» (Lc 22:20; ICor 11:25). Il nuovo patto non è il «calice», ma ciò che esso rappresenta per il credente. 4) «Se non ti lavo, non hai meco parte alcuna» (Gv 13:8). La salvezza non scaturisce dall'acqua, ma dalla fede di chi si lascia servire (o salvare). Infatti Giuda, pur essendo lavato, non è salvato. e) II linguaggio usato da Gesù non è nuovo e mai si potrebbe dare un senso letterale a frasi come queste: 1) «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14:6); 2) «Io sono la porta delle pecore» (Gv 10:7); 3) «Io sono la vera vite» (Gv 15:1); 4) «II campo è il mondo» (Mt 13:38). d) Giovanni 6:27-58. Dopo aver raccontato il miracolo della moltiplicazione dei pani Giovanni inserisce il discorso di Gesù quale pane della vita, dando un significato certamente «eucaristico» ai vv 51-58. Il discorso «duro» da comprendere ha certamente un valore simbolico, infatti Gesù stesso, alla fine, afferma che: 1) la carne non giova a nulla (v 63); 2) sono le parole del Maestro che danno vita (v 63); 3) la vita eterna è di chi crede (w 47,64). D'altronde non è nuova l'idea che la Parola di Dio sia alimento e vita (Mt 4:4; Gv 4:34). . 4. E' possibile che tramite la «Cena del Signore» il sacrificio di Cristo si ripeta? Secondo la teologia cattolica, quando il sacerdote benedice gli elementi sull'altare, essi, pur mantenendo la stessa apparenza di pane e vino, divengono realmente ed integralmente il corpo e il sangue di Cristo. Questa trasformazione degli elementi della «Santa Cena» è chiamata «transustanziazione». Tale dottrina, apparsa per la prima volta nel IX secolo con il monaco Radberto, è stata definita in dogma nel Concilio del Laterano (nel 1215) e, in seguito, nel Concilio di Trento (nel 1551). Riteniamo che celebrare la «Santa Cena» non possa essere affatto una ripetizione del sacrificio del Salvatore per le seguenti ragioni: a) II sacrificio di Cristo è centrato sulla croce e non sulla «Santa Cena». Distribuendo il pane e il calice Gesù, come in una parabola vivente, profetizza e non realizza, la sua morte che avverrà l'indomani. Se la prima «Cena» non aveva un senso letterale (di sacrificio) non si capisce perché dovrebbe averlo oggi. b) La «Santa Cena» è «annunziare» la morte del Signore (ICor 11:26). Si può parlare di attualizzazione del passato, di anticipazione del futuro, ma mai di ripetizione del sacrificio. e) II sacrificio della croce è unico e irripetibile. L'epistola agli Ebrei non lascia dubbi: il sacrificio di Cristo è stato unico, sufficiente a salvare tutta l'umanità e irripetibile nel tempo (9:12,25-28; 10:10-14). Ritenere che il sacrificio di Cristo debba ripetersi per la nostra salvezza è ridurre tale sacrificio a quello dei tanti animali dell'AT, è non aver accettato l'opera redentrice del Messia, è spostare l'asse del Vangelo da Cristo (e la croce) all'uomo (e l'altare). . 5. Partecipare alla «Cena del Signore» significa godere automaticamente di una grazia salvifica? I testi in esame affermano proprio il contrario, infatti: a) Giuda partecipa alla cena (Gv 13), ma a sua propria perdizione. b) Satana pare entrare in Giuda proprio nel momento in cui riceve il pane da Gesù (Gv 13:27). E' il paradosso: Giuda riceve il «corpo del Signore» ed è Satana che entra in lui... Giovanni vuol togliere ogni idea «magica» a riguardo della Cena. e) Ciò che determina la perdizione di Giuda non è il partecipare o meno alla «Cena», ma il fatto che Giuda aveva già deciso in cuor suo di tradire il Salvatore prima ancora di lasciarsi lavare i piedi (Gv 13:2). Nel discorso sul pane della vita Gesù ribadisce che ciò che vale non è la carne, ma la fede (Gv 6:47,63; cfr 3:15,16,18,36). d) Paolo invita ad un esame di coscienza prima di partecipare alla «Cena», perché esiste la possibilità di essere «colpevoli» e addirittura «condannati» (ICor 11:27,32). Sembra che l'apostolo, riprendendo i Corinzi per la loro irriverenza (27-29) e per il loro egoismo materialista (w 20-22,33), peraltro sfociati in decadenza fisica (v 30), abbia in mente proprio l'esperienza di Giuda (colpevole della morte di Gesù... mangia e beve un giudizio su se stesso... non discerne il significato della «Cena»... e viene condannato con il mondo...). Comunque sia, Paolo è chiaro: ciò che da valore al rito è la mia comprensione e fede in ciò che esso rappresenta. . 6. Bisogna essere «perfetti», «santi» per partecipare alla «Cena»? Il NT ci racconta che alle varie «Cene del Signore» parteciparono i dodici apostoli (compreso Giuda), i credenti della chiesa primitiva (Atti 2:42,46; 20:7,11) e quelli di Corinto (ICor 10). Sarebbe assurdo pretendere che tutti i credenti di allora fossero «perfetti». E' vero che Paolo mette in guardia i credenti di Corinto dal partecipare alla «Cena» senza aver compreso i significati profondi ed eterni del rito, ma dopo aver detto : «Provi l'uomo se stesso», aggiunse: «E cosi mangi del pane e beva del calice» (ICor 11:28). Paolo non incoraggia l'astensione dalla «mensa del Signore», ma condanna chi non compie i passi necessari per parteciparvi. La «Cena», simbolo della sua morte, è il mezzo supremo usato da Cristo per «attrarre» a sé il peccatore (Gv 3:14; 8:28; 12:32,33). Chiunque si riconosce tale e vede in Cristo l'Agnello di Dio ha il diritto di partecipare alla «Cena» annunziando così la sua gioia e certezza di salvezza in Cristo Gesù. . 7. Che tipo di pane e di bevanda usò Gesù nella «Cena?» Il pane era certamente «azzimo» (senza lievito) in quanto, secondo la legge antica (Es 12:15-20), durante tutta la settimana pasquale era proibito usare un altro tipo di pane (cfr Le 22:7 e parall; parlano del giorno degli azzimi). Per la bevanda bisogna tener conto dei seguenti dati: a) I testi che abbiamo esaminato parlano unicamente di «calice» e di «frutto della vigna». b) Al tempo di Cristo prima e dopo la cena pasquale si bevevano quattro coppe. e) Sempre al tempo di Gesù il giorno 13 del mese di Nisan (prima, quindi, dell'inizio della cerimonia pasquale) si eliminava ogni prodotto fermentato. d) La parola greca methuei tradotta con «ubriaco» (lCor.ll:21)può anche riferirsi al mangiare con ingordigia, senza limiti. In questo caso il testo citato potrebbe essere meglio tradotto: «Mentre l'uno ha fame, l'altro è sazio» (4). Da queste osservazioni concludiamo che la bevanda usata da Gesù in quella serata pasquale era del vino dolce (succo d'uva non fermentato) o dello sciroppo d'uva diluito in acqua (sempre non fermentato). . 8. Qual è la frequenza della celebrazione della «Cena»? La Chiesa apostolica ha compreso chiaramente che la «Cena del Signore» doveva essere ripetuta e rivissuta nel tempo come lo prova, tra gli altri testi già menzionati, l'esempio dei Corinzi. Nel NT non vi è però nessuna indicazione relativa alla frequenza che tale rito doveva avere nell'anno. Comunque, dai testi degli Atti (2:42,46) e della prima lettera ai Corinzi, si capisce che la chiesa primitiva celebrava frequentemente la «Santa Cena» in occasione di pasti in comune («agapi»). Evidentemente per la chiesa primitiva celebrare la «Cena» era sentire di nuovo presente il loro Maestro e Salvatore e, in un certo senso, abbreviare il tempo che li separava dal suo ritorno in gloria. Era motivo di gioia e di testimonianza dell'amore di Dio e della comunità. Non sorprende quindi che la chiesa rivivesse questi momenti il più frequentemente possibile.

Salvati per fede, le opere a cosa servono? “La Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato gli stranieri per fede, preannunziò ad Abraamo questa buona notizia: «In te saranno benedette tutte le nazioni». In tal modo, coloro che hanno la fede sono benedetti con il credente Abraamo. Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto la maledizione; perché è scritto: «Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica». E che nessuno mediante la legge sia giustificato davanti a Dio è evidente, perché il giusto vivrà per fede. ” Galati 3 : 7-10. Questo testo è illuminante poiché afferma che il fondamento dell’evangelo è lo stesso, al tempo dell’Antico Testamento come ora. Abramo credette e fu benedetto; in risposta alla parola di Dio in Cristo mediante l’evangelo, noi siamo chiamati a credere, e con questo a ricevere la benedizione della giustizia che ci viene accordata. L’affermazione dell’apostolo Paolo risplende affermando che i cristiani si trovano in una nuova relazione con Dio godendo di una giustizia che non è nostra, nel senso che non si fonda sulle proprie azioni, e questo cambia tutto, poiché giustizia imputata è il contrario di condanna! La logica su cui poggia la fiducia nelle opere della legge va esaminata attentamente, in quanto la legge può solo condannare, per cui confidare in essa per essere salvati significa opporsi alla giustificazione per fede. Cogliere questa differenza è di capitale importanza. Lo scopo della legge è quello di mettere in evidenza il colpevole e giudicarlo, non già quello di assolverlo! Questo è il punto specifico da cogliere: i cristiani contrariamente a quanto affermano che la legge è stata abrogata, per cui non siamo in obbligo di osservare la legge per essere salvati commettono un grave errore di valutazione. La legge non si fonda su una risposta di fede, ma sulle azioni. Essa mostra il nostro peccato, ma non può risolvere le nostre colpe e la nostra posizione dinanzi a Dio. Solo Cristo e la fede nella sua redenzione ci consente di essere accettati da Dio. Questo avviene soltanto mediante il credere. Opere delle legge e fede nell’opera di Cristo si escludono a vicenda come base di giustificazione. La legge mostrando il nostro stato di peccato ci rimanda a Cristo per essere perdonati e riconciliati con Dio. La fede è il canale mediante il quale lo Spirito Santo realizza in noi i frutti buoni della sua azione. Questo avviene perché Dio chiede di avere fede in lui, non perché egli si augura che facciamo delle opere buone. Lo scrive l’Apostolo Paolo ai Filippesi, affermando: “Dio opera in voi, e vi rende capaci non soltanto di volere, ma anche di agire”. Questo agire sono le opere prodotte dalla giustizia di Cristo che agisce nel cuore del credente e costituiscono l’espressione tangibile della sua azione. Vi sono poi delle opere che l’uomo naturale compie, che Dio dice sono come “un vestito sudicio”. Sono quelle dettate dall’orgoglio umano e si oppongono alla chiara luce divina. Questo genere di opere prodotte indipendentemente dall’azione divina si oppongono alla vita della fede. Ecco perché la Bibbia ci insegna che questo non è qualcosa che Dio vuole per noi. E’ necessario dunque, non offrire nulla a Dio che proviene dal nostro io, e che fa in modo che l’Eterno non approvi. La fede produce delle opere giuste il cui vero autore è Cristo, non noi. Per questa ragione solo la fede piace a Dio. Essa fa che Egli sia il centro che dirige la nostra vita, e guerreggia contro tutto ciò che si oppone allo spirito. Possiamo comprendere come vivere per la fede in Cristo Gesù è una questione di primaria importanza. Essa è anche un problema strettamente personale. Questa vita della fede dipende da una forza interiore che agisce in noi stessi e fa di essa un’esperienza individuale, unica, alla quale nessuno può ‘sostituirsi o agire per procura. Una vita di fede autentica non sarà legittimata da una decisione delle autorità ecclesiastiche, ma da una personale convinzione che ci porta a sperimentare personalmente la realtà della potenza trasformatrice della grazia di Cristo. Possiamo essere credenti, ma senza la fede solo in Cristo siamo lontani dall’essere cristiani.

Non esiste un solo riferimento nelle Sacre Scritture che affermi esplicitamente, e senza ombra di dubbio che l'adorazione resa a Dio in giorno di Sabato, come prescrive il IV Comandamento (vedi Esodo 20), può essere resa in un giorno diverso dal Santo Sabato, giorno che il Creatore ha istituito come giorno sacro di riposo, (interruzione dal lavoro servile), di incontro e adorazione, con lui e con la comunità dei credenti. . Oltre a ciò la messa è un rito sacrificale che si fonda sulla teoria della transustanziazione; vale a dire che l'officiante è in grado di trasformare il pane e il vino nella stessa sostanza del corpo e del sangue di nostro Signore Gesù Cristo; insegnamento che non si relaziona con le parole di Cristo e gli scritti dell'Apostolo Paolo, e che ha fatto la sua apparizione solo a partire dal IV secolo. . Pertanto andare alla messa di domenica, o di sabato, in nessun caso è secondo la volontà di Dio, ma rappresenta unicamente un atto di obbedienza alla Chiesa Cattolica, che considera la domenica e la messa, un segno della sua autorità in opposizione alle Sacre Scritture, come la stessa afferma letteralmente in molte sue publicazioni.

Il primo atto creativo è stata la luce: Genesi 1:3 Dio disse: «Sia luce!» E luce fu. Genesi 1:4 Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Genesi 1:5 Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno. Con questo primo atto creativo il Creatore definisce il tempo, la misura delle 24 ore dei giorni, delle settimane e così via. I primi tre giorni erano scanditi dalla luce e dalla notte. Da cosa fosse determinata la luce lo si comprende leggendo l’atto creativo del 4 giorno, quando il Signore “definisce” il RUOLO, la MISSIONE assegnata agli astri precedentemente creati! Genesi 1:14 Poi Dio disse: «Vi siano delle LUCI nella distesa dei cieli per SEPARARE il giorno dalla notte; siano dei SEGNI per le stagioni, per i giorni e per gli anni; Genesi 1:15 facciano LUCE nella distesa dei CIELI per ILLUMINARE la terra». E così fu. Genesi 1:16 Dio FECE le due grandi luci: la luce maggiore per PRESIEDERE al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e FECE pure le stelle. Genesi 1:17 Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, Genesi 1:18 per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. Genesi 1:19 Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno. . Che questo sia un dato incontrovertibile lo si deduce considerando il verso 16 e 17 , dove i verbi utilizzati rimandano a un tempo già trascorso… Dio fece… Dio le mise… . Si deve tenere presente che Mosè, autore della Genesi, descrive quello che probabilmente gli viene mostrato in “visione”. I contenuti non sono di ordine scientifico, non vogliono spiegare come Dio ha creato, ma solo che Dio è il Creatore; quindi gli avvenimenti riportati in ciascun giorno della creazione sono essenzialmente di ordine pedagogico. Questo ci aiuta a comprendere il motivo per cui nella Genesi, troviamo affermazioni che riprendono cose già dette o fatte in precedenza. . Inoltre dal racconto creativo del primo giorno l’artefice della luce non viene menzionato mentre invece si sofferma molto sul fattore tempo. Il primo giorno è importante perché definisce la misura del giorno e della notte, quindi della settimana e di conseguenza del settimo giorno che porterà la firma del Creatore… . Naturalmente dal momento che non è possibile affermare con certezza che sia la luce di Dio in quanto non è scritto che lo sia, è solo un’ipotesi che comunque lascia un ulteriore problema di comprensione: dove è finita la luce di Dio con il sopraggiungere delle tenebre? Le tenebre sono in grado di oscurare la luce di Dio? . Tuttavia dal testo di Genesi 1:5 “Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.” Appare evidente che la sequenza giorno notte è legata alla luce solare e al buio della notte per effetto della rotazione terrestre che inonda di luce solo un emisfero per volta…. Se ai primi tre giorni ci fosse stata la luce emanata da Dio, la terra sarebbe stata illuminata globalmente e non si comprende come poteva sopraggiungere la notte… . Ci sono delle zone che mettono in ombra la luce di Dio? Assolutamente no! Sta scritto: Daniele 2:22 "Egli svela le cose profonde e nascoste; conosce ciò che è nelle tenebre, e la luce abita con lui." . L’opera creativa del quarto giorno non è sminuita ma avvalorata! Essa lascia comprendere che la vita sul pianeta non è effetto del caso o lasciata ai capricci del caso, ma che Dio ha disposto leggi precise che governano la terra, la vita e la sopravvivenza dell’umanità sul pianeta. Nulla di ciò che vive e si muove, nella natura come nell’umanità può farlo indipendentemente dalla volontà di Dio… Atti 17:28 “Difatti, in lui viviamo, ci muoviamo, e siamo.”

Il 31 ottobre come ogni anno ritorna la festa di Halloween; i negozi e le case si riempiono di zucche, maschere spaventose, streghe e quanto altro di spaventoso. La fantasia popolare ha dato forma a leggende e racconti oscuri, di cui streghe e folletti, diavoli e santi sono i protagonisti. Una narrazione fantastica sul mistero di ogni cosa, o dal timore verso ciò che è ignoto e sconosciuto, di certo vi è solo una tradizione popolare densa di enigmi e leggende tenebrose, tramandate di generazione in generazione che non è compatibile con il cristianesimo. Per capire se Halloween va considerata una festa cristiana o qualcosa di pericoloso, si deve considerare le sue origini. “La sua storia e le sue origini sono europee, più precisamente celtiche. Halloween viene tradizionalmente collegata alla festa celtica di Samhain, una parola che deriva dall'antico irlandese e significa “fine dell'estate”: i Celti, infatti, come molti altri popoli antichi, misuravano il tempo in base alle stagioni e ai cicli del raccolto, e Samhain era la festa che segnava il passaggio dalla fine dell'estate all'inizio dell'inverno e il momento per l’ultimo raccolto prima dell’arrivo della stagione fredda. Per questo motivo Samhain era la festa più importante per loro, e veniva considerata alla stregua del nostro capodanno. Oltre a rappresentare un importantissimo momento di passaggio, secondo la tradizione celtica durante la notte di Samhain il velo che separa il mondo dei morti da quello dei vivi diveniva talmente sottile da poter essere “attraversato”: i morti potevano così tornare nel mondo dei vivi ed entrare in contatto con essi. La festa di Samhain era quindi anche un momento in cui celebrare ed onorare i propri cari defunti. Infine, la tradizione fu importata in America grazie alle intense migrazioni irlandesi dell’800 verso gli attuali Stati Uniti, diventando nel tempo l’Halloween che oggi molti cristiani festeggiano. Che cosa impedisce ai cristiani di festeggiare Halloween, nemmeno per scherzo? Il messaggio che questa festa porta non è cristiano in quanto sostiene un contatto extrasensoriale con il mondo dei morti che la Parola di Dio proibisce e dichiara illusoria e pericolosa almeno per tre motivi: Il primo motivo; la festa di Halloween è in conflitto on l’insegnamento della Sacra Scrittura sulla condizione dei morti, l’eloquenza della narrazione è chiarissima: Isaia 38:18 Poiché non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella tomba non possono più sperare nella tua fedeltà. Ecclesiaste 9:5 Infatti, i viventi sanno che moriranno; ma i morti non sanno nulla, e per essi non c'è più salario; poiché la loro memoria è dimenticata. Ecclesiaste 9:10 Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non c' è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né saggezza. Isaia 38:19 Il vivente, il vivente è quello che ti loda, come faccio io quest' oggi; Salmi 6:5 Poiché nella morte non c' è memoria di te; chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti? Salmi 115:17 Non sono i morti che lodano il SIGNORE, né alcuno di quelli che scendono nella tomba. Isaia 38:18 Poiché non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella tomba non possono più sperare nella tua fedeltà. La morte segna la fine della vita fisica e con essa ogni attività intellettuale cessa. L’idea che l’anima del defunto possa comunicare con i viventi si basa su una credenza del paganesimo. L’uomo non ha un’anima ma è un’anima vivente. Genesi 2:7 Dio il SIGNORE formò l' uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l' uomo divenne un' anima vivente. . Il verbo non è AVERE ma ESSERE. Se un uomo è qualcosa vuol dire che è questo qualcosa. Questa idea dell’aldi là di cui Halloween è portatore proviene dal mondo greco. L’ha sviluppata Platone asserendo che l’anima è immortale e dopo la morte passa a una esistenza extra sensoriale da cui partecipa alla vita degli uomini. Questa conecezione ha dato la stura alla creazione di dei ed eroi del paganesimo; una narrazione dei miti del mondo greco-romano che è stata introdotta nel cristianesimo ad opera di Sant’Agostino, il quale ha inserito nella fede cristiana questa idea non cristiana dell’anima immortale; così santi e madonne, statue, dipinti e oggetti della devozione sono stati inseriti nell’adorazione dei fedeli benché la Parola di Dio lo proibisca severamente: . Esodo 20:4 Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Levitico 19:4 Non vi rivolgete agli idoli, e non vi fate degli dèi di metallo fuso. Io sono il SIGNORE vostro Dio. Levitico 26:1 «"Non vi farete e non metterete in piedi né idoli, né sculture, né monumenti. Nel vostro paese non rizzerete pietre scolpite per prostrarvi davanti a loro, poiché io sono il SIGNORE vostro Dio. . La condizione umana non possiede l’immortalità naturale. La Parola di Dio dichiara che solo Dio possiede la vita e l’immortalità: 1Timoteo 1:17 Al Re eterno, immortale, invisibile, all' unico Dio, siano onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen. 1Timoteo 2:16 il quale solo possiede l’immortalità ed abita una luce inaccessibile; il quale nessun uomo ha veduto né può vedere. . Il secondo motivo; Halloween suggerisce un messaggio illusorio perché dà credito alla menzogna diabolica suggerita da Satana che ha provocato l’ingresso della morte nella condizione umana: Genesi 3:4-5 Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».

ll nome di Yahweh lo si trova nell’Antico Testamento 6823 volte. È il nome proprio del Dio d’Israele. Questo nome non poteva essere pronunciato dagli ebrei e veniva sostituito nella pronuncia con Elohim o Adonai. Il tetragramma YHWH per essere pronunciato è stato arricchito di due vocali "a" e "e", e così è diventato Yahweh. Nell’Antico Testamento per indicare Dio spesso viene usato anche il nome Elohim, che è plurale e lo si trova 2550 volte. . Adonai, nome con cui si sostituiva Yahweh nella pronuncia, significa Signore. Quando l’Antico Testamento dai LXX fu tradotto in greco Yahweh e Adonai divennero Kyrios, che significa Signore, in latino Dominus. . Nel Nuovo Testamento, scritto in greco, il nome Yahweh non compare mai. Vi troviamo la parola greca Theòs, che significa Dio. Nei Vangeli Gesù chiama Dio sempre con il nome Padre. E spesso Theòs e Padre si identificano. . Quando Pietro dice a Gesù: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”, il greco riporta Theòs, che evidentemente s’identifica con il Padre. Quando Tommaso apostolo loda Gesù dicendo “Mio Signore e mio Dio” gli tributa due nomi che sono di Dio Padre. Del resto Gesù aveva parlato chiaramente della sua perfetta uguaglianza con il Padre quando aveva detto: “Io e il Padre (Dio) siamo una cosa sola” (Gv 10,30). . Ecco dunque i motivi per cui nel Nuovo Testamento – scritto in greco – non compare mai il nome di Yahweh. Ma vi si trova l’equivalente greco Kyrios, nella traduzione latina Dominus, e in quella italiana l’italiano Signore.

La pratica di farsi il segno della croce è quantomai importante nella Chiesa Cattolica Romana, ma è praticata anche fra i greco-ortodossi e gli episcopaliani. La storia del segno della croce risale almeno a Tertulliano, il padre della Chiesa antica che visse fra il 160 e il 220 d.C. Egli scrisse: "Se ci mettiamo in cammino, se usciamo od entriamo, se ci vestiamo, se ci laviamo o andiamo a mensa, a letto, se ci poniamo a sedere, in queste e in tutte le nostre azioni ci segniamo la fronte col segno di croce". . In origine, ci si tracciava sulla fronte una piccola croce con il pollice o con un altro dito. Sebbene sia difficile indicare esattamente quando si passò dal tracciarsi una piccola croce sulla fronte alla pratica moderna di tracciarsi una grossa croce dalla fronte al petto e da spalla a spalla, sappiamo per certo che il cambiamento era già avvenuto entro l’XI sec. d.C., quando il Libro delle Preghiere di re Enrico fornisce l’istruzione di "segnare con la santa croce i quattro lati del corpo". . I cattolici trovano sostegno alla pratica del segno della croce anzitutto nei molti anni della loro tradizione ecclesiastica e, in secondo luogo, in Esodo 17:9-14 e Apocalisse 7:3; 9:4; 14:1. Sebbene questi passi parlino effettivamente di un segno sulla fronte come protezione dal giudizio di Dio, essi devono essere interpretati alla luce del loro contesto, in base al quale non c’è alcun motivo di credere che vi si prescriva il segno ritualistico della croce. . Nel XVI sec., uno dei princìpi centrali della Riforma protestante fu il sola Scriptura, secondo cui ci si doveva disfare di qualunque pratica che non si allineasse con la Scrittura. I Riformatori inglesi credevano che l’usanza del segno della croce dovesse essere lasciata alla libertà di coscienza dell’individuo, com’era stato scritto nel Libro delle Preghiere di re Eduardo VI: "...inginocchiarsi, farsi il segno della croce, alzare le mani, battersi il petto e altri gesti possono essere usati o abbandonati nella misura in cui giovano alla devozione di ciascuno, senza biasimo". In genere i protestanti hanno considerato il segno della croce come una tradizione che non aveva alcun sostegno nella Scrittura, o che era perfino idolatrica, e pertanto fu abbandonata dai più. . Benché la Bibbia non c’insegni a farci il segno della croce, esso non è privo di simbolismo biblico. La sua forma serve a ricordare la croce di Cristo. Storicamente, il segno è stato considerato anche la rappresentazione della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Mediante la fede nel Signore Gesù Cristo e nella Sua morte sostitutiva sulla croce, la salvezza è estesa in dono gratuito a tutta l’umanità. La Trinità è la dottrina della Deità: un unico Dio che esiste in tre distinte persone. Entrambe le dottrine costituiscono il fondamento sia dei cattolici che dei protestanti e sono certamente biblicamente fondate. Il segno della croce è stato associate in certi momenti a poteri soprannaturali come quello respingere il male, i demòni, ecc. Questo aspetto mistico del segno della croce è completamente falso e non può essere in alcun modo sostenuto biblicamente. . Mettendo da parte l’aspetto mistico, farsi il segno della croce non è né giusto né sbagliato e può essere positivo, se serve a ricordare a una persona la croce di Cristo e/o la Trinità. Purtroppo, non è sempre così, e molte persone eseguono semplicemente i movimenti del rito di segnarsi senza capire perché lo fanno. In ultima analisi, il segno della croce non è assolutamente richiesto ai cristiani perché non è insegnato dalla Parola di Dio.

L’espressione “sulla fronte e sulla mano” indica la completa ubbidienza nel pensiero e nelle azioni. La visione di Giovanni svela che il piano della bestia è usurpare l’autorità di Dio obbligando tutti a ubbidire ai propri decreti. Il “marchio della bestia”, significa che gli uomini assumono lo stesso pensiero di questo potere e agiscono in sintonia con i suoi dettami. Non si tratta solo di un giorno, di un calcolo o di un personaggio, ma di un modo di pensare e di agire nell’esistenza che incide profondamente nella coscienza dell’individuo. . In sintesi il marchio è il segno dell’usurpazione dell’autorità di Dio da parte di un sistema religioso che non ha nulla da condividere con Dio. Il 666 rivela la natura della sua vocazione. Nella tradizione biblica il 6 rappresenta l’umanità; il primo uomo fu creato il sesto giorno; del resto lo afferma la visione “è numero d’uomo” (apoc 13:18). . Ripetuto per tre volte indica l’orgoglio di elevarsi al livello di Dio “tre volte santo” Apoc 4:8 Questo indizio ci riporta alla torre di Babele e alla sfida arrogante lanciata verso Dio con quella costruzione. Il 666 rivela così che si tratta di un’istituzione umana apostata con la volontà di rimpiazzare la divinità e assumere per se l’adorazione che spetta solo a Dio. “… s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio.” 2 Tess2:4

Al Calvario, quasi tutti respinsero Gesù. Solo pochi riconobbero chi era realmente; tra questi, uno dei due ladroni lo riconobbe come Re e Signore (Luca. 23: 42), e il soldato romano che disse: "Quest' uomo era davvero Figlio di Dio" (Marco. 15: 39). Scrive l'Apostolo Giovanni: "E' venuto nel mondo che è suo ma i suoi non l'hanno accolto". (Giov 1: 11) Egli si riferiva non solo alla moltitudine incredula raccolta ai piedi della croce, e neppure al solo popolo di Israele, bensì ad ogni generazione che abbia vissuto. Ad eccezione di un pugno di individui, tutta l'umanità, a somiglianza della chiassosa moltitudine riunita sul Calvario, ha rifiutato di riconoscere in Gesù di Nazareth il suo Dio e Salvatore. - Questo fallimento, il più tragico e profondo dell'umanità, dimostra che la conoscenza di Dio che possiedono gli esseri umani è radicalmente insufficiente. Le molte teorie che cercano di spiegare Dio, ed i numerosi argomenti a favore o contro la sua esistenza, mostrano che la sapienza umana non può comprendere il divino. Dipendere esclusivamente dalla sapienza umana per comprendere Dio, equivale ad usare una lente d'ingrandimento nello stuDio delle costellazioni. Per questo, per molti la sapienza di Dio è una sapienza impenetrabile, e Dio resta un mistero (1 Cor. 2: 7). Scrive l'Apostolo Paolo:"... Nessuna delle potenze che governano questo mondo ha conosciuto questa sapienza. Se l'avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (1 Cor. 2: 8). Uno dei comandamenti raccomandato dalla Scrittura è: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, e con tutta la tua anima, e con tutta la tua mente" (Mat. 22: 37); Non possiamo amare qualcuno del quale non sappiamo niente; d'altra parte, non possiamo scoprire le cose profonde di Dio cercandole ognuno per conto proprio (Giobbe 11: 7). - Dunque, come possiamo conoscere ed amare il Creatore? Dio conosce il dilemma che affrontano gli esseri umani; per questo motivo nel suo grande amore e compassione, ha parlato a noi per mezzo della Bibbia. Nelle sue pagine ci rivela che il cristianesimo non è il prodotto della conoscenza che gli uomini hanno di Dio; ma la rivelazione che Dio fa di se stesso e dei suoi propositi verso l'uomo. Questa rivelazione è data per colmare l'abisso esistente tra questo mondo ribelle ed il nostro Dio d'amore. La maggiore manifestazione dell'amore di Dio è giunta all'uomo per mezzo della sua suprema rivelazione, cioè di Gesù Cristo, suo Figlio. Per mezzo suo possiamo conoscere il Padre. Come dichiara Giovanni: "Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha insegnato a conoscere il vero Dio" (1 Giov 5: 20). Queste sono buone notizie! Sebbene è impossibile conoscere completamente Dio, le Sacre Scritture ci permettono di ottenere un conoscenza pratica sufficiente per permetterci di entrare in una relazione salvifica con Dio. - A differenza di altri metodi di investigazione, la conoscenza di Dio a che vedere col cuore e con la mente. Abbraccia tutto l'essere, non solo l'intelletto. Inoltre è necessario aprirsi all'influsso dello Spirito Santo, ed essere disposti a compiere la volontà di Dio (Giov 7: 17). Gesù disse: "Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio" (Mat. 5: 8). È chiaro dunque che gli increduli non possono comprendere Dio. Paolo esclamò: "Gli uomini con tutto il loro sapere, non sono stati capaci di conoscere Dio e la sua sapienza. Perciò Dio ha deciso di salvare quelli che credono mediante questo annunzio di salvezza che sembra pazzia" (1 Cor. 1: 21). La maniera in cui impariamo a conoscere Dio per mezzo della Bibbia, differisce da tutti gli altri metodi di ricerca. Non possiamo elevarci al di sopra di Dio e trattarlo come un oggetto che deve essere analizzato e quantificato. Nel nostro tentativo di conoscere Dio, dobbiamo sottometterci all'autorità della sua rivelazione: la Bibbia. La Bibbia è l'interprete di se stessa; dobbiamo sottometterci ai principi e metodi di ricerca che essa prevede. Solo rispettando questa regola biblica noi possiamo conoscere Dio.

In contrasto con i pagani delle nazioni circostanti, il popolo d'Israele credeva nell'esistenza di un solo Dio (Deut. 4: 35; 6: 4; Isa. 45: 5; Zac. 14: 9). Il Nuovo Testamento colloca la stessa enfasi nell'unità di Dio (Marco 12: 29-32; Giov 17: 3; 1 Cor. 8: 4-6; Efe. 4: 4-6; 1 Tim. 2: 5). Questa enfasi monoteistica non contraddice il concetto cristiano del Dio trino o Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo; La pluralità dentro la Divinità non indica che esiste un pantheon di diverse divinità. Sebbene l'Antico Testamento non insegna esplicitamente che Dio è trino, non è meno certo che si riferisce ad una pluralità dentro la Divinità. In certi occasioni Dio usa plurali, tali come: Facciamo l'uomo a nostra immagine (Gen. 1: 26); Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi (Gen. 3: 22); Scendiamo dunque, e confondiamo il loro linguaggio (Gen. 11: 7). A volte, l'espressione Angelo della Signore si identifica con Dio. Quando apparve a Mosè, l'Angelo del Signore disse: Io sono il Dio di tuo padre, Dio di Abrahamo, Dio di Isacco, e Dio di Giacobbe (Esodo 3: 6). - In diversi riferimenti si fa una distinzione tra Dio ed il suo Spirito. Nel racconto della creazione, lo Spirito di Dio si muoveva sulla superficie delle acque (Gen. 1: 2). Alcuni testi oltre allo Spirito, includono anche una terza Persona: "Ora è Dio, il Signore(il Padre) che mi manda (parla il Figlio) e mi dà il suo Spirito (lo Spirito Santo)" (Isa. 48: 16). Cristo ha fornito una spiegazione chiara della relazione che esiste tra le Persone della Divinità. Il Vangelo di Giovanni rivela che la Divinità consiste in Dio il Padre (cap. 3), Dio il Figlio (cap. 4), e Dio lo Spirito Santo (cap. 5); un'unità di tre Persone coeterne, unite in una relazione misteriosa e specialissima. Una relazione di amore. Quando Cristo esclamò: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Marco. 15: 34), espresse la sofferenza prodotta dalla separazione da suo Padre a motivo del peccato dell'umanità, di cui si era fatto carico. L'Essere che non conobbe peccato, diventò peccato per noi. Prendendo il nostro posto, sperimentò la separazione da Dio e la punizione per il peccato che era su di noi. Noi non comprenderemo mai quello che significò per la Divinità la morte di Gesù. - Dall'eternità il Figlio è stato con il Padre e con lo Spirito. Ha condiviso una vita coeterna, coesistente, in assoluta abnegazione e amore reciproco. Dio è amore (1 Giov 4: 8) significa che ogni membro della divinità vive in questo modo una relazione di perfetta gioia e felicità. - La benedizione apostolica include le tre persone della Divinità. La grazia del Signor Gesù Cristo, l'amore di Dio, e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor. 13: 14). Il punto di unione tra Dio e l'umanità fu ed è sempre attraverso Gesù Cristo, il Dio che si fece uomo. Sebbene i tre membri della Divinità operano in perfetta sintonia per la salvezza dell'uomo, solo il Figlio di Dio assunse la natura umana, visse come uomo e morì sulla croce divenendo il nostro Salvatore, (Giov 6: 47; Mat. 1: 21; Ebrei. 4: 12). Nelle loro funzioni, i differenti membri della Divinità svolgono compiti diversi per la salvezza dell'uomo, ma tutti ugualmente indispensabili e complementari. L'opera dello Spirito non aggiunge nulla alla qualità del sacrificio di Gesù Cristo sulla croce. Per mezzo dello Spirito, e della sua opera nel cuore del credente, i meriti del sacrificio di Cristo sono attribuiti per fede a colui che crede.

Prima che il male facesse la sua apparizione, nell'universo regnavano la pace e la gioia. Tutto era in perfetta armonia con la volontà del Creatore. L'amore per Dio era supremo, e l’amore reciproco imparziale. Cristo, la Parola, l'Unigenito di Dio, era uno con il Padre eterno: uno in natura, in carattere, in propositi. Egli era l'unico essere nell'intero universo che potesse partecipare a tutti i consigli e a tutti i progetti di Dio. Fu per mezzo suo che il Padre creò gli esseri celesti. "In lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli... siano troni, siano signorie, siano principati, siano potestà" Colossesi 1: 16. Tutto il cielo ubbidiva sia a Cristo che al Padre. - Essendo la legge dell'amore il fondamento del governo di Dio, la felicità di tutti gli esseri creati dipendeva dal loro perfetto accordo con i grandi principi di questa legge. Dio chiede a tutte le sue creature un servizio dettato dall'amore, e desidera un omaggio che deriva da un intelligente apprezzamento del suo carattere. Egli non si compiace di un'ubbidienza forzata, e accorda a tutti un libero arbitrio affinché possano servirlo volontariamente. Ma Lucifero (che significa portatore di luce) decise di sovvertire questa libertà. Il peccato ebbe origine proprio in colui che dopo Cristo era stato maggiormente onorato da Dio e che era il più potente e il più glorioso di tutti gli abitanti del cielo. Prima della sua caduta, Lucifero era il primo dei cherubini protettori, santo e immacolato. "Così parla il Signore, l'Eterno: Tu mettevi il suggello alla perfezione, eri pieno di saviezza, di una bellezza perfetta; eri in Eden, il giardino di Dio; eri coperto d'ogni sorta di pietre preziose... Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore. Io t'avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio, camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato, perché (Diodati traduce "finché") non si trovò in te la perversità " Ezechiele 28: 12-15. Lucifero avrebbe potuto conservare il favore di Dio, essere amato e onorato dalle schiere angeliche e adoperare le sue nobili facoltà per il bene degli altri alla gloria del suo Creatore. Ma, dice il profeta: "Il tuo cuore s'è fatto altero per la tua bellezza; tu hai corrotto la tua saviezza a motivo del tuo splendore" versetto 17. A poco a poco Lucifero cedette al desiderio dell'auto esaltazione: "Tu ti sei fatto un cuore come un cuore di Dio" versetto 6. "Tu dicevi in cuor tuo: "Io... eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio; io m'assiderò sul monte dell'assemblea... salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all'Altissimo" Isaia 14: 13, 14. Dio stesso aveva stabilito l'ordine del cielo; allontanandosi da esso, Lucifero disonorava il suo Creatore e provocava la propria rovina. Gli alti onori ricevuti non furono da lui apprezzati come un dono di Dio, e non gli ispirarono alcun sentimento di gratitudine nei confronti del Creatore. Fiero del proprio splendore e della propria esaltazione, volle essere uguale a Dio. Dio, nella sua infinita misericordia, sopportò a lungo Lucifero e non lo destituì dalla sua alta posizione alle prime manifestazioni di opposizione, e neppure quando cominciò a esporre agli angeli le sue pretese peccaminose. Il ribelle impiegò tutte le facoltà della sua intelligenza per conquistare la simpatia degli angeli, renderli perplessi con sottili e false argomentazioni, e unendoli a se nella ribellione contro l'autorità celeste. Dio, nella sua saggezza, permise all'angelo ribelle di continuare la sua opera fino a che lo spirito di scontentezza non sfociò in attiva rivolta. Era necessario che il piano del ribelle avesse un pieno sviluppo e che fossero note a tutti la sua vera natura e la sua reale tendenza. Lucifero, in qualità di cherubino, era stato particolarmente innalzato; era molto amato dagli esseri celesti e notevole era il suo influsso su loro. Poiché il governo di Dio includeva non solo gli abitanti del cielo, ma anche quelli di tutti i mondi da lui creati, Lucifero pensò che se fosse riuscito a trascinare gli angeli del cielo nella sua rivolta, avrebbe potuto aggiungere gli altri mondi al suo impero. La sua potenza di seduzione era grande e, simulando un altruistico interesse per il bene delle creature del cielo, era riuscito -parzialmente- nei suoi intenti. Perfino gli angeli rimasti fedeli a Dio non riuscivano a discernere appieno i propositi del suo carattere o a vedere dove avrebbe condotto la rivolta. - Anche quando fu deciso che Satana non poteva più rimanere in cielo, Dio non lo distrusse. Poiché il Creatore accetta solo il servizio dettato dall'amore, l'ubbidienza delle sue creature deve basarsi sulla convinzione della sua giustizia e della sua benevolenza. Se Satana fosse stato distrutto, gli abitanti del cielo e quelli degli altri mondi, non essendo preparati a comprendere le conseguenze del peccato e della ribellione, non avrebbero potuto discernere la giustizia e la misericordia di Dio. Se egli fosse stato immediatamente cancellato dall'esistenza, le creature celesti avrebbero servito Dio per timore e non più per amore. Una prova di forza non avrebbe dimostrato chi era il migliore, ma solo chi era il più forte! L'influsso del seduttore non sarebbe stato del tutto distrutto e lo spirito di ribellione non sarebbe stato totalmente sradicato. Il male doveva maturare. Per il bene dell'universo intero, Lucifero doveva avere l'opportunità di sviluppare in pieno i suoi propositi affinché tutti gli esseri creati potessero conoscere, nella loro vera luce, i suoi propositi contro il governo di Dio. - La ribellione di Satana mostra i terribili risultati del peccato e della disubbidienza alle leggi dell’amore stabilite da Dio. Il benessere di ogni creatura è legato al governo di Dio e al rispetto della sua legge. La storia della ribellione di Lucifero e dei suoi seguaci ci pone in guardia e ci protegge contro l'inganno del peccato, impedendoci di commettere ogni sorta di trasgressione e di subirne le conseguenze. Nel conflitto fra Cristo e Satana, durante il ministero terreno del Salvatore, il vero carattere del grande seduttore fu smascherato. Il suo crudele comportamento nei confronti del Redentore del mondo, l'audacia blasfema della sua richiesta con cui osò chiedere che Cristo gli tributasse omaggio; il suo presuntuoso ardire nel portarlo sulla cima del monte e sul pinnacolo del tempio, il malvagio intento tradito dal suo invito a gettarsi giù da quella grande altezza; la cattiveria incessante con la quale egli tormentava il Redentore inseguendolo da una località all'altra, incitando i cuori dei sacerdoti e del popolo a respingere il suo amore e alla fine a gridare: "Crocifiggilo! Crocifiggilo! ", tutto ciò suscitò lo stupore e l'indignazione dell'universo intero. - Consumato il grande sacrificio, Cristo salì al cielo, ma non accettò l'adorazione degli angeli finché non ebbe espresso la richiesta, "Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu m'hai dati" Giovanni 17:24. Con potenza e amore infiniti giunse la risposta dal trono del Padre: "Tutti gli angeli di Dio l'adorino!" Ebrei 1:6. Gesù era senza macchia; la sua umiliazione era finita, il suo sacrificio era stato consumato ed egli ricevette un nome nuovo che è al di sopra di ogni altro. La colpa di Satana è senza scusa. Egli ha rivelato il suo vero volto di mendace e omicida. Sì comprende che, se gli fosse stato consentito di dominare sugli abitanti celesti, egli avrebbe introdotto nel cielo lo stesso spirito che ha manifestato sugli abitanti della terra. Egli avrebbe provocato solo servitù e abbrutimento. Le false accuse contro il carattere e il governo di Dio sono svelate nella loro vera luce. Ma non fu solo per redimere l'uomo che Cristo venne sulla terra a soffrire e a morire. Se Egli venne per "rendere la legge grande e magnifica", non lo fece soltanto per gli abitanti di questa terra, ma anche per dimostrare a tutti i mondi dell'universo che la legge di Dio è immutabile. Se le esigenze della legge dell’amore si sarebbero potuto eliminare, per il Figlio di Dio non sarebbe stato necessario deporre la sua vita. Il piano della redenzione dei peccatori rivela a tutto l'universo che la giustizia e la misericordia sono alla base della legge e del governo di Dio. Nell'esecuzione finale del giudizio, quando il Giudice di tutta la terra chiederà a Satana di rendere conto della sua ribellione e della rovina di coloro che l'avranno seguito, l'autore del male non potrà accampare nessuna scusa. Ogni bocca rimarrà chiusa e le schiere ribelli saranno senza parole. La croce del Calvario mentre dichiara l'immutabilità della legge, proclama all'universo che il salario del peccato è la morte. Il grido del Salvatore morente: "È compiuto!", fu il rintocco funebre per Satana. Il gran conflitto che andava avanti da secoli fu allora deciso e venne assicurata l'estirpazione finale del male. Il Figliuolo di Dio varcò la porta del soggiorno dei morti "affinché, mediante la morte, distruggesse colui che aveva l'impero della morte, cioè il diavolo" Ebrei 2: 14. La brama di auto esaltazione aveva spinto Lucifero a dire: "Io... eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio... sarò simile all'Altissimo" Isaia 14: 13, 14. Dio aveva risposto: "E ti riduco in cenere sulla terra... e non esisterai mai più" Ezechiele 28: 18, 19. Quando il giorno verrà, "ardente come una fornace; e tutti i superbi e chiunque opera empiamente saranno come stoppia; e il giorno che viene li divamperà, dice l'Eterno degli eserciti, e non lascerà loro né radice né ramo" Malachia 4: 1 L'intero universo sarà stato testimone della natura e delle conseguenze del peccato. La totale eliminazione del male, che avrebbe intimorito gli angeli e disonorato Dio se fosse avvenuta al principio, rivela l'amore dell'Eterno a tutte le creature che nel cielo e sulla terra si compiacciono nel fare la volontà di Dio, e hanno nel cuore la sua legge. Una creazione provata e rimasta fedele non potrà mai più disubbidire a Colui che si è manifestato in pieno, rivelando il suo amore e la sua infinita saggezza.

Spesso sentiamo dire che nel Nuovo Patto la legge dei dieci comandamenti è stata abolita e coloro che sostengono questa idea citano testi della Bibbia che ritengono dimostrino questa tesi. Ma la logica di questo ragionamento è infondata quanto la teologia che la propone. - Scrive l’Apostolo Giovanni nell’anno 100 circa:”Se uno dice:”Io conosco Dio”, ma non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo: la verità non è in lui”. (I Giov 2:4) “I suoi comandamenti” a cui Giovanni si riferisce sono i dieci comandamenti dati da Dio a Mosè, così come si legge in Esodo 20. Da non confondere con il “comandamento nuovo” dato da Gesù: “Io vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri. Amatevi come io vi ho amato! Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate gli uni gli altri” Giovanni 13:34 Nella primavera dell’anno 57, L’Apostolo Paolo afferma:”La legge serve soltanto a far conoscere ciò che è male” Romani 3:20 La legge a cui si riferisce Paolo è quella dei dieci comandamenti, detta anche legge morale. - Qualche secolo fa, lo scrittore irlandese Jonathan Swift scrisse: «Ma può un uomo qualsiasi dire che se i verbi "ubriacarsi, ingannare, mentire, rubare" fossero esclusi mediante un Atto del Parlamento dalla lingua e dai dizionari inglesi, il mattino dopo ci sveglieremmo tutti più equilibrati, onesti e retti, e amanti della verità? Sarebbe una corretta conseguenza?» - Se la legge di Dio è stata abolita, perché consideriamo ancora un errore la menzogna, il furto e l'omicidio? Evidentemente perché queste azioni non sono tollerate in una società civile. Nessuno si sognerebbe di farlo per il solo fatto che è stata abolita la legge di Dio! - Nel Nuovo Testamento compaiono sia la Legge sia il Vangelo. La prima ci mostra che cosa è male, quindi che cosa sia il peccato, il secondo ci indica il conseguente rimedio, vale a dire il perdono che Cristo ci offre. Se non ci fosse la legge non esisterebbe nemmeno la trasgressione e quindi neppure la condanna. E dunque da che cosa dovremmo essere perdonati e salvati? Inoltre non si spiegherebbe a cosa serve l’intervento di Cristo nella storia umana? Solo nel contesto della legge e della sua validità permanente, il Vangelo ha un senso. A volte, sentiamo anche dire che la croce ha abolito la legge dei dieci comandamenti; è un'affermazione piuttosto singolare, perché la croce dimostra che la legge non poteva essere abrogata o cambiata. La morte espiatoria di Cristo mostra che il ruolo della legge è sempre valido e necessario per indicare all’umanità ciò che è male agli occhi di Dio. La lieta notizia del Vangelo è che Dio ha provveduto una soluzione al problema del peccato non eliminando la legge, ma donandoci un Salvatore. Il suo provvedimento non è stato quello di un Dio burocrate, ma di un Dio d'amore che non si rassegna a perdere l'uomo. Anche se la violazione dei precetti divini attirano sul trasgressore la punizione, grazie al sacrificio di Cristo il peccatore pentito viene perdonato e riconciliato con Dio per mezzo della fede. “…Dio per mezzo della morte di Cristo ci ha messi nella giusta relazione con sé; a maggior ragione ci salverà dal castigo, per mezzo di lui. ”. Romani 5:9

L'apostolo Paolo afferma: "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio" (2 Timoteo 3:16.). Il theopneustos parola greca, tradotta come "ispirazione" letteralmente significa "Dio ha incoraggiato". "Dio soffiò" la parola nella mente degli uomini. Pertanto, l'ispirazione è il processo mediante il quale Dio comunica la sua parola agli uomini. Scrive Pietro: “Sappiate prima di tutto questo: che nessuna Profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna Profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2 Pietro 1:20-21). Questa intuizione ricevuta è stata incorporata nel linguaggio umano con tutti i suoi limiti e imperfezioni; tuttavia, è rimasta come la testimonianza di Dio. Dio ha ispirato gli uomini, non le parole. I profeti non agivano passivamente come i registratori che ripetono ciò che è stato registrato. A volte gli scrittori vengono inviati ad esprimere le esatte parole di Dio, ma nella maggior parte dei casi, Dio li ha istruiti a descrivere ciò che avevano visto e udito. In questi ultimi casi, gli scrittori utilizzavano il proprio stile e le parole del loro linguaggio. In questo modo, l'ispirazione non annulla l’individualità e la personalità del profeta. - Va detto inoltre che la Bibbia non è il modo di pensare e di esprimersi di Dio. Essa riflette il modo di pensare e di esprimersi dell'umanità; è questo il motivo per cui talvolta incontriamo espressioni che possono sorprendere. La Bibbia contiene la verità divina, espressa in linguaggio umano. - Come Gesù era Dio e uomo insieme, così la Bibbia rappresenta l’unione del divino con l’umano. Questa combinazione rende la Bibbia unica tra tutta la letteratura. Scopo della Bibbia è rivelare il piano di Dio nella sua interazione dinamica con la razza umana, non un insieme di dottrine astratte. La sua auto-rivelazione deriva da eventi reali che si sono verificati in luoghi e tempi definiti. Essi sono estremamente importanti perché costituiscono un quadro che ci consente di capire il carattere di Dio e il Suo scopo per noi. Una comprensione accurata conduce alla vita eterna, ma un equivoco porta alla confusione e alla morte. Dio ordinò ai suoi profeti di scrivere la storia dei suoi rapporti con il popolo d'Israele senza omettere nulla di spiacevole. Questi resoconti storici, scritti da un diverso punto di vista della storia secolare, costituiscono una parte importante della Bibbia. Forniscono una visione accurata e obiettiva della storia da una prospettiva divina. Lo Spirito Santo ha donato delle informazioni speciali agli autori della Bibbia, affinché essi potessero presentare un quadro realistico della controversia tra il bene e il male e di conseguenza, mettere in evidenza il carattere di Dio affinché le persone potessero trovare la loro salvezza. “Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza. Romani 15:4 - Gli scritti della Bibbia sono considerati documenti storici attendibili, non contengono miti o simboli. Molti scettici contemporanei rifiutano le storie di Adamo ed Eva, Giona, il Diluvio e altri. Nondimeno Gesù ha accettato l'accuratezza storica e il significato spirituale di questi episodi. La Bibbia non insegna che ci sono gradi di ispirazione, o ispirazione parziale. Queste teorie sono speculazioni umane che tolgono alla Bibbia la sua autorità divina. Le Scritture hanno autorità divina, perché in esse Dio parla per mezzo dello Spirito Santo. Pertanto, la Bibbia è la Parola di Dio scritta. Gli scrittori della Bibbia testimoniano che i loro messaggi provenivano direttamente da Dio. Geremia, Ezechiele, Osea e altri lo dichiarono apertamente (Ger 1:1,2,9; Eze 1:3, Os 1:1) Matteo cita l'autorità del Vecchio Testamento: "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta" (Mt 1:22). Egli vede il Signore come agente e il profeta come strumento. - In più occasioni Gesù ha sottolineato l'autorità della Scrittura. Quando Satana lo tentò e quando affrontava i suoi avversari, le parole “sta scritto” sono state la sua difesa. (Matteo 4:4,7,10, Luca 20:17). Cristo ha messo la Bibbia al di sopra delle tradizioni umane e delle opinioni dei capi spirituali. Ammoniva gli ebrei a non disprezzare l'autorità della Scrittura (Marco 7:7-9), e ha esortato a uno studio più attento, dicendo: "avete letto nella scrittura.." (Matteo 21:42, Marco 12:10, 26). Gesù credeva nell’autorità delle Scritture: "Esse testimoniano di me". "Perché se credeste a Mosè, voi credereste anche a me perché lui ha scritto di me" (Giovanni 5:39,46). Cristo ha accettato senza riserve la Scrittura come volontà di Dio per l'umanità. Egli la considerava come un corpo di verità, una rivelazione oggettiva, concessa per sollevare l'umanità dalle tenebre della tradizione e dai miti della salvezza, la vera luce della conoscenza. Con l'aiuto dello Spirito Santo, siamo in grado di comprendere questa luce, “le cose di Dio”(1 Cor. 2:10), e di accogliere l'autorità che appartiene alla Bibbia come rivelazione di Dio e della sua volontà. - Le contraddizioni che talvolta sono trovate tra la Scrittura e la scienza si rivelano spesso il frutto di speculazioni umane, di teorie fantasiose che non hanno nessuna base scientifica. Il nostro mondo contiene molti misteri irrisolti di cui non è possibile venirne a capo per la semplice ragione che non abbiamo la conoscenza di tutto. E’doveroso tenere presente che la nostra comprensione del creato è limitata anche alle menti più colte; e che tentare di giudicare la Parola di Dio con gli standard umani è come se volessimo misurare la distanza delle stelle con una canna. Per questo motivo la Bibbia non dovrebbe essere soggetta a standard umani. Piuttosto, invece di giudicare la Bibbia, ricordiamo che tutti saremo giudicati da essa, perché agli occhi della saggezza divina, essa è lo standard del carattere e la verifica di tutte le esperienze e pensiero umani.

Enoc è il sesto nella posterità di Adamo, di lui la Scrittura attesta che ”…camminò con Dio; poi scomparve, perché Dio lo prese.” Genesi 5:24 In questo versetto è indicata la ragione dell’esenzione dalla morte. Dobbiamo tenere presente che l’espressione “camminò con Dio” non era comune al tempo degli anti-diluviani. L’assunzione fisica di Enoc in cielo fu un segno, durante il lungo periodo in cui gli abitanti della terra si trovavano sotto la maledizione di Dio inflitta al genere umano, per effetto del peccato di Adamo ed Eva, che la riconciliazione con Dio include infine la vittoria sulla morte. “Vi era il pericolo che quella generazione di uomini si facesse prendere dallo scoraggiamento per i terribili risultati del peccato di Adamo. L’esempio di Enoc, dava loro una speranza perché, anche se attraverso Adamo era subentrata la morte, attraverso il Redentore promesso gli uomini avrebbero goduto della vita eterna. Enoc è citato come esempio di vita pratica che piace a Dio anche nell’epistola agli Ebrei, dove si legge: “Per fede, Enoc fu preso da Dio senza aver conosciuto la morte..Prima di dire che fu portato via, la Bibbia dice di Enoc era vissuto come piace a Dio. Ma nessuno Può essere gradito a Dio se non ha la fede. Infatti chi si avvicina a Dio deve credere che Dio esiste e ricompensa quelli che lo cercano” Ebrei 11:5-6 La sua traslazione in cielo prima del diluvio rappresenta la salvezza che Cristo porterà ai redenti al suo ritorno, prima che la terra sia distrutta col fuoco! Così la testimonianza di Enoc ha costituito per quella generazione in particolare, ma costituisce anche per noi, una testimonianza notevole in favore della vita eterna che Dio desidera donare a quelli che credono in lui e vivono “come piace a Dio”. Elia è considerato uno dei più grandi profeti del periodo antico. Di particolare rilievo fu il suo intervento presso il re Achab, nel periodo di siccità a causa della idolatria dominante in quel tempo. Il profeta si presentò al re e propose una sfida ai sacerdoti di Baal, perché fosse pubblicamente riconosciuto il vero Dio che si doveva adorare. La prova ebbe luogo sull’altura del Carmelo e fu favorevole ad Elia. Il carattere di Elia è figura dei veri adoratori che Dio gradisce. Il profeta fu fedele a Dio dal principio alla fine della sua missione, quale difensore del culto legittimo contro l’idolatria. Di lui si disse che sarebbe ritornato prima del giorno del Signore (Malachia 4:5). La traslazione di Elia su un carro di fuoco rappresenta i credenti dell’ultima ora che dovranno denunciare i peccati di Babilonia senza preoccuparsi delle conseguenze che possono derivare dal trasmettere alla gente le parole dette da Dio. Come Elia passò attraverso la prova e fu sottratto all’ira dei nemici perché Dio lo prese con se, così il popolo di Dio fedele sarà preservato e sottratto all’ira dei peccatori.

La risposta non è scontata ed è molto seria. Satana non è un personaggio comune, non si presenta come viene raffigurato nella tradizione popolare, con le corna, la coda e il forcone …. Egli è un distinto signore, con una mente acuta e una intelligenza che supera quella di ogni creatura, sebbene abbia inclinazioni infernali. Nel corso dei millenni ha sviluppato doti non comuni e basandosi sui dati forniti dall’osservazione delle debolezze e inclinazioni umane, detiene una conoscenza speciale dell’animo umano, di cui se ne serve per trarre in inganno e causare la rovina dell’uomo. Naturalmente ha seguito con vivo interesse la formazione delle Sacre Scritture, di cui ha perfetta conoscenza letteraria e profetica e se ne serve per trarre in inganno con i suoi sofismi. Va ricordato come egli tentò Cristo per ben tre volte citando passi della scrittura «Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa, lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto:"Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo, ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché tu non urti con il piede contro una pietra"». In questa circostanza il tentatore usa la Scrittura per suggerire un comportamento peccaminoso. Provocare un gesto di superbia, ma Dio non è al servizio degli orgogliosi! Gesù gli rispose: «È altresì scritto: "Non tentare il Signore Dio tuo"» Matteo 4:5-7 La sua specialità è mescolare la verità con il falso quel tanto che basta per far apparire la menzogna credibile, il che fa di lui il campione della falsità. Gesù lo apostrofò dicendo: “Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c'è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo perché è bugiardo e padre della menzogna.” Giovanni 8:44 - Il suo capolavoro è aver creato un sistema filosofico-religioso che nega l’esistenza di Dio creatore. Il che significa derubare l’uomo della vita eterna. Questo suo proponimento è prioritario e si dedica ad esso con tutta l’abilità di un professionista del crimine. Nell’Apocalisse al capitolo 12 lo vediamo suscitare dietro la donna (che rappresenta il popolo di Dio fedele), una fiumana di acqua (simbolo di popoli e idee diverse) con l’intento di neutralizzare la sua testimonianza disperdendola tra mille idee religiose e filosofiche contraddittorie. Agisce all’ombra di un potere politico-religioso che propone una religione che risponde solo all’esigenza di chi desidera trovare un modo per non preoccuparsi della verità e della giustizia di Dio, ma che appaia come un mezzo per onorarlo! L’Apostolo Paolo mette in guardia dai suoi inganni, affermando: “il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.” Efesini 6:12 Solo lo studio della Parola di Dio, fatto con umiltà e spirito di preghiera ci dà luce divina sufficiente per svelare l’inganno che viene spacciato come verità divina.

La presenza di elementi del culto pagano nella dottrina cristiana costituisce un retaggio di tradizioni e pratiche del paganesimo che si è introdotto nella chiesa con lo sviluppo dell’apostasia. Il più grave di questi è l’adorazione delle statue, delle immagini di santi, crocifissi, madonne e angeli che hanno sostituito gli idoli delle nazioni pagane. - Caratteristica del paganesimo è l’impossibilità di concepire un religione senza immagine della divinità. Così il mondo pagano affollava di idoli, amuleti di ogni sorta che venivano indossati in omaggio agli dei. Quando i pagani si convertivano al cristianesimo iniziarono a trasportare nelle chiese elementi del culto pagano. In quelle chiese dove contrariamente alla proibizione divina si ritenne che le immagini fossero utili per la crescita della fede si sviluppo l’idolatria. Invece di essere la chiesa a vincere le tendenze del mondo pagano, era il paganesimo che trionfava nella chiesa. - Come si legge nei dieci comandamenti, il secondo afferma il divieto assoluto di farsi delle immagini e di prestare ad esse un culto di adorazione. La ragione del divieto è che la creatura non può essere posta allo stesso livello del Dio Creatore da cui procede la vita e l’esistenza di ogni cosa. Prostrarsi in adorazione davanti a una statua o una qualsiasi rappresentazione significa ammettere che qualsiasi cosa essa rappresenta possa riceverlo! Vale a dire che gli si attribuisce la facoltà di essere presente in ogni luogo e in ogni tempo, che è la caratteristica di Dio. Questa è idolatria! La storia del popolo ebraico riporta situazioni drammatiche in cui l’adorazione di Dio è stata condivisa con quella degli dei del mondo pagano. L’esito di questi tentativi ingloriosi ci documenta sulla necessità di attenersi scrupolosamente al divieto espresso nel secondo comandamento: “Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.” Esodo 20:4 Per essere un comando semplice è il più lungo del decalogo, segno evidente che distingue l’importanza. - Nelle chiese cristiane dei primi secoli non vi erano statue né pitture. Il culto veniva reso spiritualmente secondo le indicazioni del comandamento e di Cristo: “Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità». Giovanni 4:23-24 Tra le testimonianze dei primi padri della chiesa troviamo quella confortante di Epifanio Di Salamina (315-403), di cui è nota la sua avversione al culto delle immagini e al loro uso nelle chiese: “Io trovai un velo sospeso alla porta della chiesa, il quale era colorato e dipinto, avente l’immagine di Cristo, o di qualche altro santo, perché io non ricordo bene quale immagine fosse. Io dunque avendo veduto che nella chiesa di Cristo, contro l’autorità delle Scritture l’immagine di un uomo era sospesa, lacerai quel velo”. Tratto dalla Lettera a Giovanni di Gerusalemme. Epifanio fu senza dubbio un vescovo modello nella cura del gregge affidategli. Il culto va reso spiritualmente a Dio, spiritualmente presente in ogni luogo e sempre. Chi si inchina in adorazione di statue e immagini, suscita la gelosia di Dio. “Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso..”Esodo 20:5 - A questo punto è bene consultare la storia per vedere come e quando il culto delle immagini si è introdotto nella chiesa. “..fratelli, non voglio che siate nell'ignoranza. Voi sapete che quando eravate pagani eravate trascinati dietro agli idoli muti secondo come vi si conduceva.” 1 Corinzi 12:1 “..vi siete convertiti dagl'idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero”. 1Tessalonicesi 1:9 - La chiesa cristiana delle origini nutriva una profonda attenzione affinché elementi del culto pagano non penetrassero nella chiesa. Numerose testimonianze nelle lettere apostoliche documentano con quale cura venivano esortati e lodati coloro che provenivano dal paganesimo: “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c'è tra la giustizia e l'iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre? E quale accordo fra Cristo e Beliar? O quale relazione c'è tra il fedele e l'infedele? E che armonia c'è fra il tempio di Dio e gli idoli? “ 2 Corinzi 6:14 Gli idoli indicavano le false divinità che affollavano il mondo antico. Purtroppo nella misura in cui in alcune chiese venne meno la vigilanza sulla fede, il paganesimo penetrò con i suoi riti e le sue abitudini. Presto la chiesa si trovò dinanzi a un bivio: mantenere nella chiesa le consuetudine del mondo pagano o ritornare alla purezza della fede? In questo contesto la storia ricorda che si sviluppo un intenso conflitto non privo di lotte e di infamanti delitti tra coloro che vollero conservare gli idoli e furono chiamati iconolatri e quelli che invece li rifiutavano e vennero chiamati iconoclasti.. - Di fronte al crescente culto idolatrico che andava affermandosi nelle chiese, il Concilio di Elvira che si tenne in Spagna nel 313, affermò categoricamente: “Non vi debbono essere pitture nelle chiese, affinché non si dipinga nelle pareti ciò che si venera e si adora”. Il Concilio di Laodicea nel 364, riunì circa 30 chierici dell'Asia Minore. Le conclusioni a cui pervenne fu di ritenere che l’invocazione di angeli è idolatria. Ma nonostante il divieto del secondo comandamento e le posizioni intransigenti dei concili, gli idoli furono ritirati, e al posto di essi si misero le statue dei martiri cristiani. Le feste pagane dedicate al sole, alla terra, alla fertilità e a quanto ancora occupava l’universo del paganesimo cambiarono nome, furono ammantati di cristianesimo e rimasero nella chiesa. Sereno, Vescovo di Marsiglia nel 600 circa, per contrastare l’incipiente invasione delle statue e delle immagini che venivano adorate, cominciò un movimento per disfarle; papa Gregorio Magno lo rimproverò per aver abbattuto le “statue del Signore e dei santi”: “queste immagini -egli scrive- hanno una funzione didattica e sono di grande aiuto a coloro che non sanno leggere, sono mezzo di istruzione per coloro che non possono attingere direttamente alle Sacre Scritture.” Il papa era contro il culto delle immagini ma giustificando la presenza delle statue e delle pitture nella chiesa permise che l’idolatria facesse una devastazione spirituale incalcolabile. Il valore pedagogico delle immagini poteva essere di qualche utilità nella misura in cui illustravano la vita degli apostoli e gli insegnamenti di Cristo e dei profeti; ma questo valore veniva meno nel momento in cui esse finivano per diventare l’oggetto della devozione. - In effetti, la presenza delle immagini nel culto costituisce da sempre una minaccia all’integrità della fede. Quando il re Ezechia nel 700 a.C. si rese conto che il popolo adorava come un idolo il serpente di rame ordinato da Dio a Mosè, che bastava guardarlo (non adorarlo) per essere guariti dai morsi dei serpenti nel deserto:“..frantumò le statue, abbatté l'idolo d'Astarte, e fece a pezzi il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto; perché fino a quel tempo i figli d'Israele gli avevano offerto incenso”. Vedi 2 Re 18:4. Giovanni Calvino, il cui nome è strettamente legato alla città di Ginevra, dopo essersi separato dalla Chiesa romana nel 1532, sulla presenza delle statue nelle chiese scrisse: “..certo i prelati della chiesa non hanno avuto altra ragione di affidare agli idoli l’incarico di ammaestrare, se non perché essi sono muti. Paolo testimonia che Cristo ci è dipinto al vivo dalla predicazione dell'Evangelo, anzi crocifisso davanti agli occhi nostri. A che, dunque, rizzare nei templi tante croci di legno e di pietra, d’oro e d’argento, se fosse stato ben impresso nel popolo che Cristo fu crocifisso per portare la nostra maledizione sulla croce, per cancellare i nostri peccati col suo sacrificio, per lavarci col suo sangue e riconciliarci con Dio, suo Padre? Perché con questa semplice parola si sarebbe potuto ottenere più frutto presso i semplici che con mille croci di legno e di pietra”. Quando la Parola di Dio costituiva la sola autorità di fede c’era istruzione e discernimento spirituale; ma quando si iniziò a trascurare i suoi insegnamenti nella chiesa vi rimase l’ignoranza e l’idolatria. - Nel medio evo scese in campo anche l’impero e la disputa sull’uso delle immagini coinvolse tutti, popolo, clero, monaci e soldati. Il primo decreto che permetteva l’uso delle immagini nelle chiese per l’adorazione è stato fatto da papa Costantino I nel 710. L’imperatore Leone III, che aveva in orrore l’idolatria, chiese che il decreto venisse ritirato, anche perché lo considerava un impedimento agli ebrei e ai maomettani di convertirsi al cristianesimo. Contro questa richiesta ragionevole il papa scomunicò l’imperatore. Il figlio dell’imperatore, Costantino Copronimo, nel tentativo di fare chiarezza sull’uso delle immagini motivo di lotta, si appellò a un concilio generale. Si tenne a Costantinopoli nel 754 sotto la presidenza del metropolitano di Efeso. Parteciparono 338 vescovi e si decretò l’abolizione delle immagini nelle chiese e si vietò di prestarvi il culto. L’imperatore Leone IV era intenzionato a far rispettare la delibera del Concilio, ma sua moglie Irene, cospirando con i monaci, irriducibili sulla tenuta delle immagini, fece avvelenare il marito ed uccidere i cognati. Divenuta così imperatrice per tutela del figlio, cooperò in favore delle immagini. Quando il figlio divenne adulto , essendo questi contrario alle immagini, lo fece prima accecare e poi non soddisfatta, lo fece uccidere. L’imperatrice Irene convocò un nuovo concilio generale per deliberare sul culto delle immagini; si tenne a Nicea nel 787. Poiché non erano presenti tutti i vescovi, molti prelati contestarono il titolo di generale. Naturalmente i pochi vescovi presenti al concilio si pronunciarono in favore delle immagini nelle chiese e legiferarono di prestare ad esse culto di adorazione. In quella circostanza non tralasciarono neppure di rendere ufficiale il culto della croce. Fu così formalizzata l’adorazione nella chiesa romana. Quando l’imperatrice Irene morì, papa Leone III la santificò per il suo alto contributo all’adorazione delle immagini e il loro culto. Inutile dire che questo contributo si traduceva in un cospicuo flusso di danaro nelle casse del papa con le numerose offerte rastrellate dai devoti… Quando sembrava che l’argomento fosse stato chiarito un successore di Irene, Leone V l’armeno, riprese le ostilità contro le statue nelle chiese. La storia che seguì fu un continuo conflitto a sangue tra fazioni opposte che rivendicavano a suon di delitti il contrario di altri! Furono tenuti concili che negarono la validità di altri. I fedeli nelle chiese erano disorientati e combattuti non sapendo a chi appellarsi. La Parola di Dio era divenuta introvabile e le prediche si basavano sulla parola dei papi e le preghiere ai santi. Nella Riforma e nella Controriforma nessun elemento significativo si aggiunse alla questione dell’idolatria. - I riformatori ispirandosi al secondo comandamento furono contro le immagini, quelli della Controriforma le volevano tenere nelle chiese. Alla fine Bellarminio, e con lui papi e concili si dichiararono apertamente per l’adorazione delle immagini. Nell’età moderna un considerevole contributo all’adorazione delle immagini e del culto delle statue viene fornito ad hoc dalle apparizioni di santi e madonne definiti miracolistici, seguiti da episodi di guarigioni più o meno autentici. Certo, vedere nella chiesa romana prostrazioni, baci a statue e immagini; preghiere, invocazioni e canti liturgici a defunti. Reliquie, processioni, candele, flagellazioni, amputazioni; cerimonie sontuose, commercio e traffico di armi, investimenti e speculazioni, sottrazione di risorse allo stato sociale e quanto altro i media riportano, non è possibile affermare con onestà che interpreti la religione di Cristo. Il suo è un sincretismo di verità e menzogna che consente di credere quello che si vuole e di aggirare la giustizia di Dio dando l’impressione di ubbidire alla sua Parola. Ma la diagnosi di Dio avverte: ”Hanno conosciuto Dio, poi si sono rifiutati di adorarlo e di ringraziarlo come Dio. Si sono smarriti in stupidi ragionamenti e così non hanno capito più nulla. Essi, che pretendono di essere sapienti, sono impazziti: adorano immagini dell’uomo mortale, di uccelli, di quadrupedi e di rettili, invece di adorare il Dio glorioso e immortale. Per questo, Dio li ha abbandonati ai loro desideri: si sono lasciati andare a impurità di ogni genere fino al punto di comportarsi in modo vergognoso gli uni con gli altri. Proprio loro che hanno messo idoli al posto del vero Dio, e hanno adorato e servito quel che Dio ha creato, anziché il Creatore. A lui solo sia lode per sempre” Romani 1:21-25 - Nella visione profetica del Giudizio l’invito rivolto a coloro che si dicono cristiani è posto in relazione all’adorazione di Dio solo, unico e immortale, segno evidente che nella cristianità esiste su questo soggetto uno sviamento devastante: “Egli diceva con voce forte: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque». Apocalisse 14:7 In breve, adorate il Creatore! Non le creature! “Qui deve mostrarsi la costanza di quelli che appartengono al Signore, mettono in pratica i comandamenti di Dio ( tutti e 10) e rimangono fedeli a Gesù” Apocalisse 14:12

Nel rispondere a questa domanda bisogna tenere presente le credenze diverse che hanno popolato l’immaginario dei popoli antichi, e che sono entrate a far parte della tradizione cristiana. Secondo gli Egiziani, i morti andavano in pellegrinaggio nel regno di Osiride. Li veniva determinato il grado di colpevolezza e l'anima dei grandi criminali veniva distrutta. Gli Assiro-Babilonesi mandavano gli empi nel Kigallou, un luogo situato nel profondo della terra e circondato da un recinto settuplo le cui porte erano guardate da mostri e demoni. I dannati erano gettati nell'oscurità e si nutrivano di polvere e di fango. I Greci avevano l'Hadès, luogo situato nelle profondità della terra e circondato da quattro fiumi: il Cocito, l'Acheronte, lo Stige e il Piriflegetonte. Vi si giunge­va attraverso lo Stige con la barca di Caronte. I morti vi conducevano un'esistenza di fantasmi. Quelli che avevano oltraggiato gli dèi erano rinchiusi nel nero Tartaro. Dal IV secolo avanti Cristo, l'influsso dei misteri orfici ed eleusini contribuì a divulgare la dottrina della ricompensa e della punizione delle anime, come risultato della loro condotta nell'esistenza terrestre. Negli Inferi, i giudici Minosse, Adamante ed Eaco assegnavano ai morti il posto che si meritavano, e il cane Cerbero aveva l'incarico d'impedire ai malvagi di fuggire. I Romani credevano ai Mani, cioè alle anime dei morti che potevano trovarsi ovunque, e a un luogo sottoterra chiamato Inferi (gli Inferi) i cui sovrani erano Fiutone e Proserpina. La religione vedica non ha alcuna traccia di un luogo ove vivano gli empi. Il brahamanesimo li manda nel Naraka, regione sotterranea situata più in basso delle dimore dei Pàtàlas (demoni); ma i dannati vi soggiornano soltanto tem­poraneamente in vista di un'espiazione, per rientrare al più presto nel circolo normale della trasmigrazione. L'inferno del buddismo è pure il Naraka o Niraya, diviso però in regioni a seconda delle colpe da espiare; uno di questi luoghi è il Mahàyàma che conta centotrentasei inferni. I dannati subiscono la prova del fuoco, della sega, dello squartamento, dello schiacciamento, del martellamento, ecc. L'inferno dello shmtoismo sì chiama Yomo o Yomotsou-Kounì in cui regna il dio di Scusanowo-ni-Mikoto. I dannati conducono qui un'esistenza poco più sgradevole della vita terrestre, o vivono in una cloaca di putrefazione. Anche l'Islam ha il suo inferno. Il Corano dice che ogni essere umano è responsabile delle proprie azioni, che sono annotate nel Sidjdjin ( libro degli atti ); nel giorno della retribuzione, tutti saranno pesati su una bilancia e trattati di con­seguenza. I musulmani impenitenti e gli infedeli verranno condotti a el-Sakar o al-Hotama, settori dell'inferno, dove subiranno i supplizi del fuoco, del freddo, della sete, dell'acqua e della pece bollente. - L'inferno della maggior parte dei cattolici e di un numero abbastanza considerevole di protestanti, è un luogo in cui i dannati sono destinati a soffrire in eterno. Le pene qui sono di due specie: quella del danus, che è la privazione di Dio e quella del senso che è l'insieme delle sofferenze sensibili generalmente designate dall'espressione: fuoco inestinguibile. L'orribile compagnia dei demoni accresce questi dolori indescrivibili. Nel corso dei secoli, molti predicatori hanno trovato nelle fiamme dell'inferno un tema di eloquenza inesauribile per spaventare gli uditori, ma non a convertirli poiché la salvezza è un prodotto dell'amore e non della paura. Ecco un esempio di come hanno descritto l’inferno alcuni predicatori cattolici e protestanti: ”In questo mondo, il fuoco tormenta i corpi dall'esterno; esso non vi penetra. All'inferno, il fuoco penetra nel corpo dei dannati per tormentarli sia all'interno che all'esterno. Che ne sarà del dannato divenuto una specie di fornace ardente? Il cuore gli brucerà nel petto, le interiora nel ventre, il cervello nella testa, il sangue nelle vene, persino il midollo nelle ossa...Come cadranno nell'inferno, nel giorno del giudizio, sulla schiena, sul fianco, a testa in giù, così resteranno per tutta l'eternità senza poter più muovere né piede, né mano finché Dio sarà Dio” Alfonso de' Liguori. “Nel giorno del giudizio, il corpo tuo e l'anima tua soffriranno i tormenti di un doppio inferno. Un sudore di sangue ti inonderà dalla testa ai piedi; degli orridi mostri ti urleranno nelle orecchie; le tue membra scricchioleranno al contatto della fiamma, senza consumarsi, in attesa di nuovi supplizi; il diavolo senza posa ti farà sobbalzare di terrore al suono di una musica infernale”C. H. Spurgeon - Il fatto che una dottrina così spaventosa abbia suscitato incredulità e prodotto ateismo è comprensibile.Una persona riflessiva si rifiuterà sempre di credere che Dio trovi piacere nel vedere soffrire eternamente e in condizioni così atroci gli empi, chiunque essi siano. Tanto più che la Scrittura dichiara: “Tu non sei un Dio che prenda piacere nell' empietà; presso di te il male non trova dimora. Salmi 5:4 ”Io non provo nessun piacere per la morte di colui che muore, dice DIO, il Signore.” Ezechiele 18:32 Il filosofo Renouvier ha scritto: “L'inferno eterno è uno degli scandali che più di tutti allontanano le mentì dalla concezione cristiana del mondo e dei suoi fini”. “L'inferno eterno per volontà di Dio è la bestemmia più tremenda che sia mai stata pronunciata contro Dio" A. Guyard. Responsabili dell'introduzione della nozione dell'inferno nella Chiesa cristiana sono Tertulliano, Origene e Agostino. Tertulliano, come si è visto, augura orribili torture ai malvagi; Origene immagina un inferno che assomiglia piuttosto a un purgatorio dal quale gli uomini escono rigenerati in attesa di andare a godere alla destra del Padre un'eterna felicità. La Chiesa ha conservato per i fedeli la prospettiva di Origene e per gli empi le torture di Tertulliano. Agostino ha rafforzato l'idea dell'inferno ed ha così contribuito a renderla accetta a quasi tutti i fedeli. - Ma la Bibbia cosa insegna sulla sorte dei malvagi? Va subito detto che la Scrittura non insegna il dogma delle pene eterne, di una sofferenza che si protrae nell’eternità. Essa dichiara, più volte, in termini chiari e inconfutabili, che i malvagi saranno distrutti nello stagno di fuoco senza che di loro vi resti alcuna radice. “Poi la morte e l'Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco”. Apocalisse 20:14 “E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco”. Apocalisse 20:15 “Ma per i codardi, gli increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda”. Apocalisse 21:8 Ancora leggiamo che i malvagi sono degni di morte (Romani 1: 32), di conseguenza indegni di vita eterna, poiché Dio serba la “vita eterna a quelli che con la perseveranza nel bene operare cercano gloria e onore e immortalità” (Romani 2: 7; vedere Atti 13: 46,48). Ciò significa che gli empi in nessun modo hanno la vita eterna, nemmeno tra le fiamme di un presunto luogo di sofferenze, poiché questa la si ottiene solo grazie al sacrificio di Gesù accettato per fede: “Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. “Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l'ira di Dio resta sopra lui”. “Chi ha il Figliuolo ha la vita; chi non ha il Figliuolo non ha la vita”. “Poiché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore “. “Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno”. (Giovanni 3: 16; Giovanni 3: 36; I Giovanni 5: 12; Romani 6: 23; Giovanni 6: 40). Ciò vuol dire che la soppressione, l'annientamento totale dell'essere è la condanna suprema, e che la risurrezione dei malvagi, semplice ritorno alla vita fisica, ha luogo solo per permettere a Dio di eseguire su di essi il verdetto del suo giudizio (Giovanni 5: 29). “L'empio perirà per sempre come lo sterco suo; quelli che lo vedevano diranno: "Dov'è?". Se ne volerà via come un sogno, e non si troverà più; dileguerà come una visione notturna” Giobbe 20:7,8. Il profeta Isaia afferma che anche se Dio volesse cercarli in qualche luogo non li troverebbe perché distrutti per sempre: “Ecco, tutti quelli che si sono infiammati contro di te saranno svergognati e confusi; i tuoi avversari saranno ridotti a nulla, e periranno. Tu li cercherai, e non li troverai più quelli che contendevano con te; quelli che ti facevano guerra saranno come nulla, come cosa che più non è”. Isaia 41: 11, 12; vedere 1: 28; 26: 11,14. “Poiché, ecco, il giorno viene, ardente come una fornace; e tutti i superbi e chiunque opera empiamente saranno come stoppia; e il giorno che viene li divamperà, dice l'Eterno degli eserciti, e non lascerà loro né radice né ramo“. (Malachìa 4: 1; in alcune versioni 3: 19). A questa lista già lunga, potremmo aggiungere altri passi. I malvagi sono paragonati di volta in volta a materiale infiammabile e caduco: la paglia che brucia o che viene portata via dal vento (Giobbe 21: 18; Salmo 1:4; Nahum 1: 10; Matteo 3: 12); il fumo che si dissolve (Salmo 68: 3; 37: 20; Isaia 51: 6); una lampada che si spegne (Proverbi 13: 9; 24:20); un sogno che sva­nisce (Salmo 68: 3; 58: 9); la pula portata via dall'uragano (Giobbe 21: 18; Isaia 17:13); la stoppia (Malachia 4:1; Isaia 5:24); il letame sulla ter­ra (Salmo 83: 10); i rami secchi (Giovanni 15: 6; Isaia 5: 24); il legno e il fieno (I Corinzi 3: 12, 13); animali che periscono e pesce avariato (Salmo 49: 14; Matteo 13: 47,48); le zizzanie gettate nel fuoco (Matteo 13: 40,41); un vaso di vasellaio (Salmo 2: 9) - Se l’inferno bruciasse eternamente, ne conseguirebbe che Dio sarebbe nella impossibilità di soddisfare la sua giustizia oltraggiata, poiché l'eternità non gli basterebbe; ne deriverebbe ancora che il male non verrebbe mai distrutto, che Satana esisterebbe per sempre e che mai nessun ginocchio si piegherebbe davanti a Dio. Cristo non riuscirebbe mai a terminate la sua opera, che è di riportare la perfetta armonia in un universo turbato dalla rivolta dì Satana. Alcuni testi sembrano sostenere l’esistenza di un luogo di pene eterne, ma così non è. Il passo di Matteo 25: 46, che riporta queste testuali parole: “E questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna”, viene spesso citato per sostenere l'idea delle pene eterne. Tuttavia esso non porta nessun argomento su cui fondare questo dogma. La parola greca kolasis non deve essere tradotta con supplizio, ma con la parola punizione, con l'idea di distruzione. Ecco quello che un eminente teologo dice in proposito: "I cinque dizionari di Passow, Planche, Alexandre, Wahl e Grimm sono unanimi nel far derivare il sostantivo greco kolasis, "punizione", da una radice che significa: spezzare colpendo, amputare, squartare, smembrare, mutilare, da cui la nostra parola iconoclasta: distruttore d'immagini. Kolasis significherà quindi una punizione per soppressione" ( Petavel-Olliff ). La ricompensa dei giusti è una vita eterna, quindi una ricompensa eterna; la punizione dei malvagi è una soppressione eterna, quindi una punizione eterna. È la distruzione che è eterna, non la sofferenza. “Chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita” I Giovanni 5: 12. Soffrire eternamente significherebbe vivere eternamente, dato che la sofferenza presuppone la vita, il che è inammissibile. - Il fuoco eterno: in genere ci si richiama a tre passi, isolati dall'insieme delle dichiarazioni bibliche, per convalidare la tesi del fuoco eterno: “E se l'occhio tuo ti fa intoppare, cavalo; meglio è per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio, che avere due occhi ed esser gettato nella geenna, dove ìl verme loro non muore ed il fuoco non si spegne” Marco 9: 47,48. “Allora dirà anche a coloro dalla sinistra: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli”. Matteo 25: 41. “E il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove anche sono la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei secoli”. Apocalisse 20: 10. Il primo passo parla della geenna in cui il verme non muore e il fuoco non si spegne. La parola geenna, usata dodici volte nel Nuovo Testamento (Matteo 5:22,29; 10:28; 18:9; 23:15,33; Marco 9:43-47; Luca 12:5; Giacomo 3:6), significa letteralmente valle di Hinnom (II Cronache 33:6). Questa valle si trova a sud-est di Gerusalemme. In una parte di questa valle chiamata "Tofeth" o "Valle del Forno", gli Israeliti, istigati da alcuni del loro re, avevano reso un culto a Moloch e bruciato i loro figli in suo onore ( II Re 23:10; Geremia 7:31; 19:5,6; 32:35). II re Giosia votò questa valle all'infamia: ne fece la fogna della città, un immondezzaio in cui si gettavano i rifiuti della capitale, le carogne delle bestie da soma e i cadaveri dei giustiziati. Un fuoco, perennemente acceso, divorava quei cadaveri, da cui l'espressione "geenna di fuoco". Il fumo ne usciva giorno e notte, indice di un fuoco che, costantemente alimentato, non si spegneva mai. Il profeta Isaia (66: 24) vi fa allusione e, pensando alla sua dichiarazione, anche Cristo ne parla (vedere anche Isaia 14:9-11). Il secondo e il terzo versetto (Matteo 25: 41 e Apocalisse 20: 10) parlano anch'essi del fuoco inestinguibile. Non è necessario dire che si tratta di un fuoco che si spegne solo quando ha distrutto tutto il materiale infiammabile. Omero stesso parla di un fuoco inestinguibile che poco mancò consumasse la flotta dei Greci. II fuoco che non si spegne presuppone una distruzione completa. Una filologia elementare ci insegna a vedere nel fuoco eterno o inestinguibile l'agente inarrestabile di una rovina completa ed irrimediabile. Il fuoco è incompatibile con la vita (Isaia 33: 14). Esso distrugge tutto ciò che si trova sul suo cammino. È un agente transitorio, determinante atti temporanei, ma che produce effetti eterni (vedere anche Marco 3: 29; Ebrei 6: 2). - L'espressione "nei secoli dei secoli" (in greco tón aiónòn), che trova il suo equivalente nell'espressione ebraica al yolam (tradotta in Esodo 21: 6; Giona 2: 7 e Isaia 32: 14 con "per sempre") e un'espressione iperbolica. Non diciamo infatti che un uomo è condannato ai lavori forzati «per sempre»? O che il segretario dell'Accademia è « perpetuo »? Nella Bibbia l'aggettivo eterno e il sostantivo eternità sono usati spesso per iperbole. Un fuoco che brucia eternamente divora tutto (Ezechiele 21:3; Amos 5:6). Esempi tratti dalla Scrittura sono il fuoco che scese su Sodoma e Gomorra (Genesi 19: 24) in Giuda (versetto 7) è chiamato un "fuoco eterno". Questo fuoco sì è ormai spento, non senza aver prima distrutto tutto (Genesi 19: 25; Isaia 13: 19), in un istante (Lamentazioni 4:6), e ridotto ogni cosa in cenere (II Pietro 2:6). Il verme che non muore è un roditore, un necrofago, che ha il compito di distruggere. Si tratta della volgare larva della mosca da-carne. Secondo Linneo, le larve di tre mosche da carne sono capaci di divorare il cadavere di un cavallo con la stessa rapidità di un leone. Oseremmo fare, di questo verme "che non muore", un essere immortale? - Talvolta si menziona il racconto dell'uomo ricco e del povero Lazzaro (Luca 16: 19-31) per convalidare la teoria dei tormenti eterni. Va tenuto presente che si tratta di una parabola, di un racconto immaginario, rivolta in particolare ai farisei che avevano appena udita un'altra parabola, quella dell'amministratore infedele. Essi non l'avevano gradita molto e dicevano di non averla capita. Quest'altra parabola rafforza la precedente e sottolinea con vigore l'idea che il destino di ognuno è fissato in questa vita dall'uso che si fa della libertà, e in modo particolare nelle varie occasioni che la vita ci presenta. L'uomo ricco rappresenta coloro che fanno un cattivo uso di queste occasioni, mentre Lazzaro personifica invece coloro che, al contrario, se ne servono con intelligenza e bontà. Evidentemente c'è una relazione tra questa vita e quella futura, poiché la prima determina se quella futura sarà eterna e piena di felicità, oppure sarà un momentaneo ritorno alla vita fisica che precede una distruzione irrimediabile e definitiva. È evidente che Gesù non ha voluto parlare dello stato dell'uomo dopo la morte, né dell'epoca in cui saranno distribuite ricompense e punizioni. Quel che bisogna ricordare di questa parabola, come di tutte le altre, sono le grandi lezioni; tutti i particolari devono dapprima essere intesi nel senso del contesto ed in seguito in conformità con l'insegnamento generale della Sacra Scrittura. All'occorrenza, nessun particolare di questa parabola può essere citato in favore della teoria delle pene eterne, poiché la Bibbia sì oppone a questa ideologia come abbiamo visto. - No, non esiste un inferno che sta bruciando gli empi. Questa parola non si trova neppure nella Bibbia. E non ci sono pene eterne. I malvagi sono distrutti completamente alla seconda resurrezione per essere distrutti nello stagno di fuoco, come asserisce la Bibbia. Anche Satana sparisce (Ebrei 2: 14), viene annientato. La morte stessa non è più (Isaia 25:8; Apocalisse 20:14; I Corinzi 15:26): essa viene soppressa per sempre. È l'ultimo nemico, il più terribile, che capitola. E nella ritrovata armonia universale, Dio è tutto in tutti (I Corinzi 15: 28).

Il racconto biblico del dialogo tra Saul e il defunto profeta Samuele sembra avvalorare l’ipotesi, ma le cose non stanno come si crede. La visita di Saul alla donna di En-dor è stato motivo di perplessità per molti studiosi delle Scritture. Alcuni sostengono che Samuele fosse realmente presente durante il colloquio con Saul; la Bibbia in realtà fornisce elementi sufficienti per arrivare a una conclusione opposta. Se, come alcuni sostengono, Samuele fosse stato in cielo, egli sarebbe stato chiamato da lì, o dalla potenza di Dio o da quella di Satana. Nessuno può credere neanche per un momento che Satana abbia avuto la possibilità di chiamare il santo profeta di Dio dal cielo per onorare gli incantesimi di una donna perduta. E non possiamo neanche concludere che Dio lo abbia convocato nella caverna di una strega, perché il Signore sempre si rifiutò di comunicare con Saul per mezzo di sogni, per mezzo dell'urim, o attraverso i profeti (1 Samuele 28: 6). Essendo questi i mezzi di comunicazione di Dio, Egli non li avrebbe trascurati per lasciare un messaggio attraverso un'agente di Satana. Dio non fa nulla in associazione con Satana! Il messaggio in sé contiene prove sufficienti circa la sua origine. Infatti il suo scopo non era quello di condurre Saul verso il pentimento, ma piuttosto quello di accelerarne la rovina; e questo atteggiamento è caratteristico di Satana e non di Dio. Inoltre il fatto che Saul abbia consultato una evocatrice di spiriti, è considerato dalla Scrittura uno dei motivi della reiezione di Saul da parte di Dio e del suo abbandono alla distruzione: « Così morì Saul, a motivo dell'infedeltà ch'egli aveva commessa contro l'Eterno per non aver osservato la parola dell'Eterno e anche perché aveva interrogato e consultato quelli che evocano gli spiriti, mentre non aveva consultato l'Eterno. E l'Eterno lo fece morire, e trasferì il regno a Davide, figliuolo d'Isai » 1 Cronache 10: 13, 14. Qui è esplicitamente detto che Saul evocò gli spiriti e non il Signore. Egli non comunicò con Samuele, il profeta di Dio, ma attraverso l’evocatrice di spiriti entrò in contatto con Satana. Quest'ultimo non potendo far apparire il vero Samuele, ne presentò uno contraffatto, di cui si servì per il suo inganno. - Quasi tutte le forme di stregonerie e spiritismi antichi, sono fondate sulla credenza di un contatto con i morti. I negromanti sostengono di essere in contatto con spiriti di morti, e di poter conoscere attraverso di loro il futuro. Il profeta Isaia fa riferimento a questa pratica affermando: « Se vi si dice: Consultate quelli che evocano gli spiriti e gli indovini, quelli che sussurrano e bisbigliano rispondete: Un popolo non dev'egli consultare il suo Dio? Si rivolgerà egli forse ai morti a favore dei vivi? » Isaia 8: 19. Questa stessa credenza del contatto con i morti costituisce la pietra angolare della idolatria pagana. Dai pagani sono considerati dèi gli spiriti deificati degli eroi deceduti; e quindi la religione dei pagani è un'adorazione dei morti. La Scrittura si pronuncia in maniera chiara a questo proposito: per esempio, in occasione del peccato compiuto a Beth-Peor, quando il popolo d'Israele si era stabilito a Sittim: « e il popolo cominciò a darsi alle impurità con le figliuole di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifizi offerti ai loro dèi, e il popolo mangiò e si prostrò dinanzi agli dèi di quelle. Israele si unì a Baal-Peor... » Numeri 25: 1-3. Il salmista ci dice a quale tipo di dèi venivano sacrificate le offerte; infatti riferendosi allo stesso peccato, afferma: « Si congiunsero anche con Baal-Peor e mangiarono dei sacrifizi dei morti » (Salmo 106: 28), cioè sacrifici che erano stati offerti ai morti. - La deificazione ha un'enorme importanza in quasi tutte le religioni pagane, e inoltre presuppone la comunione con i morti. Si pensava che gli dèi comunicassero la loro volontà agli uomini e che, quando venivano consultati, dessero il loro responso. Erano di questo tipo i famosi oracoli greci e romani. Persino nei paesi che si professano cristiani si crede alla comunione con i morti. Lo spiritismo, che consiste nell'entrare in contatto con esseri che si afferma siano gli spiriti dei defunti, è molto diffuso. Si pensa così di riscuotere la simpatia di coloro che hanno deposto i loro amati nella tomba. Questi esseri spirituali si manifestano alle persone con la sembianza dei loro amici deceduti, raccontano avvenimenti accaduti loro quando erano vivi, e compiono azioni che i defunti facevano quando erano in vita; così facendo inducono molte persone a credere che questi amici morti siano angeli che si librano al di sopra di loro e comunicano con loro. I presunti spiriti dei morti sono oggetto di una certa idolatria, e per molti le loro parole sono più importanti della Parola di Dio. Sono comunque numerosi coloro che considerano lo spiritismo una semplice contraffazione e attribuiscono le manifestazioni su cui esso si basa, e che sono ritenute soprannaturali, all'inganno dei medium. Ma se da una parte è vero che le manifestazioni magiche sono state troppo spesso considerate autentiche, vi sono prove del loro carattere soprannaturale. Sono molti coloro che pur considerando lo spiritismo frutto dell'intelligenza umana o di una astuta volontà, quando si trovano di fronte a manifestazioni che non possono spiegare, sono indotti a riconoscerne le pretese. - Lo spiritismo moderno è una delle forme di stregoneria e idolatria antiche che hanno come loro elemento principale e vitale il contatto con i morti, e che sono fondate sulla prima bugia con cui Satana ingannò Èva in Eden: « No, non morrete affatto; ma Iddio sa che nel giorno che ne mangerete... sarete come Dio » Genesi 3: 4,5. Gli spiritisti assomigliano al padre della menzogna perché basandosi sul falso lo perpetuano. Agli israeliti era stato espressamente proibito di praticare qualsiasi tipo di presunta comunione con i morti. Dio aveva chiuso di fatto quella porta, affermando: « I morti non sanno nulla... Essi non hanno più ne avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole » Ecclesiaste 9: 5, 6. « II suo fiato se ne va ed egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi disegni » Salmo 146: 4. Il Signore aveva anche dichiarato a Israele: « Se qualche persona si volge agli spiriti e agli indovini per prostituirsi dietro a loro, io volgerò la mia faccia contro quella persona, e la sterminerò di fra il suo popolo » Levitico 20: 6. Gli spiriti evocati non sono spiriti dei morti, ma angeli malvagi, messaggeri di Satana. Come possiamo constatare, la Bibbia considera demoniaca l'antica idolatria, che comprende sia il culto dei morti sia la presunta comunione con loro. L'apostolo Paolo, invitando i suoi fratelli a non partecipare in qualsiasi modo all'idolatria dei loro vicini pagani, dice: « Le carni che i gentili sacrificano, le sacrificano ai demoni e non a Dio; or non voglio che abbiate comunione con i demoni » 1 Corinzi 10: 20. Il salmista, parlando d'Israele, dice che «sacrificarono i loro figliuoli e le loro figliuole ai demoni, e sparsero il sangue innocente, il sangue dei loro figliuoli e delle loro figliuole, che sacrificarono agli idoli di Canaan » Salmo 106: 37, 38. Pensando di adorare i morti, essi in realtà adoravano i demoni. Lo spiritismo moderno si basa sullo stesso fondamento: esso è una rinascita, sotto nuova forma, della stregoneria e dell'adorazione dei demoni che Dio ha condannato e proibito. Nelle Scritture si prevede che: « nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori, e a dottrine di demoni » 1 Timoteo 4: 1. Paolo, nella sua seconda lettera ai tessalonicesi sottolinea che uno dei campi in cui Satana sarà particolarmente attivo immediatamente prima del secondo avvento di Cristo, sarà lo spiritismo. Parlando della seconda venuta di Cristo, egli dichiara che Satana agirà « con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi » 2 Tessalonicesi 2: 9. E Pietro, parlando del pericolo a cui sarebbe stata esposta la chiesa negli ultimi giorni, dice che come i falsi profeti portarono Israele a peccare, così vi saranno « falsi dottori che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione, e rinnegando il Signore che li ha riscattati... molti seguiranno le loro lascivie» 2 Pietro 2: 1,2. Ecco la caratteristica principale di coloro che insegnano lo spiritismo: rifiutare di riconoscere Cristo come Figlio di Dio. A proposito di tali insegnanti il diletto Giovanni dichiara: « Chi è mendace, se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Esso è l'anticristo, che nega il Padre e il Figliuolo. Chiunque nega il Figliuolo non ha neppure il Padre » 1 Giovanni 2: 22, 23. Lo spiritismo, negando Cristo, nega sia il Padre sia il Figlio, e la Bibbia lo considera la manifestazione dell'anticristo. Predicendo attraverso la donna di En-dor la condanna di Saul, Satana voleva far cadere in trappola gli israeliti. Sperava che in loro sorgesse la fiducia nell'evocazione degli spiriti e che questo li inducesse a consultare la donna. Se essi avessero abbandonato Dio come loro consigliere, si sarebbero posti sotto la guida di Satana. - Lo spiritismo attrae la gente con la pretesa di essere una potenza che solleva il velo che cela il futuro e rivela agli uomini ciò che Dio ha nascosto. Dio nella sua parola ci ha rivelato i grandi eventi del futuro, tutto ciò che è essenziale conoscere, e ci ha dato una guida sicura per affrontare tutti i pericoli. Uno degli scopi di Satana, invece, è quello di far perdere all'uomo la fiducia in Dio, renderlo insoddisfatto della sua situazione, spingerlo a cercare di scoprire ciò che Dio gli ha saggiamente nascosto, e indurlo a disprezzare ciò che l'Eterno ha rivelato nella sua sacra Parola. Molti quando non possono conoscere gli eventi della loro vita futura, diventano inquieti. Essi non sopportano l'incertezza, e con impazienza rifiutano di aspettare la manifestazione della salvezza di Dio. L'avvenire li inquieta ed essi danno via libera ai loro sentimenti ribelli, e angosciati si affannano per cercare di capire ciò che non è stato loro rivelato. Se solo confidassero in Dio e vegliassero in preghiera, troverebbero la consolazione divina; i loro animi sarebbero calmati dalla comunione con Dio; se solo andassero a Gesù, lo stanco e l'abbattuto troverebbero il riposo dell'anima; ma quando negligono i mezzi che Dio ha provveduto per consolarli, e nella speranza di conoscere ciò che Dio ha nascosto si volgono altrove, commettono l'errore di Saul e alla fine fanno solo un'esperienza con il male. Dio ha affermato in modo molto esplicito di non rallegrarsi con coloro che hanno questo atteggiamento. Infatti chi con impazienza cerca di sollevare il velo che gli nasconde il futuro, dimostra di avere poca fede, e si espone alle suggestioni del maestro degli ingannatori. Satana invita gli uomini a consultare coloro che evocano gli spiriti, e rivelando le cose nascoste del passato fa credere che egli conosca il futuro. Forte dell'esperienza acquisita nel corso dei secoli, Satana, sulla base del rapporto di causa ed effetto può predire con notevole precisione alcuni eventi futuri della vita umana. Per questo riesce a ingannare le persone semplici e mal guidate e a sottometterle alla sua volontà. Dio ci ha dato degli avvertimenti tramite i suoi profeti: « Se vi si dice: Consultate quelli che evocano gli spiriti e gli indovini, quelli che sussurrano e bisbigliano, rispondete: Un popolo non deve egli consultare il suo Dio? Si rivolgerà egli ai morti a pro dei vivi? Alla legge! Alla testimonianza! Se il popolo non parla così non vi sarà per lui alcuna aurora » Isaia 8:19,20. Coloro che hanno un Dio santo, infinitamente saggio e potente, si recheranno forse dai maghi le cui conoscenze derivano dal loro rapporto con il nemico del nostro Signore? Dio stesso è la luce del suo popolo che invita a fissare lo sguardo con fede sulle glorie velate agli occhi umani; Sole di giustizia ne illumina i cuori con i raggi che provengono dal trono di Dio, tanto che i figli di Dio non desiderano più abbandonare la fonte della luce per seguire i messaggeri di Satana. Il messaggio rivolto dal demone a Saul, pur essendo una denuncia del peccato e una profezia che annunciava la punizione, non era inteso a cambiare l'animo del re, ma a votarlo alla disperazione e alla rovina. Comunque il tentatore raggiunge più facilmente i suoi propositi di distruzione adescando gli uomini con l'adulazione. - Anticamente l'insegnamento delle divinità demoniache favorivano le più basse passioni. Allora i precetti divini di condanna del peccato che consolidavano la giustizia erano trascurati; la verità veniva considerata con leggerezza, e non solo si permettevano le impurità, ma si provava piacere in esse. Lo spiritismo afferma che non esiste ne morte, ne peccato, ne giudizio, ne retribuzione, che gli uomini sono semidei non decaduti, che la legge suprema è il desiderio, e che l'uomo ha delle responsabilità solo verso se stesso. Le barriere che Dio ha eretto per proteggere la verità, la purezza e il rispetto vengono infrante, incoraggiando molti a cadere nel peccato. Tali insegnamenti non suggeriscono forse un'origine simile a quella del culto demoniaco? Attraverso le abominazioni dei cananei, il Signore presentò agli israeliti le conseguenze della comunione con gli spiriti maligni: i cananei erano persone senza affetto, erano idolatri, adulteri, assassini, corrotti da ogni tipo di pensiero impuro e da pratiche impure. L'uomo non conosce il proprio cuore, perché « il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno » (Geremia 17:9), ma Dio comprende le tendenze depravate della natura umana. Satana in quel tempo, come del resto ora, si adoperava affinché si verificassero le condizioni favorevoli alla ribellione, in modo che il popolo d'Israele potesse diventare per Dio così ripugnante come lo erano i cananei. L'avversario dell'uomo è sempre all'erta per scaricare su di noi mali inarrestabili, per rovinarci, condannarci davanti a Dio. Satana era deciso a mantenere il possesso della terra di Canaan; e quando essa divenne la dimora dei figli d'Israele, e la legge di Dio divenne legge di quella terra, provò per Israele un odio profondo e maligno, tanto da tramarne la distruzione. Attraverso l'azione di spiriti malvagi, vennero introdotte divinità estranee, e in seguito alla trasgressione il popolo eletto fu alla fine disperso lontano dalla terra promessa. Oggi Satana cerca di ripetere la stessa storia. Mentre Dio cerca di liberare il suo popolo dalle abominazioni del mondo, in modo che possa osservare la sua legge, l'ira dell'« accusatore dei nostri fratelli » non conosce soste. « II diavolo è sceso a voi con gran furore sapendo di non aver che breve tempo » Apocalisse 12: 10, 12. La vera Terra promessa è proprio davanti a noi, e Satana è determinato a distruggere il popolo di Dio privandolo di ciò che dovrà ereditare. L'avvertimento « Vegliate e pregate affinché non cadiate in tentazione » (Marco 14: 38), non è stato mai così necessario come ora. Le parole che il Signore rivolse all'antico Israele sono valide anche per il suo popolo della nostra epoca: « Non vi rivolgete agli spiriti, ne agl'indovini; non li consultate »; « perché chiunque fa queste cose è in abominio all'Eterno » Levitico 19: 31; Deuteronomio 18: 12.

II nostro mondo è in piena confusione e gli esseri umani sono la causa principale di questo caos, perché siamo diventati creature smarrite ed egoiste la cui natura è fondamentalmente orientata verso il male. Per quanto possiamo illuderci di proseguire verso il progresso e il costante miglioramento, la storia del secolo scorso non è molto incoraggiante. E oggi, che non è ancora trascorso un quarto del nuovo millennio, non possiamo dire che le cose siano migliorate. Se il passato è precursore del futuro, per citare un famoso aforisma di Winston Churchuil, tutto quello che possiamo aspettarci è «sangue, fatica, lacrime e sudore». Ma non tutto è perduto. Al contrario, Gesù Cristo è morto per i nostri peccati e per mezzo della sua morte abbiamo la promessa della salvezza, della redenzione e del rinnovamento di tutte le cose. «Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più» (Ap 21:1). Non siamo stati abbandonati, costretti a badare a noi stessi nella distesa infinita di un cosmo manifestamente freddo e indifferente. Non potremmo mai farcela, le forze schierate contro di noi sono troppo più potenti ed è per questo che Dio, prima ancora di creare il mondo, ha concepito il piano della salvezza per venirci in aiuto e realizzare quello che non saremmo mai stati in grado di fare con le nostre sole capacità. - DIO HA CREATO L'UOMO E LA DONNA COME ESSERI LIBERI L'annosa questione che l'uomo si pone da sempre è questa: «Da dove proveniamo?». Nei primi due capitoli della Bibbia (in realtà, in tutta la Scrittura) troviamo la risposta a quella che molti considerano la domanda più importante che una persona si possa porre. Dopo tutto, solo conoscendo le nostre origini possiamo avere qualche probabilità di capire chi siamo veramente, perché esistiamo, come dobbiamo vivere e qual è il nostro destino. Nel racconto della creazione dell'essere umano emergono notevoli differenze se paragonate con quelle di altre cose descritte nel testo. 1. L'uomo e la donna sono stati creati per ultimi, dopo tutte le altre creature. Davanti ai loro occhi si aprì l'intero cosmo, da studiare e di cui aver cura. 2. La modalità divina per la creazione dell'uomo e della donna differisce da quella utilizzata per gli altri esseri viventi. Fino a quel punto l'ordine divino era «sia fatto» (la luce, il firmamento, le acque, i pesci e gli uccelli, gli animali, ecc.). Ora il comando si trasforma in consultazione: «Facciamo l'uomo...». Le tre persone che compongono la divinità - il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo - si consultano a tal proposito. Sebbene questi due capitoli descrivano la creazione della terra e delle creature che la abitano, senza tema di smentita si può dire che l'argomento principale è la creazione del genere umano. 3. L'uomo e la donna sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio, concetto escluso per circa ogni altra cosa creata. Anche se il testo non specifica cosa significhi essere creati a immagine e somiglianza di Dio, è evidente che in qualche misura gli esseri umani riflettevano il carattere del loro Creatore. Poiché l'umanità possiede una capacità morale assente nelle altre creature (le farfalle possono essere belle, ma non dibattono su che cos'è giusto o sbagliato), essere fatti a immagine e somiglianzà di Dio vuole sicuramente dire che, almeno in parte, gli uomini devono rispecchiare il suo carattere morale. 4. All'uomo e alla donna è stato affidato il dominio sul resto del creato, per rappresentare Dio sulla terra. Questa chiamata implica la responsabilità. Gli esseri umani di cui si parla nel primo capitolo della Genesi non sono soli. La nostra esistenza è in stretta relazione con Dio. - LIBERO ARBITRIO Nel racconto della creazione compare anche l'avvertimento divino che dice di non mangiare dall'albero della conoscenza del bene e del male: “Dio il Signore prese dunque l' uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. Dio il Signore ordinò all'uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell' albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai». Genesi 2:15-17 Fin da subito, possiamo cogliere l'elemento morale richiesto al genere umano e non previsto per nessun'altra creatura. Come si evince, la capacità del discernimento morale è uno dei mezzi attraverso il quale l'uomo manifesta l'immagine e la somiglianza con Dio. Dio avrebbe potuto creare esseri umani che rispettassero automaticamente la sua volontà. Altri elementi del creato, come la luce, il sole, la luna e le stelle, rispondono proprio a questo presupposto. Ubbidiscono a Dio senza alcuna possibilità di scelta. Adempiono la sua volontà in modo automatico mediante le leggi naturali che ne guidano l'azione. Ma la creazione dell'uomo e della donna è stata qualcosa di speciale. Dio li ha creati per se stesso, voleva che fossero in grado di prendere le loro decisioni, di scegliere se adorarlo spontaneamente senza alcuna costrizione. Altrimenti non lo avrebbero potuto amare, perché il vero amore, per essere tale, deve essere corrisposto liberamente. Per la natura stessa della sua origine, il libero arbitrio dell'uomo viene protetto e rispettato da Dio che, pur essendo Creatore, non interferisce con le scelte più profonde e durature di uomini e donne. Quelle sbagliate hanno conseguenze, talvolta davvero terribili, ma è in contrasto con il carattere del Signore forzare per ottenere fedeltà e ubbidienza. Il principio del libero arbitrio ha tre importanti implicazioni: a. Nel campo della religione: un Dio onnipotente non indirizza unilateralmente la volontà e le scelte individuali. b. Nel campo dell'etica: gli individui saranno moralmente tenuti a rispondere delle loro azioni. c. Nel campo della scienza: le azioni del corpo e della mente non sono totalmente determinate dal principio di causa ed effetto. Le leggi fisiche sono coinvolte nel nostro comportamento, ma il libero arbitrio fa sì che ciascuno di noi abbia la possibilità di scegliere come agire, sopratutto, dal punto di vista morale. «La donna osservò l'albero: i suoi frutti erano certo buoni da mangiare; era una delizia per gli occhi; era affascinante per avere quella conoscenza. Allora prese un frutto e ne mangiò. Lo diede anche all'uomo ed egli lo mangiò. I loro occhi si aprirono e si resero conto di essere nudi. Perciò intrecciarono foglie di fico intorno ai fianchi» (Gn 3:6,7) Mangiare un piccolo frutto non era un atto peccaminoso in sé. Tuttavia, dobbiamo considerare le circostanze all'interno delle quali si è consumato. Adamo ed Èva erano creature dotate di libero arbitrio, fatte a immagine di Dio. Avevano tra l'altro la libertà, ma anche il dovere, di attenersi alla volontà espressa da Dio. Mangiarono il frutto non per pura necessità, ma per scelta. Fu la conseguenza della loro libera volontà che andò a sfidare le chiare e precise disposizioni divine. Allo stesso modo, anche noi siamo tenuti a scegliere liberamente se seguire Dio o meno, se amare o respingere la sua Parola. Egli non ci costringerà mai a ubbidirgli e nemmeno ad amarlo. Dio consente a ciascuno di noi di scegliere autonomamente il percorso da intraprendere ma, alla fine, dobbiamo essere preparati a convivere con le conseguenze che ne deriveranno. In realtà mangiando il frutto Adamo ed Èva comunicarono a Dio che egli non era un perfetto legislatore. La sua sovranità era stata sfidata. La coppia si rivelò disubbidiente, per questo Dio estese il peccato e la morte a tutto il genere umano. «Perciò Dio il signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d'Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita» (w. 23,24). Adamo ed Eva dovevano abbandonare il giardino: era una conseguenza necessaria, eppure misericordiosa. Il Signore non avrebbe consentito all'umanità ribelle l'accesso all'albero della vita. Con amorevole cura egli tenne lontani Adamo ed Èva dal frutto che li avrebbe resi immortali e che avrebbe reso eterna la condizione terribile nella quale erano finiti per via del peccato (prova a immaginare una vita eterna in un mondo così intriso di dolore, sofferenza e malvagità come quello attuale). La coppia fu cacciata dal giardino e costretta a lavorare la terra in modo più difficile e faticoso (w. 23,24). - L'INIZIATIVA DIVINA PER SALVARE L’UOMO DALLE CONSEGUENZE DEL PECCATO La Scrittura mostra che subito dopo il peccato dei nostri progenitori, Dio prese l'iniziativa di andare a cercarli, e non viceversa. Anzi, l'uomo e la donna si sotrassero dalla vista del Signore. Quale metafora efficace per l'umanità smarrita: scappare da colui che la cerca, l'unico che possa offrirle la salvezza! Adamo ed Eva si nascosero nel giardino e le persone continuano a farlo oggi, sempre che non si arrendano al convincimento dello Spirito Santo. Per grazia, Dio non ha ripudiato la coppia originale, e non ripudia nemmeno noi oggi. Da quando pose la domanda: «Dove siete?» nell'Eden (3:9) fino a oggi, egli continua a chiamarci. “Grazie all'incomparabile dono di suo Figlio, Dio ha avvolto il mondo in un'atmosfera di grazia che non è meno concreta dell'aria che circonda il nostro pianeta. Tutti coloro che scelgono di respirare in questo ambiente vivificante, vivranno e si svilupperanno fino a raggiungere l'ideale di maturità che Cristo ha annunciato” - E.White SC. La principale rivelazione dell'amore redentivo di Dio, si coglie nell'incarnazione e nel ministero di Gesù, il quale è venuto su questa terra per compiere tante cose - annientare Satana, rivelare il vero carattere del Padre, dimostrare che le accuse dell'avversario sono false e che si può osservare la legge di Dio - ma la ragione principale è stata quella di morire sulla croce al posto dell'umanità, per salvarla dalla conseguenza ultima del peccato, la morte eterna. “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per Noi”. Era quello che occorreva “affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio in lui”. Questo concetto è stato definito «il grande scambio»: Gesù si carica delle nostre trasgressioni e delle nostre sofferenze per far sì che noi peccatori possiamo essere dichiarati giusti davanti a Dio come Gesù stesso. 2 Corinzi 5:21 - LA MISSIONE DI CRISTO consiste nell'iniziativa divina di salvare l'umanità perduta. La missione salvifica di Dio è motivata dall'amore per ciascuno di noi. Non esiste altra ragione più profonda; Dio ha inviato Cristo nel mondo per portare la salvezza al mondo intero. Nel solo vangelo di Giovanni sono contenute oltre 40 dichiarazioni relative alla dimensione cosmica della missione di Gesù (cfr. 3:17; 12:47). Se il Padre manda Cristo a salvare il mondo, questi, a sua volta, invia i suoi discepoli con queste parole: “Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi” (Gv 20:21). Le metafore del sale e della luce esprimono le funzioni vitali dell'influsso cristiano nel genere umano. Se il sale opera internamente, unendosi al cibo con cui entra in contatto, la luce agisce esternamente illuminando tutto ciò che raggiunge. Il termine «terra» nella metafora del sale si riferisce agli uomini e alle donne con i quali ci si aspetta che i cristiani si mescolino, mentre il termine «luce del mondo» indica un contesto di persone nelle tenebre che necessitano di illuminazione. Il popolo di Dio fu incoraggiato a praticare i princìpi morali e le regole sanitarie date loro da Dio. Dovevano essere una luce, illuminare e attrarre: “voglio fare di te la luce delle nazioni” (Is 49:6). La loro esistenza come popolo in condizioni di salute, prosperità e lealtà al sabato di Dio e ad altri comandamenti avrebbe comunicato alle nazioni circostanti l'azione potente del Creatore, concretizzatasi con la creazione e la redenzione. Quelle nazioni, incuriosite dalla prosperità di Israele, si sarebbero avvicinate per apprendere gli insegnamenti del Signore (o comunque, questa era l'idea). Quando Gesù è venuto, anch'egli ha parlato del sale, altro mezzo per testimoniare. I cristiani, con il loro influsso, devono tenere a freno la corruzione nel mondo. I non credenti spesso si trattengono dall'agire in modo malvagio grazie a una coscienza morale riconducibile all'azione misteriosa dello Spirito Santo e all'influsso cristiano. I credenti non solo esercitano un ascendente positivo sul mondo corrotto con la loro presenza, ma si mescolano con la gente per condividere il messaggio cristiano della salvezza. La missione salvifica è un'iniziativa del Dio trinitario ed è prevalentemente collegata a Gesù Cristo, la cui incarnazione è fondamentale per la fede e la missione cristiane. Con la sua vita e la sua morte, Gesù ha preparato la strada alla salvezza di tutta l'umanità. Noi, in qualità di suoi discepoli e missionari, dobbiamo fare in modo che gli altri conoscano la buona notizia delle cose belle che Cristo ha fatto per tutti gli uomini e le donne della terra. “La chiesa di Cristo sulla terra è stata organizzata per scopi missionari e il Signore desidera vedere la chiesa nella sua totalità, elaborare mezzi e strategie grazie alle quali il colto e l'umile, il ricco e il povero potranno udire il messaggio della verità. Non tutti sono chiamati a predicare nei territori missionari, ma tutti possono fare qualcosa con le loro preghiere e i loro doni per sostenere l'opera missionaria» - 6T, p. 29.

"Poiché egli ha posto in me il suo affetto, io lo salverò; lo proteggerò, perché conosce il mio nome." Salmi 91:14 - Quando leggiamo la Bibbia, spesso dimentichiamo che è stata scritta da uomini orientali con sensibilità e stili narrativi molto diversi da noi occidentali. Gli orientali colgono l'insieme di un fatto, non è così per noi occidentali che avvertiamo la necessità di analizzare anche ogni dettaglio e sfumature. Esempio, quando Mosè descrive l'atto creativo di Dio si pone come un cronista che coglie l’avvenimento. Descrive il fatto straordinario che Dio crea dal nulla, non fa l’indagine scientifica su "come" Dio crea. Per la mente analitica degli occidentali è giusto il contrario. Noi poniamo molti interrogativi sul ”come”che stimolano approfondite analisi. Questo non deve meravigliarci, del resto sappiamo bene come dinanzi a una tragedia, ad esempio, gli uomini e le donne di tutto il mondo reagiscono in maniera diversa; solitamente gli uomini colgono l’entità dei danni materiali e come risolvere il problema, le donne colgono immediatamente la sofferenza, il dolore, la disperazione. Questa breve introduzione per dire come sia necessario muoversi con prudenza nell’ambiente biblico per non saltare a conclusioni affrettate. La Bibbia non è un libro scientifico, parla di scienza, ma non ha la pretesa di spiegare questi fatti. Parla di realtà ultraterrene, come la resurrezione, la divinità, ma non spiega come siano possibili. Offre immagini verbali, ma senza le note esplicative che spiegano come sono possibili e come funzionano quelle realtà. Lo scopo delle Scritture non è quello di erudire l’uomo, ma di alimentare la fede in Dio. Quindi non bisogna chiedere alla Bibbia quello che non è; e nemmeno farle dire quello che non ha chiaramente detto. La tendenza umana di “inserire” il proprio pensiero è sempre presente, soprattutto quando si è mossi dai preconcetti, o quando si vuole dare una spiegazione in qualunque modo. - Sul nome di Dio sono fatte delle conclusioni che rispondono alla logica umana, ma non è detto che corrispondano a quella divina! Quando Mosè in presenza del pruno ardente chiede qual è il nome di Dio, riceve la risposta che leggiamo in Esodo 3:13-14 - “Mosè disse a Dio: «Ecco, quando sarò andato dai figli d'Israele e avrò detto loro: "Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi", se essi dicono: "Qual è il suo nome?" che cosa risponderò loro?» Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "l' IO SONO mi ha mandato da voi"». - Nella circostanza richiamata, Mosè non chiede di sapere il puro e semplice nome di Dio che fosse a loro ignoto, ma piuttosto il profondo significato di un nome già noto “Il Dio dei vostri padri”. La risposta “Io sono quegli che sono”, indica l’auto-rivelazione di Dio, la peculiare caratteristica di un Dio che possiede in se l’esistenza, e che per esistere non dipende da nessuno. Con tale presupposto Dio fa sapere a Mosè e al popolo di essere assolutamente degno di fede e abbastanza potente da liberare il suo popolo dalla potenza di Faraone. - Il nome con il quale Dio chiede di essere riconosciuto è semplicemente “il Signore”. “Io apparvi ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe, come il Dio onnipotente; ma non fui conosciuto da loro con il mio nome di Signore.” Esodo 6:3 Questa dichiarazione di Dio “Il mio nome di Signore”chiarisce il problema. In un pantheon di falsi dei il nome proprio ha significato per distinguere gli uni dagli altri di medesimo valore. Ma trattandosi del vero Dio, il solo Dio, Eterno e Creatore, il Signore non ha bisogno di distinguersi con un nome proprio. Egli è unico! E’ il Signore! - Se il tetragramma ebraico YHWH, con il quale L’Eterno Iddio Creatore si è presentato a Mosè risulta impronunciabile dal momento che manca di vocali, significa che il Signore intende con questo impedimento dare un messaggio preciso. E cioè che cosa più importante è la sua qualità divina che lo distingue da tutte le false divinità che gli uomini si sono inventati. Il tetragramma ebraico sacro YHWH è reso pronunciabile solo perché tra le consonanti sono state inserite le vocali di Adonai: YaHWeH, traslitterato poi in Yahweh. Quindi si tratta di un’operazione umana. Se il Signore Dio avesse voluto qualificarsi con un nome proprio chiaro e tondo lo avrebbe fatto certamente. Ma così non è. L’ostinazione di quanti vogliono per forza dare al Creatore un nome proprio non è secondo la volontà del Signore. Per gli orientali, e segnatamente per il popolo ebraico, conoscere il nome non ha lo stesso significato anagrafico che noi occidentali attribuiamo. Per gli Ebrei non si trattava di avere un’informazione anagrafica, ma quello di conoscere il carattere della persona che lo portava. Nella cultura ebraica, il nome presentava il carattere della persona. Ad esempio Isacco pose il nome Giacobbe al figlio minore, che significa il soppiantatore. Mosè, significa salvato dalle acque, e via dicendo. Gesù non si è dato il compito di far conoscere il nome anagrafico di Dio, ma la sua natura che è amore. Del resto lui stesso ha dichiarato chi ha visto me ha visto il padre, intendendo dire, chi ha visto il mio carattere ha visto (conosciuto) il Padre. Se così non fosse bisognerebbe affermare che il nome vero di Dio è Gesù Cristo! Il che è fuori di ogni logica e contraddice il castello messo in piedi dai Testimoni di Geova. "Poiché egli ha posto in me il suo affetto, io lo salverò; lo proteggerò, perché conosce il mio nome." Salmi 91:14 Conoscere il nome di Dio indica una conoscenza che va oltre il dato anagrafico, perché anche i demoni temono Dio, e tuttavia sono versati nel male. Nella Bibbia, il verbo conoscere riferito a Dio, intende acquisire la nozione della sua realtà e santità. Denota avere un dialogo riverente, e tuttavia fiducioso e familiare. La conoscenza del nome di Dio presuppone avere in mente la sua attività, il suo pensiero, il suo amore per l'uomo e la sua giustizia. In altre parole, conoscere il nome di Dio implica conoscere il suo carattere. - L'illustrazione più evidente e completa del carattere di Dio che è concesso di sapere è reso manifesto nella persona di Gesù Cristo, il figlio di Dio, il solo che lo ha rivelato: "Gesù disse: ..Chi ha visto me, ha visto il Padre". Giovanni 14:9 "Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l' ha fatto conoscere." Giovanni 1:18 Nella vita del Salvatore vediamo l’illustrazione più completa e veritiera del carattere di Dio. Quello che Cristo ha insegnato, la sua pietà per l’umana sofferenza e la sua determinazione nel tracciare una separazione netta tra la verità e l’errore, costituiscono i tratti salienti del carattere di Dio. Nel contemplare il carattere del figlio di Dio, l’Apostolo Giovanni riassunse in una parola l’essenza di questa conoscenza, affermando: Dio è amore! Amore per l’uomo e amore per la giustizia e la verità. La tendenza umana a disunire le leve di questo amore, privilegiando uno solo di essi, è causa delle molte incomprensioni su Dio e ha dato la stura a pericolose illusioni e inganni diabolici.

Tradizionalmente, i cattolici vedono nella donna di Apocalisse 12 la Madonna in quanto si ispirano a una lettura devozionale del testo. Tuttavia gli esperti cattolici hanno abbandonato questo tipo di lettura e oggi concordano con l’interpretazione esegetica del testo che vede nella donna il popolo di Dio. - Nelle visioni di Giovanni, che va ricordato è un ebreo cresciuto nella cultura ebraica, la donna rappresenta la continuità di quanto avevano visto e annunciato i profeti dell’Antico Testamento, vale a dire il popolo di Dio: “Esulta, o sterile, tu che non partorivi! Da' in grida di gioia e rallégrati, tu che non provavi doglie di parto! Poiché i figli dell'abbandonata saranno più numerosi dei figli di colei che ha marito”, dice il Signore.” Isaia 54:1 “Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria del Signore è spuntata sopra di te! Infatti, ecco, le tenebre coprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su di te sorge il Signore e la sua gloria appare su di te. Le nazioni cammineranno alla tua luce, i re allo splendore della tua aurora. Alza gli occhi e guardati attorno; tutti si radunano e vengono da te; i tuoi figli giungono da lontano, arrivano le tue figlie, portate in braccio.“ Isaia 60:1-4 - Quindi la donna nell’Apocalisse rappresenta il popolo di Dio attraverso le fasi alterne della storia e in particolare quella degli ultimi tempi. Va detto che nell’Apocalisse si parla di due donne ben distinte, ciascuna con caratteristiche morali e spirituali opposte. La prima è indicata come una prostituta che domina la scena terrena e corrompe la spiritualità del popolo di Dio. Quindi rappresenta la chiesa infedele, apostata, idolatra e persecutrice. “Egli mi trasportò in spirito nel deserto; e vidi una donna seduta sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia, e che aveva sette teste e dieci corna.” Apocalisse 17:3 “La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d' oro, di pietre preziose e di perle. In mano aveva un calice d' oro pieno di abominazioni e delle immondezze della sua prostituzione. “ Apocalisse 17:4 “E vidi che quella donna era ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Quando la vidi, mi meravigliai di grande meraviglia.” Apocalisse 17:6 - La seconda donna, quella di Apocalisse 12 a differenza della prima si muove nello spazio, rivestita della luce solare, in un contesto di astri luminosi risplendenti che sottolineano l’opera del Creatore. “Poi un grande segno apparve nel cielo: una donna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Apocalisse 12:1-2 Questa donna rappresenta il popolo di Dio nell’attesa messianica. - Per quale motivo questa donna non potrebbe assolutamente rappresentare la Madonna? La ragione più evidente viene rivelata dal versetto 17 in cui si legge: “Allora il dragone s'infuriò contro la donna e andò a far guerra a quelli che restano della discendenza di lei che osservano i comandamenti di Dio e custodiscono la testimonianza di Gesù.” Apocalisse 12:17 Se la discendenza della “Madonna” osserva tutti i dieci comandamenti di Dio e custodisce la testimonianza di Cristo (obbedienza solo a Dio), evidentemente non può rappresentare la sua discendenza, in quanto Maria Vergine è simbolo di una chiesa che non osserva tutti i dieci comandamenti e tantomeno possiede la fede di Gesù, poiché ha tolto dai dieci comandamenti originali il secondo che proibisce di adorare le statue e di rendere un culto idolatrico; e ancora ha tolto dal decalogo il quarto comandamento che ordina l’osservanza del Sabato biblico sostituendolo con la domenica, una festività di origine pagana. E cosa ancora gravissima insegna ad aver fede in madonne, santi e papi… - Il fatto che Satana fa guerra a questo rimanente irriducibile, dimostra che non vi è nessuna relazione tra l’idea cattolica della Madonna e le Sacre Scritture. L’evidenza mostra che la religione della Bibbia non va giudicata con idee campate in aria e confuse, ma con argomentazioni chiare e oneste. Non bisogna confondere e mettere sullo stesso piano un ragionamento che brilla di chiarezza con uno che manca di prova certa. Per questo la chiarezza illumina alcuni e la confusione oscura altri.

Siamo liberi di scegliere oppure destinati a ubbidire senza possibilità di scelta? La dottrina della predestinazione, nella sua generalità, non è biblica, ma nasce nel mondo antico ad opera degli Stoici, i quali sostenevano che gli uomini fossero soggetti a un fato scritto dagli dèi. Lo stoicismo costituiva una corrente filosofica e spirituale, di impronta razionale e panteista, con orientamenti cinici, la cui essenza precisò Seneca: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” -Il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è riluttante-. Lo stoicismo fu abbracciato da numerosi filosofi sia Greci e Romani, fondendosi presso questi ultimi nella morale e nella religiosità pagana. In seguito penetrò nel cristianesimo e fu sviluppata e consolidata come dottrina dell’elezione. In anni recenti, la cultura italiana è stata attraversata da questa corrente di pensiero sul tema della predestinazione e del libero arbitrio, che è sfociata in numerose produzioni librarie e poi cinematografiche, concentrando l’attenzione sulla figura di Giuda in particolare. In queste produzioni del tutto originali, si sostiene che Giuda ha svolto un ruolo determinante nella vita del Salvatore, affermando che era indispensabile che un discepolo lo tradisse affinché Cristo morisse sulla croce. Di recente Corrado Augias, personaggio molto noto nel mondo dell’informazione, ha scritto un libro di 252 pagine dal titolo “Le ultime diciotto ore di Gesù”, editrice Enaudi, in cui fa una narrazione romanzata della morte in croce di Gesù Cristo, che ha visto coinvolti nella vicenda il procuratore Ponzio Pilato, il discepolo Giuda, il re Erode Antipa, ed altri. Si tratta di un libro in cui l’autore mette in discussione la narrazione evangelica sulla morte in croce di Cristo; in cui entra ed esce dalla storia, e dove fa parlare i personaggi coinvolti con la morte di Cristo. In questo racconto come in altre produzioni si sostiene che Giuda si è fatto carico di questo terribile compito assegnatogli da Cristo stesso, per cui si afferma che va a costui il merito di essersi sacrificato per il bene dell’umanità! Si dibatte che questo discepolo era stato predestinato a questo ingrato compito, e quindi non avrebbe potuto fare diversamente, neppure se si fosse opposto con la sua volontà. Questo discutere riporta all’attenzione il tema del libero arbitrio. - Siamo liberi di scegliere oppure destinati a ubbidire senza possibilità di scelta? Una questione che lascia perplessi, ed è comprensibile soprattutto se vengono citati dei testi biblici come quelli di Genesi 25:23 “il maggiore servirà il minore” Esodo 7:2-3, 13;“Io farò in modo che il faraone non ceda”, ed altri negli scritti dell’Apostolo Paolo che prenderemo in esame. Se le cose stessero come si dice, Dio avrebbe violato la libertà dell’uomo, destinando alcuni alla perdizione e altri alla salvezza. In altre parole non è salvato chi lo desidera, ma solo chi viene predestinato. Inoltre viene messo in discussione il carattere di Dio che risulterebbe insensibile e opportunista! Cosa assurda perché tutta la Scrittura testimonia che Dio è giusto e non utilizza mezzi sleali per adempiere i suoi propositi. Il Signore non fa nulla in società con il diavolo! Evidentemente queste dichiarazioni della Bibbia vanno analizzate nel loro contesto. Vediamo dunque in che modo si esplica la sovranità di Dio, e in che modo implica la libertà umana. Secondo il dizionario predestinare significa “Predisporre il corso della vita umana, che è proprio di Dio.” Come si comprende questo significato è una eredità del mondo antico. - Nel Nuovo testamento si parla di predestinazione nei testi di: Romani 8: 29-30 “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati.” Efesi 1:4-12 “In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio. In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha riversata abbondantemente su di noi dandoci ogni sorta di sapienza e d' intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra. In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà, per essere a lode della sua gloria; noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.” Questi testi sembrano provare che Dio destina alcuni alla perdizione, altri alla salvezza, senza considerare i sentimenti della persona. Ma il contesto mostra che Paolo non insegna che Dio include o esclude in forma capricciosa. Il senso di queste sue affermazioni sono inclusive! I sentimenti di Dio riguardo l’umanità sono di voler salvare ogni uomo 1 Tim 2:3-4 “Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità.” 2 Pietro 3:9 “Il Signore non ritarda l' adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento.” Dio non ha decretato che certe persone debbono perdersi; un simile decreto negherebbe lo scopo del Calvario, in quanto Cristo morì per tutti. Giovanni 3:16 “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” - La volontà dell’uomo è il fattore determinante del suo destino. Nella Bibbia i risultati della libertà umana, del libero arbitrio, vengono descritti come atti di UBBIDIENZA o DISUBBIDIENZA. Deut 30:19 “Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza”. Il fatto che Dio nella sua onniscienza prevede quello che avverrà all’uomo non influenza e non determina quello che sarà. La predestinazione Biblica, contrariamente a quella stoica, consiste nel proposito effettivo di Dio, secondo il quale coloro che credono in Cristo e desiderano accoglierlo come personale Salvatore sono salvati. Giovanni 1:12 “ma a tutti quelli che l' hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome”. Che significa quando la Scrittura dice che Dio amò Giacobbe e respinse Esaù? Rom 9:11-18 “Dio disse a Rebecca: il maggiore servirà il minore.. Ho scelto Giacobbe e non Esaù” Ciò dimostra che Dio ha il suo progetto per scegliere gli uomini: la sua scelta non dipende dalle loro opere, ma da lui che chiama. Dovremmo dunque affermare che Dio è ingiusto? No di certo! Perché egli dice a Mosè: “Avrò pietà di chi vorrò avere pietà; e avrò compassione di chi vorrò avere compassione”. Tutto dipende da Dio che ha misericordia, e non da ciò che l’uomo vuole o si sforza di fare. Nella Bibbia Dio dice al faraone: Proprio per questo ti ho fatto diventare re, per mostrare in te la mia potenza e far conoscere il mio nome su tutta la terra. Dio ha dunque pietà di chi vuole, e indurisce il core a chi vuole”. Il contesto di questi passi mostra che la preoccupazione di Paolo si concentra sul concetto di “MISSIONE” e non di “SALVEZZA”! La redenzione è per tutti, però Dio sceglie certe persone affinché svolgano una missione specifica, un ruolo particolare in un tempo specifico, come chiamare profeti, messaggeri, apostoli e laici. La salvezza era disponibile sia a Giacobbe che a Esaù; ma Dio scelse Giacobbe per stabilire quella linea di discendenza attraverso la quale avrebbe fatto conoscere la salvezza a tutto il mondo. Il Creatore esercita il governo dell’universo definendo la sua strategia per salvare l’uomo. E quando indurì il cuore di Faraone afferma semplicemente che l’Eterno diede credito a questo sovrano affinché facesse quello che il medesimo desiderava fare: opporsi al Dio degli odiati ebrei! Così come è stato per Giuda. Il Signore Gesù concesse al discepolo di fare quello che il medesimo aveva deciso di fare: tradire il maestro! Questa concessione non implica che lo abbia ordinato Dio! Come una fotocamera registra una scena senza cambiarla, così Dio contempla il futuro senza alterarlo. - Una questione che si inserisce in questo esame è quello delle preghiere fatte per qualcuno. La Scrittura ci esorta a pregare gli uni per gli altri, ma in che modo il Signore agisce pur rispettando la libertà dell’uomo?? Giacomo 5:16 “Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia.” Quando noi preghiamo per una persona che sta attraversando un periodo difficile di salute fisica o morale o spirituale, il Signore agisce rispettando la libertà dell’uomo. Come si è visto dai testi della Scrittura, Dio non forza la volontà dell’uomo, tuttavia in risposta al nostro interesse manifestato e attraverso le nostre intercessioni il suo Spirito agisce in favore della persona. Egli può respingere le forze del male in modo tale che coloro per cui preghiamo potranno scegliere per il bene, circondati da un’atmosfera positiva. La società umana è impegnata in un aspro conflitto con le forze del male per il controllo della mente umana. Satana fa da padrone in un mondo che subisce la sua violenza. - Ogni ambito dell’esistenza mostra i segni dolorosi della sua baldanza e della sua arroganza. Quando penso a questo mi ricordo della compassione che Cristo ha mostrato per la nostra umanità: “vedendo le folle egli ne ebbe compassione…” Ripenso anche alla sua determinazione coraggiosa: “io sono venuto per dare la mia vita quale prezzo di riscatto per la vostra… ” Un dono disponibile per tutti. Questo riempie il mio cuore di gioia, di gratitudine e di certezza di fede. Anche se viviamo in un mondo dominato dal male e in noi stessi portiamo i segni e le ferite del peccato, so che il Signore Gesù non si vergogna di accogliermi e di chiamarmi fratello! Il suo perdono e la sua salvezza e accessibile a me come a tutti tramite la fede nel suo nome e non in virtù di qualche privilegio o missione assegnato. Atti 4:12 “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”. 2 Pietro 1:3-4 “La divina potenza di Cristo ci ha dato tutto ciò che è necessario per vivere santamente. Poiché egli ci ha fatto conoscere Dio, il quale ha chiamato noi a partecipare alla sua gloria e alla sua potenza. Egli ci ha donato quelle cose grandi e preziose che erano state promesse. Così anche voi, lontani dalla corruzione dei vizi di questo mondo, avete potuto partecipare alla natura di Dio”.

Molto semplice! Il Signore ha provveduto. Egli sa bene che ogni credente sincero nel corso della storia si sarebbe posto questa domanda e ha disposto affinché trovi nella Bibbia la risposta chiara e inconfondibile. Lo ha fatto utilizzando un'immagine profetica valida per ogni tempo e luogo, presentando quattro connotati inconfondibili. Che cosa sono questi connotati? Sono segni esteriori caratteristici di una persona o di un gruppo che lo distinguono in maniera assoluta da altri. Trattandosi di una chiesa, sono segni esteriori che la distinguono da tutte le altre fedi. Una questione necessaria visto la proliferazione di credi che pretendono di avere la verità. - Il primo di questi segni è la costanza. "Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza; so che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli ma non lo sono e che li hai trovati bugiardi." Apocalisse 2:2 - In questo testo la costanza è messa in relazione alla volontà tenace di conservare e osservare fedelmente gli insegnamenti ricevuti dai profeti, da Cristo e dagli apostoli. Qualità che consente al credente di svelare i falsi insegnamenti dottrinali. La costanza è così importante che Dio rivolge una promessa luminosa e cara ai cristiani dell'ultima ora: "Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch'io ti preserverò dall'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra." Apocalisse 3:10 - Il secondo segno distintivo che consente di capire quale sia la chiesa che osserva la volontà di Dio è l'osservanza dei dieci comandamenti. "Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù." Apocalisse 14:12 - Qui notiamo che la costanza è particolarmente rivolta ad osservare i comandamenti di Dio. I dieci comandamenti così come sono stati scritti da Dio stesso e affidati a Mosè. La precisazione profetica è significativa in quanto non allude a dei generici comandamenti, ma specifica i dieci comandamenti, tra cui il rifiuto dell'idolatria e l'osservanza del sabato come giorno di riposo. A questo punto già questi elementi consentono di fare una buona selezione tra le chiese e scartare quelle che adorano le statue e quelle che osservano la domenica in sostituzione del sabato. Molti pensano che questi comandamenti non hanno più valore, ma il fatto che figurano come caratteristica della vera chiesa, particolarmente negli ultimi tempi, significa che Dio li considera sempre validi e pertanto per quanto costoro dicono resta un importante segno distintivo. Del resto nell'epistola agli Ebrei si legge chiaramente che il riposo in giorno di sabato è definito per sempre: "Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio, infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue." Ebrei 4:9-10 - Sempre nello stesso testo di Apocalisse 14:12, scorgiamo il terzo segno di identificazione, che è la fede di Gesù. Interessante che non dice in Gesù, ma di Gesù. Vale a dire non una generica fede cristiana, ma quella che rispecchia fedelmente i tratti caratteristici della fede espressa da Cristo, così come è concesso di cogliere leggendo il vangelo; vale a dire quello che Cristo ha detto, quello che lui ha fatto; quello che ha insegnato agli uomini; il suo modo e il suo esempio di relazionarsi con il Padre e con gli uomini. La sua pietà per l'umanità sofferente e il suo amore disinteressato. La sua fedeltà assoluta agli scritti dei profeti di Dio e la condanna delle dottrine inventate dagli uomini. La sua condanna per l'ipocrisia e l'arroganza di coloro che si erigevano come maestri del nulla. La fede di Gesù è qualcosa di molto diverso da un gesto formale e richiede la volontà di mettersi in discussione, il desiderio di agire per piacere a Dio e non agli uomini. - Il quarto e ultimo segno caratteristico è lo spirito di profezia: "Io mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo. Ma egli mi disse: "Guàrdati dal farlo. Io sono un servo come te e come i tuoi fratelli che custodiscono la testimonianza di Gesù: adora Dio! Perché la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia". Apocalisse 19:10 - Queste parole furono pronunciate dall'angelo incaricato da Cristo di mostrare a Giovanni gli eventi della fine. Giovanni preso dall'entusiasmo si era gettato ai suoi piedi per adorarlo, ma l'angelo immediatamente gli ricorda che l'adorazione è dovuta solo a Dio, per diritto di creazione e di redenzione. In questa raccomandazione ritorna la costanza che custodisce la testimonianza di Gesù. Certo indica l'esempio lasciato da Gesù come riferimento di una vita di fede autentica, ma non solo. L'espressione "è lo spirito della profezia" indica lo spirito come un agente attivo in grado di ricordare la testimonianza lasciata da Cristo e di guidare la chiesa nel medesimo solco, attraverso gli ultimi tempi della storia. Quindi il quarto segno caratteristico indica una chiesa in movimento, una chiesa che "segue" una guida profetica fedele alla testimonianza lasciata da Cristo, un riferimento concreto e fedele agli insegnamenti dei profeti e degli apostoli. Una guida spirituale attiva e preziosa per il popolo di Dio negli ultimi tempi, capace di suggerire i pericoli vecchi e nuovi da evitare per giungere alla meta. - Conoscete una chiesa che abbia questi quattro segni caratteristici tutti insieme? Io ho impegnato la mia vita in questa ricerca e ho trovato che questi importanti segni caratteristici corrispondono esattamente e unicamente alla Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno, di cui mi faccio onore di appartenere. Non è una chiesa perfetta, è una comunità in cammino, ma rappresenta pur con tutti i suoi limiti e difetti umani, la sola chiesa che ha ricevuto questo dono della profezia nella persona di Ellen White. Un dono necessario in grado di condurre questo popolo attraverso i pericoli e le minacce che incombono sui cristiani dell'ultima ora, e di renderlo capace di assolvere la visione profetica assegnata con umiltà, fedeltà e dignità.

Nel romanzo "Memnoch il Diavolo" di Anne Rice, Memnoch sarebbe il vero nome di Satana, che non è il Male Assoluto, bensì un'entità angelica che, mossa a pietà di una umanità ancora in stato primordiale, si ribella al divieto d'interferire, di un Dio indifferente, e da allora continua la sua attività benevola portando l'umanità sulla strada verso Dio.. Secondo la recente rivisitazione della Bibbia in chiave moderna, fatta da studiosi della Bibbia, pastori e ministri di culto, pare che Satana sia invece una figura retorica, un emblema, una rappresentazione del male. - Bisogna dire che entrambi non concordano affatto con la testimonianza della Scrittura. Secondo le informazioni riportate dalla Bibbia, Lucifero in origine, era l'Arcangelo a capo delle schiere angeliche. Il suo nome significa "portatore di luce". Il profeta Ezechiele parlando del re di Babilonia fa una descrizione che in realtà si riferisce a Lucifero. In questo modo la Bibbia ci consente di svelare un personaggio malefico e reale con un progetto di morte a carico dell'umanità: - «Così parla il Signore, l'Eterno: "Tu mettevi il suggello alla perfezione, eri pieno di saviezza, di una bellezza perfetta; eri in Eden, il giardino di Dio; eri coperto d'ogni sorta di pietre preziose... Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore. Io t'avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio, camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato.. » (Ezechiele 28: 12-15) - Secondo queste prime informazioni, Lucifero avrebbe potuto conservare il favore di Dio, e adoperare le sue nobili facoltà per il bene degli altri. Ma, dice il profeta Isaia, un orgoglio spietato prese il sopravvento: «Il tuo cuore s'è fatto orgoglioso per la tua bellezza; tu hai corrotto la tua saviezza a motivo del tuo splendore »...« Tu ti sei fatto simile a Dio » ... « Tu dicevi in cuor tuo: "Io... eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio; io mi siederò sul monte dell'assemblea... salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all'Altissimo"» Isaia 14: 13,14. - Alcuni studiosi pensano che questa storia nasce da un fraintendimento del brano del profeta Isaia al re di Babilonia, che i cortigiani adulavano chiamandolo "Portatore di Luce". Ma un'attenta lettura del testo mostra che Isaia pronuncia sul re di Babilonia un canto funebre che nella visione profetica si riferisce in realtà al principe delle tenebre: - ".. intonerai questa canzone sul re di Babilonia e dirai: «Ecco questa è la fine di quel re crudele! Finalmente il mondo gode la pace e tutti cantano di gioia.. il mondo dei morti si prepara ad accogliere il re di Babilonia.. le ombre dei re di tutto il mondo vogliono dirgli: "Eri onorato con musiche d'arpa, ma ora sei qui nel mondo dei morti." » Is 14: 3-11 - Secondo questa lettura preziosa, pare che l'orgoglio della propria posizione alimentò in Lucifero questa sete di supremazia al punto che volle essere uguale a Dio. Non è dato di capire come sia stato possibile per un essere angelico e perfetto nutrire sentimenti ostili al governo di Dio. Sta di fatto che da quel momento egli divenne Satana, l'Avversario. Evidentemente molti angeli che simpatizzavano per lui si unirono nella ribellione contro l'autorità di Dio. Così lontani dalla luce divina, i meravigliosi angeli si mutarono in demoni, e da allora Satana, divenuto il principe delle tenebre, in antagonismo spietato con Cristo, il principe della vita, nutre il solo scopo di trascinare gli uomini nella sua disperazione e distruzione.

Si fanno chiamare Cristo, ma sono falsi messia. In Brasilia, un tale predica da oltre 35 anni la parola di Cristo credendosi la reincarnazione di Gesù. Si fa chiamare Inri Cristo e già conta 5000 seguaci nel mondo. La maggior parte sono donne, molte vivono con lui alla periferia di Brasilia nella sua chiesa-compound che il profeta definisce la "Nuova Gerusalemme". - Questo personaggio come altri stravaganti che attraversano il nostro tempo e dicono di essere il Cristo, sono riconoscibili non tanto da quello che predicano o dai segni che potrebbero fare per avvalorare se stessi, ma esclusivamente conoscendo cosa dice la Scrittura sulle modalità con cui il figlio di Dio ritornerà: " Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d' arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore." 1Tessalonicesi 4:15-17 - Dunque sta scritto che al ritorno di Cristo ci sarà nello stesso momento la resurrezione di TUTTI i morti in Cristo. Eventuali resurrezioni parziali operate qua e là per quanto strabilianti non costituiscono elementi di prova. - Contestualmente i risorti e i credenti che sono trovati in vita sono rapiti e trasportati in cielo a incontrare il Signore Gesù NELL'ARIA. - Quindi l'incontro dei credenti con Cristo avviene nell'aria SULLE NUVOLE e non sulla terra. Alle forze del male non sarà permesso di simulare questa caratteristica. Pertanto ogni personaggio che pretende di essere il Cristo disceso dal cielo, per quanto smagliante e in grado di fare miracoli spettacolari, e che incontra i credenti qua e là costituisce un inganno. Gesù dice: "non lo credete! Allora, se qualcuno vi dice: "Il Cristo è qui", oppure: "È là", non lo credete; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l' ho predetto. Se dunque vi dicono: "Eccolo, è nel deserto", non v'andate; "eccolo, è nelle stanze interne", non lo credete, infatti, come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, così sarà la venuta del Figlio dell' uomo. Matteo 24:23-28 "Allora apparirà NEL CIELO il segno del Figlio dell' uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell' uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all'altro dei cieli." Matteo 24:30-31 - La venuta del figlio di Dio sarà un evento universale, strabiliante, e di una bellezza sconvolgente per coloro che lo attendono. Sarà il trionfo della giustizia e dell'amore di Dio. L'adempimento della promessa di redenzione che riscatta dalla morte eterna il popolo di Dio fedele alla sua parola. Un privilegio straordinario ci viene offerto, una eredità meravigliosa è posta davanti a noi; non consentiamo alla potenza del male di derubarci l'eternità.

Quello che la Bibbia dice sulla resurrezione merita di essere considerato attentamente per le conseguenze positive o negative che ritroveremo dopo il trapasso, poiché ritrovarsi nella prima resurrezione o nella seconda fa la differenza tra la gioia e la dannazione. - Dipende dalle scelte di oggi, poiché la Bibbia parla di due resurrezioni e di due morti: "Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la morte seconda, ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni."Apocalisse 20:6 Coloro che partecipano alla prima resurrezione sono i redenti al ritorno di Cristo Gesù: "Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore." 1Tessalonicesi 4:15-18 - Quelli che invece saranno risvegliati dalla morte alla seconda resurrezione dopo i mille anni, sono "gli altri morti", i dannati destinati a perire una seconda volta nel lago di fuoco: "Gli altri morti non tornarono in vita prima che i mille anni fossero trascorsi. Questa è la prima risurrezione."Apocalisse 20:5 "Ma per i codardi, gli increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda". Apocalisse 21:8 - Dunque solo chi fa parte della prima resurrezione entrerà nel regno di Dio. La convinzione nutrita da quelli che si vantano del male fatto e con baldanza pensano che dopo la morte non c'è punizione si ingannano; il risveglio dalla morte sarà un'amara sorpresa, tale che Gesù afferma: "Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abraamo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi ne sarete buttati fuori." Luca 13:28 - Questa vita è il solo tempo assegnatoci da Dio per conoscere il suo amore e il grande sacrificio fatto dal suo unigenito figlio per la nostra redenzione. Gli angeli rimasti fedeli a Dio e gli abitanti degli altri mondi che non hanno ceduto ai sofismi di Satana, osservano con grande interesse gli sviluppi della nostra storia terrena. Essi sono stati testimoni della spietata crudeltà di Satana nei confronti del figlio di Dio. Hanno provato orrore alla vista del loro Signore crocifisso dagli stessi uomini che era venuto a salvare... e si meravigliano della poca attenzione che molti riservano al grande conflitto tra Cristo e Satana. Il grande ribelle con i suoi artifici è riuscito nell'intento di far accettare a molti una religione comoda, piacevole, che appaghi la vista e che dia l'impressione di fare la volontà di Dio, mentre in realtà conduce quelli che l'abbracciano a ignorare la giustizia di Dio. - Per altri, il maligno è riuscito a far passare la Bibbia come se fosse un libro di leggende, per cui molti hanno finito per credere che Satana non esiste e sia solo un'invenzione della fantasia religiosa malata. In nemico di Dio esulta soddisfatto perché la sua trappola stringe intorno all'umanità incredula. Ma il Signore non si arrende e vuole salvare coloro che sono preda del nemico. I suoi accorati appelli ci raggiungono: "Lasci l' empio la sua via e l' uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare." Isaia 55:7 "Gettate via da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato; fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo; perché dovreste morire, casa d' Israele?" Ezechiele 18:31 "poiché egli dice: «Ti ho esaudito nel tempo favorevole, e ti ho soccorso nel giorno della salvezza». Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!" 2Corinzi 6:2 - Solo oggi, mentre siamo in vita, possiamo decidere dove vogliamo risorgere e con chi. Un argomento che merita tutta la nostra attenzione.

Secondo quello che la Scrittura afferma il giardino dell'Eden costituì la dimora paradisiaca di Adamo ed Eva. In esso vi erano diverse piante e alberi da frutti. In particolare c'era l'albero della vita, il cui frutto consentiva a chi ne mangiava di vivere per sempre. Per avere accesso ai frutti di questo albero, Dio aveva posto come condizione l'ubbidienza al divieto di mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male. Il divieto costituiva una prova di lealtà, nel frutto non vi era nulla di velenoso. Se i nostri progenitori si fossero fidati di Dio, l'umanità sarebbe vissuta in questo paradiso e avrebbe conosciuto il male come concetto e non come esperienza diretta. - Adamo ed Eva non superarono la prova e di conseguenza furono esclusi dall'Eden che costituiva un luogo paradisiaco, persero il dominio della terra e la possibilità di cogliere il frutto dell'albero della vita: "Così egli scacciò l' uomo e pose a oriente del giardino d' Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita." Genesi 3:24. Questo dice la Bibbia. Ogni supposizione che l'essere umano dopo la morte va in paradiso è la menzogna di Satana che acceca in modo piacevole chi vuole vivere di illusioni volontarie! Dai nostri progenitori abbiamo ereditato la dissoluzione e la morte eterna, una realtà che ci addolora e condiziona amaramente, ma è la sola verità: "Mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai". Genesi 3:19 L'illusione che dopo la morte l'anima se ne va in paradiso o in qualche altro luogo generato dalla fantasia umana non si concilia con questa dichiarazione di Dio così chiara: "ritornerai polvere". La polvere è qualcosa di inconsistente, certamente priva di ogni identità. - Tuttavia, Dio desidera restituirci la vita e la possibilità di vivere eternamente a condizione che in vita, accettiamo la salvezza per mezzo della grazia offerta dal Salvatore Cristo Gesù "In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi siamo salvati"Atti 4:12. La Scrittura afferma con chiarezza che Dio solo possiede la vita eterna e nessun essere vivente è immortale per natura:"(Dio) il solo che possiede l'immortalità e abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere"1Timoteo 6:16. Nessun uomo vede o possiede la vita eterna! Questo dice la Bibbia, e chi afferma il contrario è vittima di autosuggestione. - Ma quando l'uomo mortale ottiene la vita eterna? Quando il paradiso sarà accessibile? La Scrittura afferma al ritorno di Cristo, quando ci sarà la resurrezione dei morti: "Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; 1Corinzi 15:20-23 Alla Sua venuta e non prima. Questo dice la Bibbia, e chi vuole credere il contrario si affanna in vicoli ciechi. - Del resto, se fosse vero che alla morte il credente va in paradiso troveremmo nella Scrittura dichiarazioni chiare e condivise dai profeti, da Cristo e dagli Apostoli, ma così non è. Davide afferma che nella morte non c'è consapevolezza: "Il suo fiato se ne va, ed egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi disegni" Salmo 146:4 Salomone mette in evidenza che nella morte vi è totale assenza di pensiero e di sentimenti: "I viventi sanno che morranno; ma i morti non sanno nulla". "Il loro amore come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più né avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole". Con estrema chiarezza egli giunge ad affermare che nell'oltre tomba non vi è nessuna gioia o sofferenza: "Nel soggiorno dei morti dove vai, non v'è più lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza" Ecclesiaste 9:5,6,10. Per inciso, se nel soggiorno dei morti non c'è nessuna attività di pensiero e di azione, il paradiso, ammesso che i defunti vi vadano, non potrebbe neppure essere visto!! - Ezechia espresse la sua gratitudine a Dio di poterlo lodare in vita, nella consapevolezza che dopo la morte non sarebbe stato affatto possibile: "non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella fossa non possono più sperare nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente è quel che ti loda, come faccio io oggi". Isaia 38:18,19. I sostenitori di speranze vane sostengono che dopo la morte i credenti vanno in paradiso, gioiosi e immortali, a lodare Dio. Ezechia, invece, non scorgeva nella morte questa prospettiva: "Nella morte non c'è memoria di te (Dio); chi ti celebrerà nel sepolcro?"."Non sono i morti che lodano l'Eterno". Salmo 6:5; 115:17 E' superfluo dire che Ezechia applicava a se stesso questa condizione da morto e non già a quella degli empi. Pietro, il giorno della pentecoste, parlando della morte del re Davide disse:"La sua tomba è ancora fra noi.. poiché Davide non è salito in cielo" Atti 2:29,34. Il fatto che Davide rimanga nella tomba fino al giorno della resurrezione prova che il credente al momento della morte non va in cielo. - L'Apostolo Paolo parlando della resurrezione afferma:"Se Cristo non è resuscitato, vana è la vostra fede... anche quelli che dormono in Cristo, sono dunque periti" 1Corinzi 15: 16-18. Se i credenti dopo la morte andassero per davvero in cielo, Paolo non avrebbe potuto affermare che i credenti morti sono senza speranza! Infatti sarebbero già in cielo alla presenza di Dio! Inoltre, l'espressione "dormono"utilizzata da Paolo, non significa che l'anima viene addormentata dal Signore in attesa di andare in paradiso; ma nasce dalla fede nella resurrezione, che riportando il credente alla vita al ritorno di Cristo, è come se fosse risvegliato da un lungo sonno. Il paradiso ritornerà ad essere l'eden dei credenti quando Cristo ritornerà e solo allora sarà possibile accedere all'albero della vita: "Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò da mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso di Dio." Apocalisse 2:7 "In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del fiume stava l' albero della vita. Esso dà dodici raccolti all'anno, porta il suo frutto ogni mese e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni."Apocalisse 22:2 "Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all'albero della vita e per entrare per le porte della città!"Apocalisse 22:14 "Se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell'albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro." Apocalisse 22:19 Questo dice la Bibbia sul paradiso, e ogni idea o insegnamento che non corrisponde a questo che la Scrittura afferma è solo un prodigio dell'immaginazione. - Se le cose stanno così, allora come va intesa la promessa di Gesù al buon ladrone sulla croce: "io ti dico oggi tu sarai con me in paradiso"? Luca 23:43 Bisogna tenere presente che Gesù parlava l'Aramaico e il Nuovo Testamento è stato scritto in Greco. Come si sa queste lingue, come anche l'Ebraico, non hanno la punteggiatura. Il lettore quindi deve cogliere il senso di quanto è scritto dalla lettura del testo, come facevano gli scribi:"Essi leggevano nel libro della legge di Dio in modo comprensibile; ne davano il senso, per far capire al popolo quello che leggevano." Neemia 8:8 I moderni traduttori della Bibbia che sono stati educati con l'idea di un paradiso subito dopo la morte, hanno posto la virgola "io ti dico, oggi tu sarai con me in paradiso"; mentre rispettando quello che si comprende dalla testimonianza della Scrittura, avrebbero dovuto mettere la virgola dopo la parola "oggi": "io di dico oggi, tu sarai con me in paradiso". Non può essere altrimenti considerato che dopo la morte in croce Cristo è rimasto nel sepolcro tre giorni, e neppure dopo la resurrezione è andato in paradiso, ma come come si legge soltanto dopo l'ascensione, che come si sa è avvenuta dopo oltre un mese: "Gesù le disse: "Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro". Giovanni 20:17 . Se Gesù sapeva che alla sua morte non sarebbe andato nel paradiso, la sua promessa di "oggi" non sarebbe stata veritiera e comunque priva di significato se, come afferma l'apostolo Giovanni, solo Gesù sale in cielo: "Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell'uomo [che è nel cielo]. Giovanni 3:13 Queste considerazioni dovrebbero essere illuminanti e consentire la vera comprensione della parabola del Ricco e del povero Lazzaro, che i cattolici indicano a sostegno della dottrina del paradiso e dell'inferno. Luca 16:19-31. - Al tempo di Cristo alcuni credevano che un pio istraelita, per il fatto di essere un discendente di Abramo, dopo la morte andasse dritto in paradiso, mentre i peccatori dritti nell'Ades: "Non pensate di dire dentro di voi: "Abbiamo per padre Abraamo"; perché io vi dico che da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abraamo."Matteo 3:9 (Vi erano anche quelli che addirittura negavano che vi fosse la resurrezione dei morti, Matteo 22:23) Gesù intese correggere questa credenza che consentiva a taluni di vivere con l'idea di fare quello che si vuole tanto il paradiso era assicurato. Nella parabola, che è solo un racconto per trasmettere un insegnamento, Gesù inserisce gli elementi fantastici a cui costoro credevano, per far comprendere che la loro idea era sbagliata e che dopo la morte, non è affatto possibile ottenere sconti o riparare alle cose sbagliate commesse in vita "Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi" verso 26. La vita è la sola circostanza favorevole concessa all'uomo di prepararsi per il Regno di Dio. Chi trascura questo tempo propizio non può sperare di farlo dopo la morte, questo è l'insegnamento di Cristo, illustrato con l'immagine della grande voragine invalicabile. Dopo la morte non esiste pensiero, o l'alternativa tra sofferenza e gioia, ma solo la non esistenza in attesa della resurrezione: "Poiché non è il soggiorno dei morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quelli che scendono nella tomba non possono più sperare nella tua fedeltà." Isaia 38:18 "Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi". Matteo 22:32 L'idea che Dio abbia relazione con i morti proviene dal paganesimo, e la sua accettazione è pericolosa. Gesù riprendendo il pensiero di Isaia, aggiunge: "Egli non è Dio dei morti, ma dei viventi. Voi errate di molto". Marco 12:27 Certo a nessuno piace scoprire di credere a falsi insegnamenti; l'abitudine è il nemico più temibile dell'intelligenza e della fede. Essa forma la disposizione ad agire e pensare in un certo modo a causa della continua ripetizione degli stessi atti o degli stessi pensieri. Per abitudine su questioni di fede la mente dorme sulle convinzioni acquisite e non esplora. L'abitudine crede inconfutabili e irrinunciabili le prove che sono ritenute tali e non confrontate con quello che la Bibbia dice; si oppone ad ogni cambiamento reale, rende miopi di fronte all'evidenza e se viene contrastata provoca risentimento e frustrazione. L'abitudine vede certezze la dove spesso si celano illusioni. Come allora anche oggi la diagnosi di Cristo è calzante verso coloro che amano accecarsi in modo piacevole: "Gesù rispose loro: «Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio." Matteo 22:29 - Per capire dove nasce l'inganno di una vita ultraterrena, è fondamentale esaminare attentamente il racconto della Genesi sulla creazione dell'uomo: "Il Signore prese dal suolo un pò di terra e, con quella, plasmò l'uomo. Gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo diventò una creatura vivente" Genesi 2:7. Si deve notare che il verbo non è avere, ma essere. L'uomo non ha un'anima ma è un'anima vivente grazie all'unione del corpo con lo Spirito di Dio. La parola "anima" (nefesh in ebraico, psiche in greco) è citata 873 volte nella Bibbia e tutte le volte indica la vita transitoria, la vita localizzata nel sangue (Levitico 17:11; Deut 12:23), quella che manifestano gli esseri viventi e gli animali. In sostanza la vita biologica, affettiva ed emozionale. Il rapporto esistente tra gli elementi che costituiscono l'essere umano, corpo, anima e spirito, possono essere illustrati dal seguente esempio: Il corpo è come un pianoforte che da solo è inutile. Lo spirito di Dio è come il pianista. Mettiamo insieme pianoforte (corpo) e pianista (alito vitale di Dio) e ne scaturisce la musica, della vita, cioè un'anima. Ora che cosa accade alla morte? Ebbene al decesso lo spirito torna a Dio che l'ha dato e la vita (o anima) scompare nel nulla. La conclusione è univoca, l'uomo non è immortale e l'anima può cessare di esistere, come Dio ha stabilito. Alcuni hanno supposto che allora sia lo spirito che ritorna a Dio a godere della sua presenza nel paradiso, o a essere cacciati nell'Ades a soffrire le pene eterne. A parte il fatto incontestabile che l'idea non è compatibile con la rivelazione delle Sacre Scritture, sostenere questo ragionamento significherebbe dover ammettere che Dio è la somma di spiriti buoni e cattivi. In altre parole che in Dio si ritrova lo spirito dei peggiori criminali che hanno insanguinato la storia e quello degli stessi carnefici di Cristo. Significa che dalla stessa fonte divina il bene e il male convivono. Questa assurda eresia è liquidata dalla stessa parola che afferma la totale assenza di male in Dio: "Egli è la rocca, l' opera sua è perfetta, poiché tutte le sue vie sono giustizia. È un Dio fedele e senza iniquità. Egli è giusto e retto." Deuteronomio 32:4 - Tutte le idee sulla presunta immortalità dell'anima sono una menzogna di Satana che egli ha inserito nel cristianesimo per illuderci piacevolmente e farci credere che dopo la morte esiste la possibilità di cambiare il proprio destino. Ma si tratta di un formidabile inganno inteso a rimandare quello che poi non è più possibile ottenere. Concludendo, il paradiso ci attende al ritorno di Cristo, e non prima. Ci sarà quando il Salvatore tornerà sulle nuvole del cielo e chiamerà a se tutti i salvati al suono dell'ultima tromba. Allora i morti in Cristo risorgeranno dalla polvere della terra e quelli trovati in vita saranno trasformati, e insieme, saranno traslati per essere accolti da Cristo sulla nuvola nel cielo:"Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole." 1Tessalonicesi 4:15-18 I morti risuscitati e i credenti trovati in vita "insieme"andranno nel paradiso. Non sarà chi prima e chi dopo.. ma insieme. Il paradiso ci attende nell'ora fissata da Dio, non quella creduta dagli uomini. Evitiamo di credere alle idee sospese nel vuoto, a quelle isole disperse della fede che non hanno nessun riscontro nella Scrittura e costituiscono solo un mendace sollievo per lo spirito. Ricerchiamo la comunione con Dio tramite la preghiera e lo studio delle Scritture fatto con serietà, confrontando un testo con un altro che parla dello stesso argomento, rispettandone il contesto, con fare umile e spirito di preghiera. Disponiamo il cuore e la mente a cogliere quello che Dio vuole dirci. Nel silenzio della nostra anima avvertiremo la guida dello Spirito Santo e la pace del cielo che inonda il nostro spirito. Tra tutte le cose che l'Eterno gradisce e desidera rispondere con immediatezza, nulla è paragonabile alla richiesta sincera di chi invoca l'intervento divino per conoscere e capire quello che Dio domanda all'uomo.

L'Apocalisse costituisce l'ultimo libro della Bibbia scritto da Giovanni apostolo. Apocalisse in greco significa rivelazione! Se il suo contenuto fosse solo quello di rivelare l'amore di Dio e il ritorno di Cristo come alcuni pensano, non si capisce a cosa serve la compilazione dei 26 libri che lo hanno preceduto e che presentano compiutamente lo stesso messaggio di fede. Dopo quattro vangeli e tutte le lettere apostoliche che compongono il Nuovo Testamento verrebbe da chiedersi che rivelazione è questa che già non si sappia? - In realtà l'Apocalisse di Giovanni pur essendo in linea con la visione profetica della chiesa, sviluppa il tema spinoso dell'apostasia insieme a quello confortante della realizzazione del Regno di Dio. E lo fa su livelli di approfondimento diversi e progressivi. Con le sette lettere detta una visione panoramica della storia del popolo di Dio; poi con i sette sigilli scende nel dettaglio degli stessi avvenimenti e denuncia le macchinazioni del potere; con le sette trombe e ancora i sette segni e le altre visioni analizza e svela le trame occulte ordite da Satana, il burattinaio del male che muove i fili del potere umano della discordia per provocare la rovina dell'uomo. E ancora Giovanni non cessa mai di nutrirci di speranza mettendo in luce i provvedimenti di Dio intesi a fronteggiare l'opera del tiranno per salvaguardare e proteggere il suo popolo dagli attacchi del maligno. - Le visioni dell'Apocalisse non sono affatto come generalmente si pensa e si crede la previsione della follia umana, perché sarebbe davvero triste e di poca utilità se fosse solo questo. In realtà l'Apocalisse oltre a rivelare i retroscena della storia, denuncia il progressivo decadimento spirituale nella chiesa provocato da una massiccia opera di allontanamento dalla parola di Dio, arbitrata e mascherata sotto le mentite spoglie di una chiesa obbediente che non si preoccupa della giustizia divina. - Certo il linguaggio del libro è inedito e talvolta oscuro. Si parla di carestie, di conflitti, di sangue, di bestie feroci allucinanti e personaggi orribili. Sembrerebbe quasi l'opera di un folle. Nella realtà le visioni ricevono luce e intendimento dalla storia del popolo di Dio descritta dai profeti della Bibbia, a cui spesso i simboli si richiamano per offrire lo svelamento della grande tragedia che attraversa la storia: il conflitto tra Cristo e Satana. - L'Apocalisse pur gettando il suo sguardo sulla dannazione che investe il pianeta, il suo obbiettivo è esattamente quello di rivelare i retroscena della disputa millenaria tra Cristo e Satana, e della posta in gioco che non sono regni e ricchezze terreni, ma è il dominio della mente umana. Questa è l'Apocalisse. Le visioni sono finalizzate a rivelare la perfidia di Satana che si serve della chiesa apostata per introdurre nel cristianesimo ogni genere di corruzione; idolatria, amore per le ricchezze, ingiustizia, persecuzione e ogni altra sopraffazione con lo scopo di distruggere l'immagine di Dio nell'uomo e fare di questo pianeta un luogo di sofferenza per tutto ciò che vive. Di conseguenza le visioni vanno interpretate attraverso quest'ottica, senza lasciarsi distrarsi dal fascino che esercitano delle opzioni più o meno fantasiose ma purtroppo ingannevoli.

Per comprendere come si è introdotta nel cristianesimo questa tendenza alla rappresentazione della divinità è necessario fare storia e risalire ai primi secoli del cristianesimo quando la questione divenne una drammatica disputa teologica, tra quelli che abolivano il culto alle immagini religiose e quelli che invece lo sostenevano. - Per cui i primi vennero chiamati iconoclasti e gli altri iconolatri. In molte circostanze lo scontro ha prodotto episodi di violenza e crudeltà omicida, come quello dell'imperatrice Bizantina Irene nel 797, che per difendere le immagini e rafforzare il proprio potere personale, cospirando con i monaci fece avvelenare il marito Leone IV e poi accecare il proprio figlio per farsi nominare prima donna nella storia dell'impero. Confermando quanto era stato tristemente predetto: "... non abbandonarono gli idoli ... non rinunziarono neppure ai loro delitti..." Apo 9: 13 a 21 - Il primo Concilio in cui si trattò il problema dell'immagine, fu tenuto a Elvira (Granada-Spagna) all'inizio del IV secolo, e si pronunciò contro l'adozione delle immagini: "Decidiamo che non ci debbono essere pitture nelle chiese, affinché non sia dipinto sulle pareti ciò che viene riverito e adorato". - Ma dopo tre secoli di controversie la questione non era risolta, tanto che venne convocato un nuovo Concilio. Si tenne a Costantinopoli nel 692 e si pronunciò in modo assolutamente favorevole all'adozione delle immagini: "...comandiamo che d'ora innanzi, invece dell'antico agnello, il carattere di colui che toglie i peccati del mondo, cioè Cristo nostro Dio, sia dipinto e raffigurato sotto forma umana...". In altre parole, la rappresentazione del divino veniva giustificata con l'incarnazione. Come la Parola si è incarnata ed è divenuta il Cristo, quindi si è resa visibile e rappresentabile, allo stesso modo sembrava logico e opportuno autorizzare la rappresentazione pittorica del divino. - Ma se l'immagine del divino è opportuna perché nel Decalogo è vietata ogni rappresentazione? "Non ti farai scultura né immagine di quello che è su nel cielo, ne di quello che è quaggiù sulla terra, ne di quello che è nelle acque sotto terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso" Esodo 20:4-6 (Il secondo comandamento del decalogo) Evidentemente perché l'immagine in se non è un idolo ma lo diventa utilizzandola in maniera scorretta. Cosa che avvenne puntualmente! Nel settimo secolo la diffusione dell'iconolatria era particolarmente diffusa tra i monaci. I monasteri e le abbazie erano un concentrato di immagini che venivano venerate. L'imperatore Leone III nel 726, per contrastare la propaganda musulmana che accusava di idolatria i cristiani, decretò che le immagini sacre fossero ricercate e distrutte. - La reazione del papato fu immediata. Gregorio III convocò un Concilio a Roma in cui si scagliò la scomunica contro gli iconoclasti. E nel 769, nella basilica del Laterano, i vescovi convenuti si spinsero oltre e legittimarono l'adorazione delle reliquie.. "Se desideriamo attingere al conforto che i Santi ci offrono, dobbiamo venerare con l'onore più grande sia le reliquie non solo dei corpi, ma anche degli indumenti, sia le basiliche consacrate ai loro nomi, sia anche le immagini e i loro volti in qualunque luogo siano stati dipinti". La disputa diventò cruenta e sulla questione scesero in campo anche uomini d'armi e monaci agguerriti interessati al culto delle immagini e delle reliquie, il cui traffico costituiva una cospicua fonte di guadagno e di potere ... - L'adorazione della croce, delle immagini e delle reliquie fu adottata dal Concilio di Nicea nel 787, che dispose in via definitiva che il culto delle immagini potesse essere consentito. "Si può tributare loro un affettuoso saluto di venerazione fatta di onori: non l'autentica venerazione della nostra fede, che è dovuta soltanto alla divina natura". La risoluzione sanciva il ruolo dell'immagine nella civiltà cristiana. Con essa si ponevano le immagini e le reliquie sullo stesso piano del vangelo. In questo modo malgrado il divieto di adorare le immagini sia sancito da un preciso comandamento di Dio, statue, immagini e reliquie dei santi, sono proposte al culto di adorazione dei fedeli.

Santa faustina kowalska afferma di sì perché ha avuto una visione. Ma la Bibbia parla solo di un fuoco purificatore: uno stagno di fuoco! Sappiamo che suor Faustina Kowalska ha ricevuto la visione dell'inferno perché, secondo quanto lei stessa ha affermato, "per ordine di Dio e sotto la guida di un angelo venni condotta nell'inferno con lo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è".. Il suo padre spirituale don Michele Sopocko, affermava che la religiosa aveva comunicazioni con gli spiriti celesti e del purgatorio. Pare che abbia ricevuto delle visioni in cui Gesù le ha ordinato di dipingere un immagine del Cristo secondo il modello presentatole, dicendole: "voglio che la mia immagine venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo pasqua" in quel giorno sono aperti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine". "Questa domenica deve esse chiamata "festa della misericordia" e deve essere preceduta da una novena assieme alla coroncina. Per la recita di questa coroncina mi piace concedere tutto ciò che mi chiederanno." Aggiunge inoltre di essere sdegnato per i peccati (l'aborto) che si commettono a Varsavia. - Suor Faustina Muore il 5 ottobre del 1938 consumata dalla tubercolosi. Entrambi sono stati canonizzati dal papa e ammessi al culto della fede. Il 30 aprile del 2000 papa Paolo II ha istituito per la prima volta la "festa della misericordia". Oggi questo movimento riunisce nella Chiesa milioni di persone di tutto il mondo: congregazioni religiose, istituti secolari, sacerdoti, confraternite, associazioni, diverse comunità degli apostoli della Divina Misericordia e persone singole che intraprendono i compiti che il Signore ha trasmesso a Suor Faustina. Per coloro che vogliono maggiori informazioni esiste una pagina sul web: festadelladivinamisericordia.com - L'inferno a cui suor Faustina allude è quello "cattolico": un luogo di tormenti eterni tra le fiamme inestinguibili, circondati da demoni che divorano le membra dei malcapitati, del tutto simile, se non peggio, di quanto abbia partorito l'immaginazione dantesca. La visione avrebbe lo scopo di ribadire che "l'inferno c'è". Probabilmente dettato dalla necessità di lanciare un monito a quanti praticano l'aborto... - L'inferno come luogo di pene eterne non trova nessun riscontro in tutta la Sacra Scrittura, è in contraddizione palese con il carattere di Dio che è amore e si fonda su una errata interpretazione di testi biblici che sono stati estratti dal loro contesto. Per questi motivi non possiamo considerare i meriti vantati della suora e la visione dell'inferno che lei afferma di avere avuto da Dio, degni di attenzione. Tra l'altro non potrebbero nemmeno essere presi in considerazione per il fatto che sono in contraddizione con il secondo comandamento del decalogo che vieta l'adorazione delle immagini.(vedi Esodo 20:4). - Lo stagno di fuoco, invece è biblico. Esso viene presentato nel libro dell'Apocalisse di Giovanni come l'ultimo provvedimento preso da Dio dopo il millennio, per purificare la terra da ogni traccia del male. In esso periranno per la seconda volta tutti coloro che avranno rinunciato alla salvezza, gli angeli ribelli e lo stesso Satana. L'evento avrà efficacia su tutta la superficie della terra e perciò avrà le dimensioni di un cataclisma globale. Viene chiamato stagno di fuoco per sottolinearne l'efficacia. La sua azione, però, sarà limitata nel tempo (come è stato per il diluvio universale: esaurita la sua funzione scomparirà dalla scena). L'espressione "saranno tormentati giorno e notte, per sempre", non va intesa nel senso che questo fuoco non avrà mai fine, ma secondo lo spirito ebraico che intende una fine per sempre nel suo risultato. Infatti, immediatamente dopo la purificazione del pianeta, Giovanni vede la nuova Gerusalemme scesa dal cielo posarsi sulla terra così purificata, e i redenti riprendere possesso del pianeta per vivere un'esistenza felice ed eterna. - "Quando i mille anni saranno trascorsi, Satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, per radunarle alla battaglia: il loro numero è come la sabbia del mare. E salirono sulla superficie della terra e assediarono il campo dei santi e la città diletta; ma un fuoco dal cielo discese e le divorò. E il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli. Poi vidi un grande trono bianco e colui che vi sedeva sopra. La terra e il cielo fuggirono dalla sua presenza e non ci fu più posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. I libri furono aperti, e fu aperto anche un altro libro che è il libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le loro opere. Il mare restituì i morti che erano in esso; la morte e l'Ades restituirono i loro morti; ed essi furono giudicati, ciascuno secondo le sue opere. Poi la morte e l'Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco." Apocalisse 20 - "Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più. E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate." Apocalisse 21 - Che l'inferno insegnato da Agostino, Tertulliano, non si può identificare con lo stagno di fuoco della Bibbia, è suggerito dal fatto che quest'ultimo costituisce l'ultima parola di Dio al problema del male. Dio non intende contendere con i peccatori per l'eternità. Egli ha stabilito un tempo per mettere la parola fine alla ribellione e alla contesa. L'eternità che Dio intende donare a coloro che lo amano è un'esistenza felice, esuberante, un luogo di pace e di lode. Possiamo essere felici e grati a Dio perchè il nostro nome è scritto nel libro della vita e ci arride la prospettiva di un'esistenza serena, santa e benedetta che appagherà il nostro desiderio di pace e di armonia con tutto il bel creato di Dio.

« Io festeggerò a motivo di Gerusalemme, e gioirò del mio popolo ». Isaia 62: 3 Nella città di Dio non ci sarà più notte. Nessuno avrà bisogno o desiderio di riposare. Non ci si stancherà di fare la volontà di Dio o di tributare l'onore al suo nome. Sentiremo sempre la freschezza di un eterno mattino. « Non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché li illuminerà il Signore Iddio » Apocalisse 22: 5. La luce del sole sarà eclissata da uno splendore che non abbaglierà la vista, pur superando infinitamente il fulgore del pieno mezzodì. La gloria di Dio e dell'Agnello inonderà la santa città di una luce che mai si affievolisce. I redenti cammineranno nella gloria di un giorno senza fine. « E non vidi in essa alcun tempio, perché il Signore Iddio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio» Apocalisse 21: 22. Il popolo di Dio godrà del privilegio di una diretta comunione col Padre e col Figlio. « Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro » 1 Corinzi 13: 12. - Ora noi contempliamo l'immagine di Dio riflessa, come in uno specchio, nelle opere della natura e nelle sue azioni a favore degli uomini. Allora, invece, lo vedremo a faccia a faccia, senza nessun velo di separazione. Saremo in sua presenza e vedremo la gloria del suo volto. Là i redenti conosceranno come sono stati conosciuti. L'amore e la simpatia che Dio stesso ha posto nel loro cuore troveranno la loro più sincera e dolce espressione. Tutto questo costituirà la felicità dei redenti. Nella nuova terra essi contempleranno con instancabile delizia le meraviglie della potenza creatrice e i misteri dell'amore che redime. Là non ci sarà più nessun nemico crudele e ingannatore per indurci a dimenticare Dio. Ogni nostra facoltà potrà svilupparsi, ogni capacità accrescersi; vi saranno sempre nuove vette da raggiungere, nuove meraviglie da ammirare, nuove verità da scoprire, nuovi obiettivi che chiameranno in causa le facoltà della mente, dell'anima e del corpo. Non più limitati dalla morte, essi potranno conoscere i mondi lontani, quei mondi che fremevano di tristezza alla vista del dolore umano e che intonavano inni di tripudio alla notizia che un'anima era stata salvata. Con grande letizia i figli della terra entreranno nella gioia e nella sapienza degli esseri che non sono caduti, per partecipare con loro ai tesori della conoscenza e dell'intelligenza accumulati attraverso i secoli con la contemplazione delle opere di Dio. Poiché la conoscenza è progressiva, aumenteranno anche l'amore, la riverenza e la felicità. Più gli uomini conosceranno Dio, più essi ammireranno il suo carattere. Via via che Gesù dischiuderà agli eletti le ricchezze della redenzione e i meravigliosi risultati conseguiti nella grande lotta contro Satana, i cuori dei redenti palpiteranno di amore più intenso. « E tutte le creature che sono nel ciclo e sulla terra e sotto la terra e sul mare e tutte le cose che sono in essi, le udii che dicevano: A Colui che siede sul trono e all'Agnello siano la benedizione e l'onore e la gloria e l'imperio, nei secoli dei secoli » Apocalisse 5: 13. II grande conflitto è finito. Il peccato e i peccatori non ci sono più. L'intero universo è purificato. Per tutto il vasto creato corre un palpito di armonia e di letizia. Da Colui che ha creato tutte le cose fluiscono la vita, la luce e la gioia che inondano i vari settori dello spazio infinito. Dall'atomo più impercettibile al più grande dei mondi, tutte le cose, quelle animate e quelle inanimate, nella loro bellezza e nella loro perfezione dichiarano con gioia che Dio è amore." E.W.

La storia dimostra che ogni potere terreno che ha gridato "Dio con noi", si fonda sulle sabbie mobili dell'incoerenza e della malvagità. Poteva Dio affidare a un uomo il compito di essere il capo della sua Chiesa in terra? La diagnosi fatta dal Creatore è che non esiste nessuna persona in grado di assolvere questo compito: "Tutti si sono sviati, tutti sono corrotti, non c' è nessuno che faccia il bene, neppure uno." Salmi 53:3 "..si sono sviati da lui e non hanno posto mente ad alcuna delle sue vie." Giobbe 34:27 Al Sinai il popolo aveva sentito la voce di Dio e visto la manifestazione della sua potenza al punto che ne furono intimoriti, tuttavia tutto questo non servì a trattenerli dal male: "si sono presto sviati dalla strada che io avevo loro ordinato di seguire; si sono fatti un vitello di metallo fuso, l' hanno adorato, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: "O Israele, questo è il tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d' Egitto". Esodo 32:8 Anche quelli che avevano visto e beneficiato dei miracoli di Cristo, che avevano assistito alla resurrezione di Lazzaro, e altre manifestazioni potenti della sua grazia, furono gli stessi che dinanzi a Pilato chiesero la sua crocifissione! La vulnerabilità morale dell'uomo e la sua incostanza lo rendono inadatto per un compito che richiede incorruttibilità! - Tuttavia la chiesa romana ritiene che il Signore Gesù abbia affidato all'Apostolo Pietro il compito di essere il capo della chiesa. Certo che alla luce della storia del papato, non si può negare che il risultato di questa pretesa ha portato la cristianità in un tunnel di orrori e nefandezze! I fatti sono una dimostrazione incontestabile che l'uomo, anche il migliore, non è assolutamente in grado di rappresentare la divinità in terra, come il papato pretende. Il papato è una pura acquisizione che si basa su un falso storico. La cosa è risaputa e confermata dagli storici della chiesa, anche da quelli cattolici. Quindi in nessun caso è possibile sostenere che il Papa è il successore di Pietro, e tanto meno il vicario di Cristo. A questo punto vale la pena di capire mediante una onesta indagine del Vangelo, che cosa effettivamente Gesù Cristo ha inteso dire con la nota affermazione. "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16: 16-18). - Vediamo i fatti: Gesù pose ai suoi discepoli questa domanda: "voi, chi dite ch'io sia?" Simon Pietro rispondendo disse: "Tu sei il Cristo, il Figliuolo dell'Iddio vivente". Gesù replicando gli rispose: "Tu sei beato, o Simone figliuolo di Giona, perché non la carne e il sangue t'hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cicli. E io altresì ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16: 16-18). Quando incontrò Simone per la prima volta, Gesù, guardandolo bene in volto, disse: "Tu sei Simone, il figliuol di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa (che significa Pietro)" (Giovanni 1: 42). In seguito, Simone sarà quasi sempre chiamato Pietro, ma talvolta anche Cefa (I Corinzi 1:12; 3: 22; 9:5; 15:5; Calati 2:9). Cefa è la trascrizione in italiano dal greco Kephas, che corrisponde all'aramaico Kepha. Questo termine, che è maschile, è stato adoperato da Gesù nella premessa a Pietro, poiché Gesù si serviva della lingua aramaica. Matteo, che scrive il suo evangelo in greco, traduce questa parola con Petros, nome maschile, che significa ciottolo o pietra che rotola, simbolo dell'incostanza, e con Petra, nome femminile, che significa roccia, simbolo dell'immutabilità. "Tu sei PETROS, ma su questa PETRA...". - Dando a Simone il soprannome di Cefa, Gesù mostrò di conoscere il suo temperamento impulsivo, la sua instabilità, che si manifesterà nel corso della sua vita, ma soprattutto fino all'effusione della Pentecoste. Pietro è perciò un ciottolo instabile, potendo essere in alcune circostanze una pietra di scandalo... Poco dopo avergli fatto la promessa, Gesù lo rimprovera severamente: "Vattene via da me Satana; tu mi sei di scandalo..." (Matteo 16: 23). In greco risulta una specie di gioco di parole che fa balzare agli occhi il contrasto esistente tra un ciottolo e una roccia: il primo è il simbolo di Pietro stesso, la cui instabilità è nascosta nella "massa"; la seconda è il simbolo di Cristo immutabile. Infatti Petra come roccia immutabile non può indicare né Pietro stesso, né i suoi simili. A rigore, secondo il pensiero di numerosi Padri della Chiesa, può rappresentare la confessione fatta dall'apostolo; ma vi è un altro significato che s'impone: cioè che questa Roccia immutabile è Cristo stesso, la famosa "pietra angolare", il fondamento stabile della Chiesa, "poiché nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù" (ICorinzi 3:11). - Cristo è la roccia dei secoli sulla quale è edificata la Chiesa; i profeti e gli apostoli ne sono le pietre fondamentali e tutti i credenti le "pietre viventi" (Salmo 118:22; Isaia 28:16; Matteo 21:42; Marco 12:10; Luca 20:17; Efesi 2: 21,22). L'apostolo Pietro, come Paolo, non ha mai riconosciuto alcun altro fondamento della Chiesa che Cristo stesso, che è in verità "questa" pietra, questa roccia che sostiene tutta la Chiesa (Atti 4: 11; I Pietro 2:4). Questa interpretazione delle parole di Gesù è validamente confermata dai fatti. Occorre innanzi tutto osservare che queste parole non hanno attirato in maniera particolare l'attenzione dei discepoli. Solo Matteo le riporta. Marco, Luca e Giovanni le trascurano. Il comportamento di Giovanni (che scrisse il suo vangelo verso la fine del I secolo) è particolarmente indicativo in quanto prova che nessuno aveva mai inteso parlare del primato di Pietro. Se Matteo riporta la promessa di Gesù a Pietro, non è dunque per attribuirgli un qualsiasi primato. - Il libro degli Atti racconta gli avvenimenti che segnarono la fondazione e lo sviluppo della Chiesa cristiana. Vi si sottolinea, senza dubbio, l'attività di Pietro che, il giorno della Pentecoste, ebbe una parte di primo piano, ma vi si menziona anche quella degli altri apostoli e, a partire dal capitolo 13, l'apostolo Paolo e i suoi collaboratori divengono i principali protagonisti. Ricordiamo alcuni fatti che provano che l'apostolo Pietro non ha mai, in alcun momento, esercitato la funzione di capo della Chiesa, che non ha mai cessato di essere "servitore e apostolo di Gesù Cristo", come egli stesso si definisce ( 2 Pietro 1:1) e che i suoi collaboratori, particolarmente Paolo, l'hanno sempre trattato da pari a pari: 1. L'elezione di Mattia come successore di Giuda, in cui fu l'assemblea a decidere (Atti 1: 15-26); 2. L'intervento di Pietro « con gli undici » il giorno della Pentecoste (Atti 2:14); 3. La nomina dei diaconi da parte dell'assemblea (Atti 6: 2-6); 4. L'invio da parte dell'assemblea di Pietro e di Giovanni in Samaria (Atti 8: 14); 5. Le spiegazioni di Pietro davanti ai cristiani di Gerusalemme circa la sua visita a Cornelio in Cesarea (Atti 11: 1-18); 6. La sparizione di Pietro dalla scena del libro degli Atti:"...ed essendo uscito, se ne andò in un altro luogo» (Atti 12: 17); 7. La parte svolta nel grande convegno, che riunì a Gerusalemme gli apostoli, gli anziani e numerosi delegati delle chiese, da Pietro e Paolo che intervengono spesso e a lungo nella discussione, ma ancor più da Giacomo che presiede, chiude il dibattito e pronuncia le parole conclusive, e dall'assemblea che decide, per ispirazione dello Spirito Santo (Atti 15: 1-29); 8. La missione affidata a Paolo come apostolo degli incirconcisi, mentre Pietro è soprattutto l'apostolo dei circoncisi: Paolo ha ricevuto direttamente da Cristo speciali rivelazioni, compie miracoli allo stesso modo degli altri apostoli; 9 Il suo insegnamento e le sue epistole arrecano alla Chiesa la sua teologia; egli non riconosce altra autorità sovrana che quella dello Spirito Santo, anche se considera Pietro, Giacomo e Giovanni delle "colonne"; ad Antiochia, rimprovera apertamente Pietro, il cui comportamento creava equivoci (Calati 2: 8; II Corinzi 11: 5; I Corinzi 9: 1; 11: 23; 15: 3; Calati 1: 11, 12; Efesini 3: 3; Atti 5: 15; 19: 11, 12°; Calati 2: 9-14). - Tutti questi fatti dimostrano che l'apostolo Pietro, che ha avuto una parte eminente nella Chiesa, non è mai stato considerato come capo di essa. Egli si è d'altronde sforzato, soprattutto dopo la morte di Giacomo, di prevenire la tentazione di un qualsiasi primato, come testimoniano alcune dichiarazioni delle sue due epistole (vedere in particolare I Pietro 2: 4, 5; 4: 9-11; 5: 1,2; II Pietro 1: 1; 3: 1,2). - La testimonianza dei Padri della chiesa testimonia che fino alla fine del III secolo nessuno ha pensato di intravedere nelle parole di Gesù un riconoscimento di un certo primato a Pietro. Clemente Romano, che si dice sia stato il suo successore alla testa della Chiesa di Roma, nella sua epistola ai Corinzi, non fa alcuna differenza fra Pietro e Paolo. Il rappresentante più qualificato della Scuola di Alessandria, Origene, si è chinato sulla dichiarazione di Cristo. Vi ha riconosciuto la dignità dell'apostolo, ma per ammettere che essa s'estende ad ogni discepolo di Gesù Cristo: "Se si pretende che la Chiesa universale sia stata edificata sul solo Pietro, che fare di Giacomo e di Giovanni, i figli del tuono, o degli altri apostoli? Ciò che è detto di Pietro vale ugualmente per tutti gli apostoli e per tutti i veri fedeli. Essi sono tutti Pietro e pietre. Proprio su di loro tutta la Chiesa di Cristo è costruita". A partire dal V secolo una nuova interpretazione delle parole che Gesù rivolse a Pietro fa la sua apparizione. I vescovi della Chiesa di Roma si misero ad insegnare che Pietro ne era stato il capo e che la promessa di Gesù doveva essere intesa nel senso di un primato: l'apostolo, affermavano, era stato in realtà il primo papa, e i vescovi di Roma, come suoi successori, detenevano un potere analogo al suo. Questa interpretazione di Matteo 16: 18 è dunque nata per favorire la posizione di Roma e rinforzare la sua autorità, ed è stata largamente incoraggiata da due vescovi molto influenti, Innocenze I (402-417) e Leone I (440-461). Fino a quel momento, il testo in esame fu soprattutto applicato alla professione di fede di Pietro "tu sei il Cristo, il Figliuolo dell'Iddio vivente. - L'opinione di S. Agostino: "II Salvatore dice: Tu sei Pietro e su questa pietra che tu hai confessata, su questa pietra che tu hai riconosciuta esclamando: Tu sei il Cristo, il Figliuol dell'Iddio vivente! io edificherò la mia Chiesa. In altri termini, io edificherò la mia Chiesa su me stesso, che sono il figliuolo dell'Iddio vivente" (Sermone 76; vedere anche 124° trattato su Giovanni). - Il papato si è affermato nel corso dei secoli come monarchia assoluta, indipendentemente dal volere divino. - Il potere delle chiavi Nel suo colloquio con Pietro, Gesù gli disse anche:" Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto ne' cieli" (Matteo 16: 19). Occorre innanzi tutto notare che il potere delle chiavi è lo stesso di quello di "legare" e di "sciogliere" e inoltre che esso è stato accordato non a Pietro esclusivamente, ma anche agli altri discepoli come a tutti i credenti (vedere Matteo 18:18; Giovanni 20:19-23; Luca 24:33). L'azione di legare e di sciogliere si identifica con quella d'accordare o meno il perdono dei peccati dato che questo potere è definito in maniera assai chiara dalla missione del profeta Geremia (1: 9,10), le cui parole hanno la potenza di distruggere, da una parte, e di costruire, dall'altra. Esse contengono in sé il germe della vita (la restaurazione) e quello della morte (la distruzione) secondo l'accoglienza loro riservata. Non è Geremia a detenere tale potenza, ma il messaggio che egli è incaricato di proclamare. L'individuo che lo ascolta ha facoltà di scegliere o la vita o la morte. Insomma, Geremia e, con lui, Pietro, gli apostoli e ogni credente, facendosi interpreti della volontà del Signore, hanno il potere di legare e di sciogliere e, perciò, in un certo senso, di mettere i loro uditori davanti all'alternativa della vita (e del bene) e della morte (e del male). Dio solo può perdonare i peccati; i suoi testimoni sono ambasciatori che recano la Parola della riconciliazione (II Corinzi 5: 19, 20). Che Pietro abbia riconosciuto soltanto a Dio il diritto e il potere di perdonare i peccati è chiaramente provato dalle parole ch'egli rivolse a Simon Mago, che offriva denaro agli apostoli per ottenere il potere di accordare lo Spirito Santo con l'imposizione delle mani: "Vada il tuo danaro con te in perdizione, poiché hai stimato che il dono di Dio si acquisti con danaro... Ravvediti .dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è possibile, ti sia perdonato il pensiero del tuo cuore" (Atti 8: 18-24). - Ogni discepolo di Gesù Cristo possiede le chiavi del regno dei cieli, che sono costituite dalla Buona Notizia della salvezza e che, per mezzo del pentimento e del perdono dei peccati, aprono le porte dell'eternità. II Nuovo Testamento non fa mai apparire Pietro come il capo della cristianità, e l'apostolo non crede di essere il successore di Gesù alla testa della Chiesa. Il suo Maestro, ch'egli servirà fino al martirio, ha dato a lui e a tutti i discepoli un consiglio che non dimenticherà mai: "Ma voi non vi fate chiamar "Maestro"; perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è ne' cieli. E non vi fate chiamar guide, perché una sola è la vostra guida, il Cristo: ma il maggior fra voi sia vostro servitore. Chiunque s'innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato" (Matteo 23: 8-12). Il vero successore di Gesù sulla terra è lo Spirito Santo, il divino Consolatore:" E io pregherò il Padre, disse Gesù stesso, ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché stia con voi in perpetuo, lo Spirito della verità... Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che v'ho detto" (Giovanni 14: 16, 26). Lo Spirito Santo è il solo agente qualificato per prendere il posto di Cristo sulla terra e per continuarvi la sua opera. Egli è veramente "il vicario di Gesù Cristo", come lo chiama Tertulliano (De Prose. Adv. haer., 17). Mai le Sacre Scritture danno questo titolo ad un uomo, né a Pietro né ad alcun altro. Solo per mezzo dello Spirito Santo Gesù è con la sua Chiesa "tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente", poiché "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi, e in eterno" (Matteo 28:20; Ebrei 13:8).

La parabola dell'uomo ricco e Lazzaro desta una perplessità che si risolve con una lettura contestuale. Si deve tenere presente che si tratta di una parabola rivolta in particolare ai farisei che avevano appena udita quella dell'amministratore infedele (Lc 16:9-15). Essi non l'avevano gradita molto e “ridevano delle sue parole”. - Quest'altra parabola rafforza la precedente e sottolinea con vigore il pensiero che il destino di ognuno è fissato in questa vita dall'uso che si fa della libertà, e in modo particolare nelle varie occasioni che la vita ci presenta. - L'uomo ricco rappresenta qui tutti coloro che fanno un cattivo uso di queste occasioni, mentre Lazzaro personifica invece coloro che, al contrario, se ne servono con intelligenza e bontà. Con questa parabola Gesù ha trasmesso l'importante messaggio che c'è relazione tra questa vita e quella futura, poiché la prima determina se quella deve essere eterna e piena di felicità, oppure se deve essere un semplice ritorno alla vita fisica che precede la distruzione finale (quella che avviene alla fine del millennio). "Gli altri morti non tornarono in vita prima che i mille anni fossero trascorsi. Questa è la prima risurrezione."Apocalisse 20:5 "Ma per i codardi, gli increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda". Apocalisse 21:8 - Il “grande abisso”, citato da Cristo nella parabola, che impedisce di passare da una parte all'altra, sta a significare l'impossibilità di cambiare il proprio destino dopo la morte. Su questo la Bibbia è molto chiara: “Non sono i morti che lodano l'Eterno, né alcuno di quelli che scendono nel luogo del silenzio...Difatti i viventi sanno che morranno; ma i morti non sanno nulla, e non v'è più per essi alcun salario; poiché la loro memoria è dimenticata. E il loro amore come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più ne avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole... Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non v'è più lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza” (Salmo 115:17; Isaia 38:18; Ecclesiaste 9:5,6,10) - Con questa parabola Gesù non ha inteso parlare dello stato dell'uomo dopo la morte, né dell'epoca in cui saranno distribuite ricompense e punizioni. Quello che bisogna ricordare di questa parabola, come in tutte le altre, sono le grandi lezioni; tutti i particolari devono dapprima essere intesi nel senso del contesto ed in seguito in conformità con l'insegnamento generale della Sacra Scrittura, che sullo stato dei morti è molto chiara.

Da un punto di vista umano un colpo di spugna avrebbe evitato millenni di guerre, devastazioni, fame e morte. Solo che la questione riguarda il governo di Dio. La Bibbia afferma “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” Giovanni 3:16 Queste parole dell'apostolo fanno luce sulla grande questione della salvezza e costituiscono l'espressione del carattere di Dio. L'uomo creato per vivere una vita felice in Eden ha perso questo grande dono a causa della sua disubbidienza e come conseguenza della sua incredulità subisce la morte per se e per i suoi discendenti. - Ma Dio ama l'uomo e non vuole perderlo. Non può annullare la sentenza stabilita per provare la fedeltà dell'uomo (se mangerai del frutto morirai - Genesi 2:17), e nemmeno perdonarlo in quanto la legge infranta esige la morte del colpevole. - La coerenza e la saggezza di Dio verrebbero meno e l'ordine dell'universo subirebbe un trauma imprevedibile. Ma Dio non è solo giusto, egli è amore e ama l'uomo che ha creato; il piano della salvezza escogitato dalla divinità per salvare l'umanità perduta ha previsto la morte sostitutiva dell'uomo fatta da suo figlio. “Dio mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.”Romani 5:8 - Cristo, l'unigenito figlio di Dio sceglie di farsi uomo, subire la morte infamante al posto dell'uomo peccatore affinché l'uomo possa ottenere la vita che è Sua. In questo modo l'ordine e la legge sono preservate e Dio mostra di avere per l'uomo un amore di tipo sacrificale, vale a dire un Dio che paga di persona il prezzo più alto per salvare l'uomo. - “come per la disubbidienza di un solo uomo (Adamo) i molti sono stati resi peccatori, così anche per l' ubbidienza di uno solo (Gesù Cristo), i molti saranno costituiti giusti.” Romani 5:18-21 - Un uomo, un angelo, non potevano assolvere questo ingrato compito; solo il Creatore dell'uomo, il grande Legislatore dell'universo poteva farlo senza compromettere il suo governo. In questo sta la dimostrazione del carattere di Dio che è amore. - Il perdono è un grande privilegio. Lo riceviamo per grazia nella consapevolezza che un prezzo enorme è stato versato. Il perdono di Dio che non costa niente non esiste. Siamo perdonati perché crediamo in Cristo il nostro amato Salvatore che ha pagato con la sua vita il nostro riscatto.

Non è possibile mettere sullo stesso piano il riposo del Sabato con quello della Domenica, anche se è vero che Dio giudica le intenzioni del cuore. La legge di Dio, chiamata anche Decalogo perché conta dieci comandamenti, fu proclamata solennemente sul monte Sinai e scritta dal dito di Dio su due tavole di pietra (vedi Esodo 31: 18; 32: 16). Questa legge abbraccia tutti i doveri dell'uomo, poiché i primi quattro comandamenti sottolineano la sua responsabilità verso Dio e gli ultimi sei invece indicano il comportamento che egli deve avere nei suoi rapporti col prossimo. La felicità del genere umano dipende in gran parte dalla fedele osservanza di questi precetti i quali, tutti indistintamente, hanno una considerevole ed uguale portata. - Il quarto comandamento riguarda il giorno del riposo, come lo si legge in Esodo 20: 8-11: “Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' in essi ogni, opera tua; ma il settimo è giorno di riposo, sacro all'Eterno, ch'è l'Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch'è dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l'Eterno fece i cicli, la terra, il mare e tutto ciò ch'è in essi e si riposò il settimo giorno; perciò l'Eterno ha benedetto il giorno del riposo e l'ha santificato”. - L'espressione “Ricordati” è rivelatrice in quanto consente di comprendere che l'osservanza di questo comandamento esisteva già prima del Sinai, quando Dio ritenne opportuno ricordarlo e promulgarlo di nuovo al suo popolo. Infatti l'istituzione del giorno del riposo risale alla creazione ed è parte dell'opera creatrice di Dio, della quale costituisce la conclusione, il punto finale. - “II settimo giorno, Iddio compì l'opera che aveva fatta e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. E Iddio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta”. Genesi 2: 2, 3. Dio benedisse il giorno del riposo e lo santificò, cioè lo dichiarò santo. Alla luce di queste considerazioni ricaviamo i seguenti elementi fondanti: - Scopo del giorno del riposo è : 1. Commemorare l'opera della creazione. - Mediante questa istituzione, Dio lascia all'uomo « il ricordo delle sue meraviglie » (Salmo 111: 4). Il giorno del riposo deve continuamente ricordare (all'uomo) le origini del mondo e, così, stabilire un legame inscindibile fra la creatura ed il Creatore. - 2. Offrire riposo all'uomo. - II termine sabato deriva dal vocabolo ebraico shabbath che significa riposo, cessazione del lavoro. Il comandamento, infatti, così si esprime: « Lavora sei giorni e fai in essi ogni opera tua; ma il settimo giorno è giorno di riposo, sacro all'Eterno, che è l'Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiere che è dentro alle tue porte ». Il riposo del Sabato implica la cessazione di del lavoro. (ved. Esodo 20: 10; 34: 21; 35: 2). - 3. Preservare l'uomo dall'idolatria e da una falsa adorazione di Dio. - Nel consacrare a Dio la settima parte del suo tempo, l'uomo si trova protetto contro l'idolatria ed il politeismo: errori molto diffusi nell'antichità. Vero barometro della devozione del credente, la premura da questi dimostrata nell'osservanza del santo Sabato rivela che l'adorazione è dovuta solo a Dio e indica l'intensità della vita religiosa. L'uomo trova in questa istituzione un'occasione unica di elevarsi spiritualmente e di prepararsi ad una vita migliore: la vita eterna. - 4. Essere un segno di relazione con Dio. - II sabato, così, diventa un segno fra Dio e l'uomo: « II sabato è un segno fra me e voi per tutte le vostre generazioni affinchè conosciate che io sono l'Eterno cne vi santifica. Osserverete dunque il sabato perché è per voi un giorno santo... Esso è un segno perpetuo fra me e i figliuoli d'Israele » Esodo 31: 13,14,17. (Vedi anche Ezech. 20: 12, 20). - Dio è, allo stesso tempo, Creatore e Redentore ed ha perciò sull'uomo un duplice diritto: diritto di creazione e diritto di redenzione. L'istituzione del sabato unisce, in un certo senso, creazione e redenzione. Infatti, come memoriale della creazione, il sabato è un segno della potenza creativa di Dio, la quale da sé può creare un cuore nuovo e redimere, in tal modo, l'uomo perduto. Esso è anche memoriale e prefigurazione di tutte le opere creative dell'Eterno: creazione del mondo, rigenerazione dei cuori (redenzione), risurrezione di Cristo e degli eletti. Esso è, infine, il segno che il credente è salvato per fede, poiché gli offre l'opportunità di dimostrare, mediante l'ubbidienza, che ha accettato la redenzione offertagli dal cielo. - Il Sabato non è un simbolo della salvezza per mezzo delle opere, il sabato è il segno della salvezza per mezzo della fede: promessa di santificazione da parte di Dio, accettazione di questa grazia da parte del credente il quale si riposa delle proprie opere per gustare il riposo divino. - Da questa premessa, l'osservanza del sabato diventa per il credente la conseguenza logica e naturale di essa. La grazia di Dio, mediante un atto di fede in Gesù Cristo, è accettata dal credente e riposta nel cuore. Questa grazia che rigenera, scrive nel cuore la legge dei dieci comandamenti e così l'ubbidienza a questa legge finisce col diventare una cosa del tutto naturale. L'uomo la osserva non già per essere salvato, bensì perché è stato salvato. - L'istituzione del giorno del riposo ha un carattere permanente. Essa non è, come le opere umane, contrassegnata dalla debolezza congenita e non ha affatto bisogno, per poter sussistere, dell'approvazione degli uomini. Essa dipende unicamente da Dio: da ciò deriva la sua stabilità e validità perenne. Ancor prima di giungere alla proclamazione della legge sul monte Sinai, è possibile individuare prove inoppugnabili della stabilità del sabato. - 1. L'epoca. - Dato nel giardino di Eden, prima della caduta dell'uomo e prima di ogni altra rivelazione — oltre duemila anni prima del sorgere della nazione ebraica — il sabato è stabilito per sempre. 2. Il quarto comandamento del decalogo che prescrive l’osservanza del sabato, non può né deve essere confuso con le leggi cerimoniali date agli Israeliti. Queste leggi prescrivevano delle feste religiose chiamate sabati cerimoniali; in determinate occasioni duravano per diversi giorni e non sempre coincidevano con il sabato settimo giorno del decalogo. Queste leggi e queste feste avevano un valore puramente tipico, erano temporanee in quanto insegnavano al popolo come Dio perdona i peccati del popolo. Quando Cristo morì sulla croce, fu immolato il vero sacrificio che quelle feste e quelle leggi annunciavano. Cosicché tutto il sistema cerimoniale giudaico non aveva più significato di sussistere. A queste leggi si riferiva l’Apostolo Paolo quando incoraggiava i cristiani a non tenere conto di queste leggi giudaiche, di queste feste e di questi sabati: “Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, a noviluni, a sabati.” Colossesi 2:16 - 2. Lo scopo. - Memoriale della creazione, il sabato sussisterà finché sussisterà la creazione stessa ed oltre. “II ciclo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Matteo 24:35. Filone di Alessandria, filosofo greco di origine ebraica, contemporaneo di Gesù Cristo, esclama: “Questo giorno (il settimo) è la festa, non di una città o di una contrada, ma di tutta la terra. È l'unico giorno degno di essere chiamato giorno di festa per tutti i popoli e giorno anniversario della nascita del mondo”. - 3. La benedizione di Dio. - Ciò che Dio ha benedetto e santificato (messo da parte) rimane benedetto e santificato. Dio non ha mai trasferito la sua benedizione dal settimo giorno al primo. - 4. La destinazione. - Dato ad Adamo, rappresentante dell'umanità, esso è destinato a tutti gli uomini di tutti i tempi. Gesù stesso lo afferma: “II sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato”. Marco 2: 27. Per “uomo” Gesù intende il genere umano tutto intero e non i soli giudei (vedi Giovanni 1:9). Quando Dio istituì il giorno del riposo, Adamo ed Eva erano gli unici rappresentanti del genere umano. Chi mai ardirebbe asserire che erano ebrei? Il sabato fu istituito per i nostri progenitori e, naturalmente, per i loro posteri. Obbligatorio per essi, il sabato diventava automaticamente obbligatorio anche per tutti i loro discendenti sino alla fine del mondo. Dio, rinnovando la sua leggi sul monte Sinai, la destinava al mondo intero per mezzo del popolo di Israele, il quale doveva esserne il propagatore. 5. Di conseguenza questo giorno santo voluto da Dio non può essere sostituito da un altro giorno inventato dagli uomini.

LA CENA DEL SIGNORE In Greco “kuriakondeipnon”, termine che Paolo usa per riferirsi all'ultima cena pasquale del Cristo (ICor 11:20). Da questo appellativo si capisce la variante, usata nel mondo evangelico, di «Santa Cena». La parola «eucarestia», usata nel mondo cattolico, proviene dalla parola greca eucharistia che significa «rendimento di grazie», «ringraziamento» presente negli evangeli sinottici ed in 1Corinzi in connessione con la preghiera rivolta da Gesù prima di distribuire il pane e il calice agli Apostoli. Comunque, la parola più usata, sempre tra i cattolici, per riferirsi a questa istituzione è certamente «comunione» (gr: koinonia). L'apostolo Paolo incoraggia i fratelli (ICor 10:14-22) ad abbandonare l'idolatria avvisandoli che non è possibile partecipare alla «mensa del Signore» e alla «mensa dei demoni», perché significherebbe entrare in «comunione» con il Signore e con i demoni. Vista l'importanza che ha assunto, sempre nel pensiero cattolico, sia la benedizione-ringraziamento (eucharistia) sia la «comunione» materiale con il corpo e il sangue di Cristo, si capisce facilmente come i termini «eucarestia» e «comunione» siano venuti a designare oggi l'intera cerimonia. In questa conversazione useremo indifferentemente i termini «Cena del Signore» e «Santa Cena». Li preferiamo, non solo per la fedeltà al testo biblico, ma anche perché, non sottolineando un significato in particolare, non ne escludono alcuno. . 1. Nuovo Testamento L'istituzione della «Cena del Signore» è raccontata in modo simile nei Vangeli Sinottici (Mt 26:26-29; Me 14:22-25; Le 22:15- 20) e da Paolo (ICor 11:17-30). Giovanni, come vedremo, pur parlando della stessa «Cena», non segue lo schema degli altri scrittori sacri (Gv 13:1-20). Oltre a questi testi, che saranno la base del nostro studio, esistono altri riferimenti alla «Santa Cena» che menzioneremo senza approfondirli (Gv 6:51-58; Atti 2:42,46; 20:7,1 l;Ebr 9:20; 10:22; 13:10). A) Gli Evangeli Sinottici e la Prima Lettera ai Corinzi. Questi quattro racconti sono concordi nel raccontare i particolare di quella memorabile serata: a) le indicazioni date ai discepoli per preparare la Pasqua; b) è chiaramente una serata pasquale; e) il traditore è smascherato; d) Gesù benedice il pane e il calice e li distribuisce a tutti. L'evangelo di Giovanni. Nonostante Giovanni non segua lo schema degli altri evangelisti nel raccontare gli eventi dell'ultima Pasqua del Cristo, è evidente che il cap 13 del suo Vangelo deve inserirsi nello stesso contesto per le seguenti ragioni: a) indicazione della Pasqua (v 1); b) annuncio della passione (vv 1,3); c) il gruppo sta cenando (vv 2,18,26,27,30); d) il traditore è smascherato (vv 2,11,18,21-30); e) menzione del pane (w 18,26,27,30); f) riferimento alla «notte» (v 30), momento in cui si celebra la Pasqua ebraica. La diversità nel raccontare gli stessi eventi dipende dal fatto che Giovanni, che scrive per ultimo rispetto agli altri evangelisti, mette in risalto alcuni aspetti e significati sui quali la chiesa della fine del primo secolo si interrogava e cioè: a) il traditore (vv 2,10,11,18,19,21-30). Il notevole spazio consacrato a Giuda Iscariota rispecchia la tradizione cristiana del momento secondo la quale i colpevoli della morte di Cristo non erano i Giudei (molti dei quali ormai si convertirono), ma delle singole persone quali Filato, Erode e, evidentemente, Giuda. . b) La «conoscenza» del Cristo. La morte di Gesù è stata un incidente di percorso non previsto nel ministero messianico? Satana ha forse preso il sopravvento ed ha sconfitto finalmente il Cristo? Giovanni risponde a questi quesiti della sua epoca inserendo nel suo racconto un'insistente terminologia della «conoscenza»: v 1, Gesù conosce il momento in cui vive («...sapendo...»); v 3, Gesù conosce la sua missione dall'inizio alla fine («...sapendo...»); v 7, i discepoli non capiscono la missione («...tu non sai...»); v 11, Gesù conosce il traditore («...sapeva...»); v 17, i discepoli incoraggiati a capire («...se sapete...»); v 18, Gesù conosce i dodici e certo anche Giuda («...io so...»). Quindi Giovanni ci rivela che Gesù è padrone della situazione, domina gli eventi, preconoscendoli. Inoltre, è Gesù che, con un suo gesto (v 26 «dando il boccone a Giuda») e con una sua parola (v 27 «quel che fai, fallo presto»), permette a Satana di agire. Giovanni non lascia dubbi: è Gesù che domina la sua passione, è Lui che da la propria vita volontariamente nel momento da Lui deciso. e) L'amore fraterno. L'apostolo dell'amore non poteva tralasciare questa opportunità così importante e solenne per trasmettere da parte del Cristo un messaggio di carità cristiana: v 14 «.. .anche voi dovete lavare i piedi...»; v 15 «...vi ho dato l'esempio... voi facciate come v'ho fatto io»; v 16 «.. .il servitore non è maggiore del suo Signore...»; v 34 «.. .amatevi gli uni gli altri...»; v 35 «...se avrete amore gli uni gli altri.» . 2. «Significati della Cena del Signore» A) Lavanda dei piedi (Gv 13). Con ogni probabilità Gesù procedette al rito della lavanda dei piedi in favore dei suoi discepoli dopo la cena pasquale e prima della «Cena del Signore». I significati inclusi in questa prima parte della «Santa Cena» sono: a) Umiliazione. I discepoli dominati dall'orgoglio e dalla presunzione (Lu 22:24-27 e parali.) ricevono da questo rito una lezione pratica di umiltà e di uguaglianza. b) Purificazione. L'allusione ad un bagno totale (v 10) è generalmente considerato un riferimento al battesimo quindi di purificazione dei propri peccati (Atti 1:38). La «lavanda dei piedi» ricorderebbe il peccatore «già lavato» la necessità di andare continuamente a Cristo per ricevere il perdono indispensabile per vivere, ogni giorno, nella pace e grazia della santificazione. e) Servizio-sacrificio. Prima di procedere al rito Giovanni per tre volte (w 1-3) menziona, anche se indirettamente, il rompimento della missione del Maestro ;«li amò sino alla fine», «di tradirlo», «e a Dio se ne tornava»). La lavanda dei piedi ; collocata da Giovanni come risposta di Gesù alla consapevolezza della propria missione di «sacrificio» («sapendo... si levò da tavola...»). Nel dialogo con Pietro, Gesù indica il valore di eterna salvezza del rito («se non ti lavo non hai meco parte alcuna», v 8). Inoltre, l'affermazione che Pietro avrebbe capito «dopo» (v 7) il significato del gesto del Maestro è certamente un'allusione alla passione. Giovanni vuole rivelarci quindi che la «lavanda dei piedi», oltre alle lezioni di umiltà e di purificazione, è rivelazione della missione stessa del Messia il quale è venuto «non per essere servito, ma per servire» (Mt 20:28; cfr Le 22:27) e per amare «sino alla fine» (v 1). Senza questo servizio-sacrificio io non posso vivere (v 8). Ma non solo. Giovanni vuole affermare che la mia salvezza non dipende solo dalla morte di Gesù, ma anche dalla mia accettazione del suo servizio-sacrificio. Possiamo quindi affermare che la «lavanda dei piedi» non è solo una preparazione alla «Santa Cena» vera e propria, ma forma un tutt'uno con essa essendo, entrambi i riti, basati sullo stesso profondo significato. E' da notare, inoltre, il triplice ordine di Gesù di praticare la «lavanda dei piedi» (w 14,15,17) col quale Giovanni certamente desidera rafforzare la pratica del rito nella chiesa del suo tempo. . b) Purificazione. L'allusione ad un bagno totale (v 10) è generalmente considerato un riferimento al battesimo quindi la purificazione dei propri peccati (Atti J:38). La «lavanda dei piedi» ricorderebbe il peccatore «già lavato» la necessità di andare continuamente a Cristo per ricevere il perdono indispensabile per vivere, ogni giorno, nella pace e grazia della sanificazione. e) Servizio-sacrificio. Prima di procedere al rito Giovanni per tre volte (w 1-3) menziona, anche se indirettamente, il compimento della missione del Maestro «li amò sino alla fine», «di tradirlo», «e a Dio se ne tornava»). La lavanda dei piedi ; collocata da Giovanni come risposta di Gesù alla consapevolezza della propria missione di «sacrificio» («sapendo... si levò da tavola...»). Nel dialogo con Pietro, Gesù indica il valore di eterna salvezza del rito («se non ti lavo non hai meco parte alcuna», v 8). Inoltre, l'affermazione che Pietro avrebbe capito «dopo» (v 7) il significato del gesto del Maestro è certamente un'allusione alla passione. Giovanni vuol rivelarci quindi che la «lavanda dei piedi», oltre alle lezioni di umiltà e di purificazione, è rivelazione della missione stessa del Messia il quale è venuto «non per essere servito, ma per servire» (Mt 20:28; cfr Lu 22:27) e per amare «sino alla fine» (v 1). Senza questo servizio-sacrificio io non posso vivere (v 8). Ma non solo. Giovanni vuol affermare che la mia salvezza non dipende solo dalla morte di Gesù, ma anche dalla mia accettazione del suo servizio-sacrificio. Possiamo quindi affermare che la «lavanda dei piedi» non è solo una preparazione alla «Santa Cena» vera e propria, ma forma un tutt'uno con essa essendo, entrambi i riti, basati sullo stesso profondo significato. E' da notare, inoltre, il triplice ordine di Gesù di praticare la «lavanda dei piedi» (w 14,15,17) col quale Giovanni certamente desidera rafforzare la pratica del rito nella chiesa del suo tempo. . B) La «Cena del Signore». I quattro testi, già citati sopra, che raccontano l'episodio della «Santa Cena», mettono in risalto alcuni significati che hanno una triplice proiezione nel tempo: a) Nel passato. «Fate questo in memoria di me» (Lc22:19: ICor 11:24,25) significa riportarci nel passato e commemorare non solo il rito, ma ciò che esso implica: sofferenza del Signore (Lu 22:15); morte del Cristo (ICor 11:26); alleanza col suo sangue (Mt 26:28 e paral.); perdono nel sangue (Mt 26:28). b) Nel presente. «Fate questo in memoria di me» non significa soltanto tornare al passato, ma anche rivivere oggi quei significati che erano attuali per i discepoli (ICor 11:27-29). La sofferenza e la morte del Signore, il suo perdono ed il suo patto devono essere vissuti in prima persona oggi. Questi valori e significati devono essere «annunziati» ancora oggi (ICor 11:26). . e) Nel futuro. «Finché Egli venga» (ICor 11:26; cfr Mt 26:29 e parall.) significa vivere oggi con fede la salvezza realizzata da Cristo; quindi avere la certezza che, quando il Signore ritornerà, tutti rivivremo l'esperienza dei dodici in quella sera memorabile (cfr Ebr 11:1). Vivere oggi quel passato indimenticabile è annunzio di vita eterna e di resurrezione (Gv 6:53,54). . La «Santa Cena» è, in modo concentrato l'intero messaggio evangelico che inizia con la venuta del Messia, la sua morte e resurrezione che continua con la nostra accettazione di fede e che finisce con l'incontro tra il Salvatore e i redenti al suo ritorno in gloria. . 3. Il senso delle parole «questo è il mio corpo», «questo è il mio sangue» Riteniamo che l'unico senso possibile da dare a queste parole sia simbolico per le seguenti ragioni: a) Gesù era vivente e presente come lo erano i discepoli quella sera e sarebbe assurdo pensare che i dodici ricevessero e mangiassero (e bevessero) parte del corpo (e del sangue) del Maestro. b) Altre parole del Cristo, dette in quella serata, non possono essere comprese se non in senso simbolico: 1) «...preso del pane... lo ruppe... è il mio corpo dato per voi...» (Lc 22:19; ICor 11:23,24). 2) II «rompere» il pane era simbolo della sua morte, era «dare» il suo corpo, fatto questo che è avvenuto non alla cena, ma sulla croce. 3) «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue...» (Lc 22:20; ICor 11:25). Il nuovo patto non è il «calice», ma ciò che esso rappresenta per il credente. 4) «Se non ti lavo, non hai meco parte alcuna» (Gv 13:8). La salvezza non scaturisce dall'acqua, ma dalla fede di chi si lascia servire (o salvare). Infatti Giuda, pur essendo lavato, non è salvato. e) II linguaggio usato da Gesù non è nuovo e mai si potrebbe dare un senso letterale a frasi come queste: 1) «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14:6); 2) «Io sono la porta delle pecore» (Gv 10:7); 3) «Io sono la vera vite» (Gv 15:1); 4) «II campo è il mondo» (Mt 13:38). d) Giovanni 6:27-58. Dopo aver raccontato il miracolo della moltiplicazione dei pani Giovanni inserisce il discorso di Gesù quale pane della vita, dando un significato certamente «eucaristico» ai vv 51-58. Il discorso «duro» da comprendere ha certamente un valore simbolico, infatti Gesù stesso, alla fine, afferma che: 1) la carne non giova a nulla (v 63); 2) sono le parole del Maestro che danno vita (v 63); 3) la vita eterna è di chi crede (w 47,64). D'altronde non è nuova l'idea che la Parola di Dio sia alimento e vita (Mt 4:4; Gv 4:34). . 4. E' possibile che tramite la «Cena del Signore» il sacrificio di Cristo si ripeta? Secondo la teologia cattolica, quando il sacerdote benedice gli elementi sull'altare, essi, pur mantenendo la stessa apparenza di pane e vino, divengono realmente ed integralmente il corpo e il sangue di Cristo. Questa trasformazione degli elementi della «Santa Cena» è chiamata «transustanziazione». Tale dottrina, apparsa per la prima volta nel IX secolo con il monaco Radberto, è stata definita in dogma nel Concilio del Laterano (nel 1215) e, in seguito, nel Concilio di Trento (nel 1551). Riteniamo che celebrare la «Santa Cena» non possa essere affatto una ripetizione del sacrificio del Salvatore per le seguenti ragioni: a) II sacrificio di Cristo è centrato sulla croce e non sulla «Santa Cena». Distribuendo il pane e il calice Gesù, come in una parabola vivente, profetizza e non realizza, la sua morte che avverrà l'indomani. Se la prima «Cena» non aveva un senso letterale (di sacrificio) non si capisce perché dovrebbe averlo oggi. b) La «Santa Cena» è «annunziare» la morte del Signore (ICor 11:26). Si può parlare di attualizzazione del passato, di anticipazione del futuro, ma mai di ripetizione del sacrificio. e) II sacrificio della croce è unico e irripetibile. L'epistola agli Ebrei non lascia dubbi: il sacrificio di Cristo è stato unico, sufficiente a salvare tutta l'umanità e irripetibile nel tempo (9:12,25-28; 10:10-14). Ritenere che il sacrificio di Cristo debba ripetersi per la nostra salvezza è ridurre tale sacrificio a quello dei tanti animali dell'AT, è non aver accettato l'opera redentrice del Messia, è spostare l'asse del Vangelo da Cristo (e la croce) all'uomo (e l'altare). . 5. Partecipare alla «Cena del Signore» significa godere automaticamente di una grazia salvifica? I testi in esame affermano proprio il contrario, infatti: a) Giuda partecipa alla cena (Gv 13), ma a sua propria perdizione. b) Satana pare entrare in Giuda proprio nel momento in cui riceve il pane da Gesù (Gv 13:27). E' il paradosso: Giuda riceve il «corpo del Signore» ed è Satana che entra in lui... Giovanni vuol togliere ogni idea «magica» a riguardo della Cena. e) Ciò che determina la perdizione di Giuda non è il partecipare o meno alla «Cena», ma il fatto che Giuda aveva già deciso in cuor suo di tradire il Salvatore prima ancora di lasciarsi lavare i piedi (Gv 13:2). Nel discorso sul pane della vita Gesù ribadisce che ciò che vale non è la carne, ma la fede (Gv 6:47,63; cfr 3:15,16,18,36). d) Paolo invita ad un esame di coscienza prima di partecipare alla «Cena», perché esiste la possibilità di essere «colpevoli» e addirittura «condannati» (ICor 11:27,32). Sembra che l'apostolo, riprendendo i Corinzi per la loro irriverenza (27-29) e per il loro egoismo materialista (w 20-22,33), peraltro sfociati in decadenza fisica (v 30), abbia in mente proprio l'esperienza di Giuda (colpevole della morte di Gesù... mangia e beve un giudizio su se stesso... non discerne il significato della «Cena»... e viene condannato con il mondo...). Comunque sia, Paolo è chiaro: ciò che da valore al rito è la mia comprensione e fede in ciò che esso rappresenta. . 6. Bisogna essere «perfetti», «santi» per partecipare alla «Cena»? Il NT ci racconta che alle varie «Cene del Signore» parteciparono i dodici apostoli (compreso Giuda), i credenti della chiesa primitiva (Atti 2:42,46; 20:7,11) e quelli di Corinto (ICor 10). Sarebbe assurdo pretendere che tutti i credenti di allora fossero «perfetti». E' vero che Paolo mette in guardia i credenti di Corinto dal partecipare alla «Cena» senza aver compreso i significati profondi ed eterni del rito, ma dopo aver detto : «Provi l'uomo se stesso», aggiunse: «E cosi mangi del pane e beva del calice» (ICor 11:28). Paolo non incoraggia l'astensione dalla «mensa del Signore», ma condanna chi non compie i passi necessari per parteciparvi. La «Cena», simbolo della sua morte, è il mezzo supremo usato da Cristo per «attrarre» a sé il peccatore (Gv 3:14; 8:28; 12:32,33). Chiunque si riconosce tale e vede in Cristo l'Agnello di Dio ha il diritto di partecipare alla «Cena» annunziando così la sua gioia e certezza di salvezza in Cristo Gesù. . 7. Che tipo di pane e di bevanda usò Gesù nella «Cena?» Il pane era certamente «azzimo» (senza lievito) in quanto, secondo la legge antica (Es 12:15-20), durante tutta la settimana pasquale era proibito usare un altro tipo di pane (cfr Le 22:7 e parall; parlano del giorno degli azzimi). Per la bevanda bisogna tener conto dei seguenti dati: a) I testi che abbiamo esaminato parlano unicamente di «calice» e di «frutto della vigna». b) Al tempo di Cristo prima e dopo la cena pasquale si bevevano quattro coppe. e) Sempre al tempo di Gesù il giorno 13 del mese di Nisan (prima, quindi, dell'inizio della cerimonia pasquale) si eliminava ogni prodotto fermentato. d) La parola greca methuei tradotta con «ubriaco» (lCor.ll:21)può anche riferirsi al mangiare con ingordigia, senza limiti. In questo caso il testo citato potrebbe essere meglio tradotto: «Mentre l'uno ha fame, l'altro è sazio» (4). Da queste osservazioni concludiamo che la bevanda usata da Gesù in quella serata pasquale era del vino dolce (succo d'uva non fermentato) o dello sciroppo d'uva diluito in acqua (sempre non fermentato). . 8. Qual è la frequenza della celebrazione della «Cena»? La Chiesa apostolica ha compreso chiaramente che la «Cena del Signore» doveva essere ripetuta e rivissuta nel tempo come lo prova, tra gli altri testi già menzionati, l'esempio dei Corinzi. Nel NT non vi è però nessuna indicazione relativa alla frequenza che tale rito doveva avere nell'anno. Comunque, dai testi degli Atti (2:42,46) e della prima lettera ai Corinzi, si capisce che la chiesa primitiva celebrava frequentemente la «Santa Cena» in occasione di pasti in comune («agapi»). Evidentemente per la chiesa primitiva celebrare la «Cena» era sentire di nuovo presente il loro Maestro e Salvatore e, in un certo senso, abbreviare il tempo che li separava dal suo ritorno in gloria. Era motivo di gioia e di testimonianza dell'amore di Dio e della comunità. Non sorprende quindi che la chiesa rivivesse questi momenti il più frequentemente possibile.

Salvati per fede, le opere a cosa servono? “La Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato gli stranieri per fede, preannunziò ad Abraamo questa buona notizia: «In te saranno benedette tutte le nazioni». In tal modo, coloro che hanno la fede sono benedetti con il credente Abraamo. Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto la maledizione; perché è scritto: «Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica». E che nessuno mediante la legge sia giustificato davanti a Dio è evidente, perché il giusto vivrà per fede. ” Galati 3 : 7-10. Questo testo è illuminante poiché afferma che il fondamento dell’evangelo è lo stesso, al tempo dell’Antico Testamento come ora. Abramo credette e fu benedetto; in risposta alla parola di Dio in Cristo mediante l’evangelo, noi siamo chiamati a credere, e con questo a ricevere la benedizione della giustizia che ci viene accordata. L’affermazione dell’apostolo Paolo risplende affermando che i cristiani si trovano in una nuova relazione con Dio godendo di una giustizia che non è nostra, nel senso che non si fonda sulle proprie azioni, e questo cambia tutto, poiché giustizia imputata è il contrario di condanna! La logica su cui poggia la fiducia nelle opere della legge va esaminata attentamente, in quanto la legge può solo condannare, per cui confidare in essa per essere salvati significa opporsi alla giustificazione per fede. Cogliere questa differenza è di capitale importanza. Lo scopo della legge è quello di mettere in evidenza il colpevole e giudicarlo, non già quello di assolverlo! Questo è il punto specifico da cogliere: i cristiani contrariamente a quanto affermano che la legge è stata abrogata, per cui non siamo in obbligo di osservare la legge per essere salvati commettono un grave errore di valutazione. La legge non si fonda su una risposta di fede, ma sulle azioni. Essa mostra il nostro peccato, ma non può risolvere le nostre colpe e la nostra posizione dinanzi a Dio. Solo Cristo e la fede nella sua redenzione ci consente di essere accettati da Dio. Questo avviene soltanto mediante il credere. Opere delle legge e fede nell’opera di Cristo si escludono a vicenda come base di giustificazione. La legge mostrando il nostro stato di peccato ci rimanda a Cristo per essere perdonati e riconciliati con Dio. La fede è il canale mediante il quale lo Spirito Santo realizza in noi i frutti buoni della sua azione. Questo avviene perché Dio chiede di avere fede in lui, non perché egli si augura che facciamo delle opere buone. Lo scrive l’Apostolo Paolo ai Filippesi, affermando: “Dio opera in voi, e vi rende capaci non soltanto di volere, ma anche di agire”. Questo agire sono le opere prodotte dalla giustizia di Cristo che agisce nel cuore del credente e costituiscono l’espressione tangibile della sua azione. Vi sono poi delle opere che l’uomo naturale compie, che Dio dice sono come “un vestito sudicio”. Sono quelle dettate dall’orgoglio umano e si oppongono alla chiara luce divina. Questo genere di opere prodotte indipendentemente dall’azione divina si oppongono alla vita della fede. Ecco perché la Bibbia ci insegna che questo non è qualcosa che Dio vuole per noi. E’ necessario dunque, non offrire nulla a Dio che proviene dal nostro io, e che fa in modo che l’Eterno non approvi. La fede produce delle opere giuste il cui vero autore è Cristo, non noi. Per questa ragione solo la fede piace a Dio. Essa fa che Egli sia il centro che dirige la nostra vita, e guerreggia contro tutto ciò che si oppone allo spirito. Possiamo comprendere come vivere per la fede in Cristo Gesù è una questione di primaria importanza. Essa è anche un problema strettamente personale. Questa vita della fede dipende da una forza interiore che agisce in noi stessi e fa di essa un’esperienza individuale, unica, alla quale nessuno può ‘sostituirsi o agire per procura. Una vita di fede autentica non sarà legittimata da una decisione delle autorità ecclesiastiche, ma da una personale convinzione che ci porta a sperimentare personalmente la realtà della potenza trasformatrice della grazia di Cristo. Possiamo essere credenti, ma senza la fede solo in Cristo siamo lontani dall’essere cristiani.

Non esiste un solo riferimento nelle Sacre Scritture che affermi esplicitamente, e senza ombra di dubbio che l'adorazione resa a Dio in giorno di Sabato, come prescrive il IV Comandamento (vedi Esodo 20), può essere resa in un giorno diverso dal Santo Sabato, giorno che il Creatore ha istituito come giorno sacro di riposo, (interruzione dal lavoro servile), di incontro e adorazione, con lui e con la comunità dei credenti. . Oltre a ciò la messa è un rito sacrificale che si fonda sulla teoria della transustanziazione; vale a dire che l'officiante è in grado di trasformare il pane e il vino nella stessa sostanza del corpo e del sangue di nostro Signore Gesù Cristo; insegnamento che non si relaziona con le parole di Cristo e gli scritti dell'Apostolo Paolo, e che ha fatto la sua apparizione solo a partire dal IV secolo. . Pertanto andare alla messa di domenica, o di sabato, in nessun caso è secondo la volontà di Dio, ma rappresenta unicamente un atto di obbedienza alla Chiesa Cattolica, che considera la domenica e la messa, un segno della sua autorità in opposizione alle Sacre Scritture, come la stessa afferma letteralmente in molte sue publicazioni.

Il primo atto creativo è stata la luce: Genesi 1:3 Dio disse: «Sia luce!» E luce fu. Genesi 1:4 Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Genesi 1:5 Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno. Con questo primo atto creativo il Creatore definisce il tempo, la misura delle 24 ore dei giorni, delle settimane e così via. I primi tre giorni erano scanditi dalla luce e dalla notte. Da cosa fosse determinata la luce lo si comprende leggendo l’atto creativo del 4 giorno, quando il Signore “definisce” il RUOLO, la MISSIONE assegnata agli astri precedentemente creati! Genesi 1:14 Poi Dio disse: «Vi siano delle LUCI nella distesa dei cieli per SEPARARE il giorno dalla notte; siano dei SEGNI per le stagioni, per i giorni e per gli anni; Genesi 1:15 facciano LUCE nella distesa dei CIELI per ILLUMINARE la terra». E così fu. Genesi 1:16 Dio FECE le due grandi luci: la luce maggiore per PRESIEDERE al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e FECE pure le stelle. Genesi 1:17 Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, Genesi 1:18 per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. Genesi 1:19 Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno. . Che questo sia un dato incontrovertibile lo si deduce considerando il verso 16 e 17 , dove i verbi utilizzati rimandano a un tempo già trascorso… Dio fece… Dio le mise… . Si deve tenere presente che Mosè, autore della Genesi, descrive quello che probabilmente gli viene mostrato in “visione”. I contenuti non sono di ordine scientifico, non vogliono spiegare come Dio ha creato, ma solo che Dio è il Creatore; quindi gli avvenimenti riportati in ciascun giorno della creazione sono essenzialmente di ordine pedagogico. Questo ci aiuta a comprendere il motivo per cui nella Genesi, troviamo affermazioni che riprendono cose già dette o fatte in precedenza. . Inoltre dal racconto creativo del primo giorno l’artefice della luce non viene menzionato mentre invece si sofferma molto sul fattore tempo. Il primo giorno è importante perché definisce la misura del giorno e della notte, quindi della settimana e di conseguenza del settimo giorno che porterà la firma del Creatore… . Naturalmente dal momento che non è possibile affermare con certezza che sia la luce di Dio in quanto non è scritto che lo sia, è solo un’ipotesi che comunque lascia un ulteriore problema di comprensione: dove è finita la luce di Dio con il sopraggiungere delle tenebre? Le tenebre sono in grado di oscurare la luce di Dio? . Tuttavia dal testo di Genesi 1:5 “Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.” Appare evidente che la sequenza giorno notte è legata alla luce solare e al buio della notte per effetto della rotazione terrestre che inonda di luce solo un emisfero per volta…. Se ai primi tre giorni ci fosse stata la luce emanata da Dio, la terra sarebbe stata illuminata globalmente e non si comprende come poteva sopraggiungere la notte… . Ci sono delle zone che mettono in ombra la luce di Dio? Assolutamente no! Sta scritto: Daniele 2:22 "Egli svela le cose profonde e nascoste; conosce ciò che è nelle tenebre, e la luce abita con lui." . L’opera creativa del quarto giorno non è sminuita ma avvalorata! Essa lascia comprendere che la vita sul pianeta non è effetto del caso o lasciata ai capricci del caso, ma che Dio ha disposto leggi precise che governano la terra, la vita e la sopravvivenza dell’umanità sul pianeta. Nulla di ciò che vive e si muove, nella natura come nell’umanità può farlo indipendentemente dalla volontà di Dio… Atti 17:28 “Difatti, in lui viviamo, ci muoviamo, e siamo.”

VOCE DELLA PROFEZIA